mercoledì 27 novembre 2019

Quando leggevo l'"intrepido"


Riscontro di continuo che i fumetti, in particolare l'"intrepido", che leggevo con un po' di fortuna - come cercherò di spiegare più avanti - dalla metà circa degli anni 1950 in avanti, sino a quando sono uscito dall'adolescenza, piacevano a quel tempo a tanti amici e a tanti conoscenti.

Si conosceva meno, perché, come mi ripetono in tanti, era più caro degli altri, "Tex", il quale in quel periodo usciva ancora in formato piccolo.


I personaggi dell'"intrepido" che ricordo bene erano Buffalo Bill, a lungo il mio preferito, Roland Eagle (un giovane capitano di un veliero, anche a motore, che incappa in tante avventure nei Mari del Sud, ma in epoca contemporanea), Liberty Kid, altro eroe statunitense dell'Ottocento, il principe indiano Chiomadoro, che combatte anche contro i giapponesi nel secondo conflitto globale, ed un altro principe esotico che subito non mi piaceva molto. Comparivano tutti in storie a puntate de l"intrepido".



Esiste una discreta trama di valutazioni storico-critiche su l"intrepido", fondato nel 1930, pertanto in era fascista, quando ben presto  i fumetti d'importazione americana dovettero in fretta e furia italianizzare nomi e trame. Come per i celebri Cino e Franco (della Casa Nerbini). Alla faccia del copyright. E dello spessore delle storie. Con questo, però, sono entrato in un altro campo, affascinante, sì, ma su cui esistono molte pubblicazioni.


Cugini de l"intrepido" nella stessa Casa Editrice Universo nel periodo cui faccio riferimento io erano "Il Monello", edito sino al 1990, e "Albo dell'Intrepido", uscito, se non erro, abbastanza presto di scena. Mi interessa come aspetto singolare l'ultimo appena citato, specializzato in storie complete, in genere di guerra, ad uscita settimanale. E fu così che a metà anni '50 molti ragazzini e bambini italiani vennero a conoscere storie di soldati giapponesi nelle giungle, che non sapevano che il conflitto era già finito! De "Il Monello" vorrei solo ricordare il cowboy Rocky Ryder. Su tutti e tre comparivano, inoltre, di solito nella quarta di copertina brevi strip comiche, anche importanti, quali "Pedrito El Drito", di cui sono riuscito a reperire qualche anno fa una piccola ristampa, "La piccola Zoe", "Tarzanetto": non ricordo, però, in quale ordine.

L"intrepido" mi entrò in casa in modo casuale e sporadico. Al pari di Topolino, che è tutt'altra vicenda. Ebbi la possibilità di vederne (data l'età), prima, e, presto, di leggerne tanti. Non ricordo se richiesi in famiglia di poter leggere con costanza una copia settimanale tutta mia. Probabilmente sì, con esito negativo per le supreme ragioni educative di dover leggere "Il Corriere dei Piccoli", periodico che rammento con molto piacere e molto importante; ma i bambini, si sa, sono esigenti. E fu così che di molte storie (de l"intrepido"), le quali erano a puntate, o non ho visto le conclusioni o mi sono perso gran parte delle trame. Perché le mie letture dei fumetti erano soprattutto affidate ai prestiti di tanti compagni di giochi, specie di quelli che incontravo quando mi recavo dalla nonna materna a Bordighera (IM).



Erano già gli anni de "Il grande Blek" e di "Capitan Miki", tuttora "vivi e vegeti" - o almeno mi sembra di averli visti in edicola sino a qualche anno fa -, ma che adesso trovo di una ingenuità colossale. All'epoca furono importanti anche loro. Al pari di altri. Tutti scomparsi. Come Pecos Bill.


"Il Piccolo Sceriffo". O Kinowa. Sempre parlando di western. Forse il grande cinema americano di genere ispirava al meglio i loro autori. Come fu per Tex. Per il quale il debito d'origine verso i film di John Ford viene riconosciuto. Che a metà anni '50 conoscevamo. Ed apprezzavamo. Ma che costava, come ho già anticipato poco sopra, più caro degli altri. Anche nella versione originaria a strisce. Come aveva riconosciuto anche il compianto Sergio Bonelli, figlio e continuatore di chi aveva creato il personaggio. Per cui Tex non veniva letto molto. E poi i fumetti comici, che forse risentivano di tanto cinema italiano, Cucciolo, Tiramolla. Qualche tempo fa ancora presenti. Ed altri di derivazione, credo, americana, come Picchiarello.

In tanti, insomma, ci siamo cresciuti con quei fumetti. E non ce pentiamo affatto. Io, poi, che prediligevo quel Buffalo Bill, che nella memoria rivedo oggi reazionario come nella realtà storica, tenevo d'istinto per gli indiani anche nei giochi dell'infanzia. Crediamo di essere cresciuti bene. Solo che non è rimasta quasi traccia di alcuni di quei fumetti. Tante volte passando in Via Washington a Milano, dove, in uno slargo, ha - o vaeva, perché parlo di tanti anni fa, ormai - sede la Casa Universo, ho avuto la tentazione di tentazione di andare a vedere un po', ma mi ha trattenuto il pudore dell'adulto. C'è poco anche in termini di antiquariato, se ricordo bene. Che comunque dovrebbe avere un costo non indifferente. Agli albori dei Comics a Lucca, mi sembra di ricordare, un insigne collezionista mi disse che erano altri i fumetti ricercati. E ci credo. Quelli anteguerra. E quelli subito dopo la guerra. Comunque. Si ristampa di tutto, a prezzo più o meno accessibile, in Italia. Ma quei fumetti, no. Forse ci hanno provato circa trent'anni fa: trovai, infatti, una copia in reprint come inserto di un'altra pubblicazione. Poi, basta. A me per lungo tempo - avendo subito sui miei vent'anni in un trasloco, che mi vide assente, la perdita dei fumetti che a campione ero riuscito a conservare - sarebbe stato sufficiente rivederne qualche copia per capire meglio cosa mi entusiasmasse. Per mia fortuna, infine, grazie all'amico Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM) ci sono riuscito: trovo, invero, confermate in larga misura tutte le impressioni che sin qui ho dichiarato. 
 
Adriano Maini