lunedì 28 gennaio 2019

Non sapevo che a Aubagne ci fosse la Legione Straniera

 
 
A raccontare questa cosa mi sono deciso (finalmente!) a saltare i preamboli. In altre occasioni non l’ho fatto. Mi limito a dire che quella volta, nel 1983, ad Aubagne, vicina a Marsiglia, ero stato per una riunione con emigrati italiani del posto e che il Sindaco e gli assessori mi avevano regalato la “bambolina” di cui cercherò di parlare in una prossima occasione.

Senonché, finito il mio vero e programmato impegno, mi ritrovai a bere una volta (come si suol dire) nel bar della “Mamma dei Legionari”!

Sì, la cosa non mi parve, e non mi pare tuttora, solo pittoresca, come me la descrivevano i miei amici di quella sera. Cercherò di rendere al meglio il concatenarsi di fattori, ma non é facile: descrivere non é come trovarsi dal vivo in quelle scene una dietro l’altra.

Intanto, non sapevo che a Aubagne ci fosse la Legione Straniera. Mi sembra che anche oggi ci sia la sede del comando generale, dove avvengono gli arruolamenti; e non farò deviazioni dal racconto principale riferendo nei dettagli come, ironia del caso, poco tempo dopo qualche giovane di mia conoscenza (non metto aggettivi di sorta!) si arruolasse tra quei mercenari. Il vero fatto perturbante per me era trovarmi vicino ad uno dei simboli più spietati delle repressioni coloniali: sì, il film “Beau Geste” con Gary Cooper da ragazzino mi era anche piaciuto, ma la storia documenta una realtà diversa di soprusi e di crudeltà.

A seguire mi si accennò quella sera ad una matrona, che mi limiterò a definire di forme e fattezze esuberanti e di non tenera età. Si trattava della padrona dell’esercizio, che si era meritata l'appellativo di mamma dei legionari, perché il suo locale era il ritrovo preferito da quei presunti militari, che in lei trovavano attenzione, calore umano e parole di conforto.

Non c’era molta gente, a parte noi tre, forse perché, essendo già un po’ tardi, la ritirata in caserma era già suonata; forse per questo motivo i miei accompagnatori non trovarono di meglio che invitare tanto personaggio al nostro tavolo, come se fosse un rituale folcloristico cui io dovessi assistere per forza. E la signora venne e mi pare dicesse le solite parole di circostanza sull’Italia e quanti italiani erano stati ed erano nella Legione e così via.

Poi ebbe come un lampo, si allontanò un attimo, sempre accompagnata dai sorrisi sardonici (che non l’avevano mai abbandonata!) dei miei anfitrioni, per tornarsene trionfante per esibire soprattutto a me (i miei amici lì, é chiaro, se non erano di casa, poco ci mancava: se per “spiare” o per divertirsi invero amaramente guardando le miserie del mondo, non lo so!) una copia di una rivista popolare italiana che l’aveva “immortalata” con almeno tre pagine, corredate di varie fotografie, in quanto consolatrice di quei... poveri giovani abbandonati che sono i legionari: la “Mamma dei Legionari”, insomma!
 
Adriano Maini


domenica 27 gennaio 2019

Sometimes I wonder why I spend

Villefranche-sur-Mer

Il 13 settembre 2010 si svolsero a Bordighera (IM) i funerali del partigiano Renzo Biancheri (Rensu u Longu), che aveva fatto parte durante la Resistenza dei “Partigiani del Mare” o “Gruppo Sbarchi Vallecrosia”. Giuseppe “Mac” Fiorucci aveva nell’occasione mandato ad una mailing-list locale una testimonianza della persona defunta, raccolta per una pubblicazione che all’epoca non conoscevo ancora, benché fossi stato in precedenza messo al corrente della sua preparazione.
Come feci allora con l’approvazione dell’estensore della raccolta, riporto qui di seguito (ma adesso in forma parziale) il testo richiamato.

