mercoledì 9 dicembre 2020

Basilio

Un angolo della vecchia Nizza

Nella mia interessante (mia fortuna!) corrispondenza di questi ultimi tempi spicca la seguente testimonianza d'epoca:

«Ho ripreso in mano questa lettera che potresti pubblicare.
Lascerei la forma anche se a volte scorretta.
Scritta da chi avrà fatto i tre anni di elementari.
Già un grande privilegio in quei tempi dove le braccia dei bambini servivano alla sopravvivenza.

"Dovendosi recare quest’inverno a Nizza presso nuovi padroni. Credeva partire alla fine della campagna (cioè raccolta delle castagne) invece è stata richiesta di premura e così fin dal giorno sei di questo mese è partita con autocarro Satis (1) Sanremo-Nizza; così è passata sulla vostra porta senza neanche potervi vedere. Ci scrisse subito due volte che si trovava bene e contenta dei suoi padroni; ora attendiamo tutti i giorni sue notizie.
Essendole capitato un posto, che finora e ben difficile lei ha creduto bene di passare in Francia anche soltanto per apprendere la lingua che è molto utile e serve tanto.veramente la sua assenza ci dispiace molto è certo che il lavoro in casa nostra non le mancava; ma poi che volete qui nei nostri paesi vi è pochissimi soldi, stagioni a lavorare perché ........ed è sempre più peggio perché i nostri raccolti oggi giorno non hanno vendita, non abbisognano al stretto massimo cui ci abbisogna di acquistare per nutrirsi e vestirsi e allora ci casca le braccia a terra e si perde la volontà di lavorare. Se andiamo di questo passo l’avvenire secondo me ci si presenta assai tenebroso e poco soddisfacente.
Speriamo sempre bene e intanto andiamo avanti ringraziando Iddio che ci conserva almeno in salute che è il più di tutto.
A nome di tutta la famiglia vi saluto con tanti bacioni dai nostrii bimbi a voi e alla bella S. che non vediamo quel momento di vederla di presenza.
Vostro aff.mo Basilio"
Ho trovato fra le carte dei miei vecchi un mezzo foglio, una lettera che Basilio scriveva a mio nonno.
Era un novembre del 1950.
Mio nonno amico di scuola di Basilio era sceso con la famiglia verso la costa.
Erano stanchi di mangiar patate e castagne.
Era quella di Basilio una famiglia numerosa, quattro figli.
La figlia più grande Maddalena avrebbe lasciato la famiglia per recarsi in una delle tante famiglie ricche della Costa Azzurra.
Sarebbe stata rispettata e benvoluta.
Avrebbe però rinunciato come una monaca ad una vita sua.
Quando tornava a casa in Valle Argentina scendeva dalla corriera per salutare i nonni.
La ricordo come una ragazza bella e distinta vestita di una tristezza che non riusciva a nascondere neppure ai miei occhi di bambina.
Uguale sguardo rivedo oggi nei volti dei ragazzi che fuggono dal loro paese e che si accampano sui bordi dell'Aurelia nei pressi della frontiera, in attesa di accoglienza e aiuto sperando come Maddalena in un futuro migliore
».

Il destinatario della commovente missiva abitava in una zona situata tra la frontiera con la Francia e Bordighera che lascio volutamente indeterminata.

Io, dal canto mio, non posso che essere d'accordo con le delicate considerazioni della mia gentile interlocutrice.

Adriano Maini

(1) [in effetti, direi SATI, una scomparsa ditta di autobus]

martedì 24 novembre 2020

Se Lazaridès...


Ho trovato su Facebook Ciclismo - Operazione Nostalgia questa fotografia accompagnata dalla seguente didascalia: "Lucien Lazaridès nacque ad Atene il 30 dicembre 1922 ed è stato un ciclista su strada greco naturalizzato francese. Fu professionista dal 1946 al 1956, vinse il Critérium du Dauphiné Libéré e due tappe al Tour de France, corsa in cui fu terzo nell'edizione del 1951. Si è spento a Cannes, il 19 luglio 2005. Nella foto, da sinistra verso destra, Fausto Coppi, Lucien Lazarides e suo fratello Apo Lazarides".