Montecarlo ed uno scorcio di Costa Azzurra, visti da Bordighera

La mia storia nella Resistenza è legata a filo doppio con Renzo Rossi.
Nell’agosto del  1944 mi aggregai al gruppo partigiano di Girò [Pietro Gerolamo Marcenaro, “Gireu”], che operava nella zona di Negi [Frazione di Perinaldo (IM)], dove godevamo anche dell’appoggio di Umberto Sequi a Vallebona e di Giuseppe Bisso a Seborga; tutti e due membri del CLN di Bordighera. Negi era il punto di contatto tra le varie formazioni partigiane che operavano nella zona: Cekoff [Mario Alborno di Bordighera (IM)], Gino Napolitano ecc. 
Facevo da staffetta tra Negi e Vallebona.
In settembre insieme a Renzo Rossi partecipai all’incontro con Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo, in quel momento comandante della V^ Brigata , da dicembre 1944 comandante della II^ Divisione Garibaldi “Felice Cascione”]. Ci accompagnò Confino, maresciallo dei Carabinieri che aveva aderito alla Resistenza. Vittò investì formalmente Renzo Rossi del compito di organizzare, per la nostra zona, il SIM (Servizio Informazioni Militare) e i SAP (Squadre d’Assalto Partigiane), e io fui nominato suo agente e collaboratore.
In novembre mi aggregai al battaglione di Gino Napolitano a Vignai, ma dopo alcune operazioni di collegamento tra Vallebona e il comando di Vignai, il comando mi richiamò ad operare nel Gruppo Sbarchi.
Nell’estate, i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi. Dovendosi recare in Francia, per passare le linee, Gino si avvalse della collaborazione di un passeur, che però era passato dalla parte dei tedeschi e durante il viaggio lo uccise. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino. Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati.
I tedeschi predisposero una trappola e quando arrivò il telegrafista “Eros” lo catturarono ferendolo. Si avvalsero di lui per trasmettere falsi messaggi al comando alleato di Nizza.
Con questi falsi messaggi fu richiesto l’invio di un’altra missione: la missione “Leo”…

Oggi posso, dunque, sottolineare al meglio che si tratta del racconto di Renzo Biancheri (Rensu u Longu), raccolto da Giuseppe “Mac” Fiorucci per il suo “Gruppo Sbarchi Vallecrosia” < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Comune di Vallecrosia (IM), Provincia di Imperia, Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >.
Alla mia richiesta di autorizzazione a pubblicare sul mio blog l’emozionante scritto di cui sopra, Fiorucci rispose mandandomi un altro “articolo”.

Questo, di Renato Dorgia, “Plancia”, sempre per “Gruppo Sbarchi Vallecrosia”: La base alleata in Francia era a Saint Jean Cap Ferrat, nella baia di Villafranca, nella Villa Le Petit Rocher [ma la Villa risulta in effetti nel comune di Beaulieu-sur-Mer]. Da Vallecrosia si partiva, naturalmente di notte, e si raggiungeva il porto di Montecarlo, facilmente individuabile perché l’unico illuminato. All’ingresso del porto, una vedetta intimava l’alt e accompagnava il natante all’approdo sotto stretta sorveglianza. Qui l’equipaggio forniva alle sentinelle alleate del porto di Monaco solo un numero di telefono o di codice e il nome dell’ufficiale dell’Intelligence Service. In meno di un’ora erano presi in consegna dai servizi segreti alleati.Anche io fui condotto a Montecarlo, con Renzo Rossi, Girò e Renzo Biancheri, già allora sordo come una campana. Per me era la prima volta, mentre per gli altri si trattava dell’ennesima traversata. Fummo accolti dal capitano Lamb, che ci condusse a Le Petit Rocher. Ci diede qualche istruzione, tra le quali ricordo che, alla mia richiesta di una qualche sorta di documento, ci disse che a eventuali controlli dovevamo solo rispondere che eravamo maltesi e di riferire il suo nome, Cap. Lamb con il numero di riconoscimento. Mettendo mano al portafoglio, Lamb cominciò a distribuire una banconota da 500 franchi. La sua intenzione era di consegnarne una per ognuno di noi, ma Renzo Rossi, intascata la prima banconota ringraziò dicendo che 500 franchi bastavano per tutti. Il capitano, sorpreso, ci fissò negli occhi uno per uno e domandò:“Ma voi siete proprio Italiani?”. Scoppiò poi a ridere, ma, per un attimo, vidi nel suo sguardo il sospetto che fossimo sabotatori. Renzo Biancheri chiese di poter usare il telefono, compose il numero e ottenuta la comunicazione tra lo stupore generale iniziò a cantare Polvere di Stelle [Stardust]. Renzo era sordo e come tutti i duri d’orecchio cantava bene.Sussurrava la melodia d’amore di “Polvere di Stelle”, alle orecchie di una interlocutrice, evidentemente conosciuta in qualche precedente missione e con la quale di certo non scambiava lunghe conversazioni: 

Sometimes I wonder why I spend

The lonely night dreaming of a song

In seguito, forse memore del fatto che nei nostri pregressi incontri gli parlavo dell’opportunità di pubblicare sul Web i suoi materiali di ricerca, Fiorucci mi inviò, a mia piena disposizione, documenti e scritti, sia pubblicati (ma, ripeto, allora, per mia disattenzione, non lo sapevo ancora) su “Gruppo Sbarchi Vallecrosia”, sia, per come mi risulta, inediti.

Per il momento aggiungo solo che in quel settembre 2010 una nipote di Renzo Biancheri mi ringraziò via email per il mio pensiero, che la citazione della morte del capitano Gino Punzi ha suscitato una successiva intensa corrispondenza, che, purtroppo, il 19 marzo 2012 Fiorucci ci ha lasciati.

Adriano Maini