E mi sono ricordato di alcuni racconti di mio padre, che nel suo breve (per meglio dire, della nostra famiglia) soggiorno nell'anno scolastico 1931-1932 a Le Cannet era stato compagno di classe di uno dei due fratelli Lazaridès, presumo, visto ora l'anno di nascita, di Lucien


Mio padre, ormai ferroviere, aveva rivisto almeno una volta nel dopoguerra quale passeggero su di un treno Lucien (ripensandoci, per collocarlo su di un banco vicino a mio padre non avrei avuto bisogno della precedente deduzione). Ed era al corrente di tante imprese sia di Lucien che di Apo, quest'ultimo, in effetti, un nomignolo, mentre, in base alla citazione da una tesi di laurea, che metto qui di seguito, ne ho appreso il vero nome, vale a dire Jean.

Tour de France, 18 luglio 1949, 16ª tappa Cannes-Briancon: sul Col d'Allos Fausto Coppi e Apo Lazadires

Dal canto mio non avevo mai riflettuto sulla possibile origine greca dei Lazaridès. Ho pensato, invece, più volte alle lente e modeste trasferte su strada ferrata di quei professionisti di quegli anni, anche alla luce di altre note su altri incontri avuti sul lavoro da mio padre con altri protagonisti del ciclism.

Nel 1974 a Le Cannet o a Juan-Les-Pins o a Cannes in periferia - non rammento bene - mi trovai a parlare con una persona anziana di origine italiana per parlare, in funzione di una sua propaganda a favore della legge sul divorzio tra i nostri emigrati in zona in vista dell'imminente referendum. Nel corso della conversazione quel signore mi manifestò la sua grande passione per il ciclismo, al che mi venne facile informarlo di quelle nostre pregresse affabulazioni sui fratelli Lazaridès, da lui ben frequentati, e ricevere un maggiore attestato di simpatia.

Malia del ciclismo di una volta!

Adriano Maini

René Vietto
Vietto nacque il 17 febbraio 1914 a Rocheville, presso Cannes. Milza, in "Voyage en Ritalie", lo cita tra gli immigrati italiani di prima e seconda generazione che hanno avuto successo nell’ambito ciclistico. René Vietto in effetti fece una grande carriera in Francia. Ho potuto reperire il suo palmares che qui riporto. [...] 1947: giunge 2° al Circuit des villes d'eaux d'Auvergne. Si piazza al 5° posto nella classifica finale del Tour de France di cui vince due tappe. 1948: vince il G.P de Cannes, giunge 2° alla Paris-Clermont Ferrand e 3° alla Bol d'Or (con "Apo" Lazaridès). Giunge 17° al Tour de France.
[...] L’équipe azuréenne viene esaltata ancora durante i giorni di Pentecoste [del 1946], quando i ciclisti locali si affermano in diverse competizioni, con soddisfazione della stampa nizzarda e dei costruttori di biciclette della regione, che possono fregiarsi del merito di aver sostenuto gli atleti “azuréens” nelle loro vittorie <258.
[...] Alla Marsiglia-Monaco, il 30 giugno 1946, vince Jean Lazaridès, corridore dell’ES Cannes, figlio di immigrati greci trasferitisi nel 1922 a Marsiglia. Riguardo questa prova «Nice Matin» sottolinea la brillante prestazione di un “azuréen”, Guerino Camellini, dell’AS Monaco, fratello del più celebre Fermo.
A fine luglio si corre la Monaco-Parigi, gara a cinque tappe organizzata da «Le Parisien Libéré» e «Nice Matin». Il quotidiano nizzardo si ostina a nobilitare questa corsa col titolo di Tour de France e, talvolta, più onestamente, di mini Tour de France. Questa corsa in realtà non viene mai inserita negli annali del Tour. Semplicemente riproduce il vero Tour, ma in forma molto ridotta. I ciclisti vengono comunque convocati per nazionalità. Tra i ciclisti della Costa Azzurra nella squadra francese vengono convocati Vietto, dato tra i favoriti per la vittoria finale, Teisseire, Lazaridès, gregario di Vietto, e Molineris. Camellini corre invece per la squadra italiana.
Nonostante gli azuréens siano dunque divisi in due nazioni diverse «Nice Matin» li tratta come fossero un’unica entità, come testimonia il titolo del 24 luglio 1946 relativo a questo “mini-Tour”: “L’italien Learco baito enlève l’étape MonteCarlo-Digne du Tour de France. Vietto et Lazaridès devenu descendeur, Molineris et Camellini ont marqué l’étape de plusieurs exploits”. Camellini sarà costretto al ritiro nel corso della seconda tappa.
Per la Costa Azzurra le cose non andranno comunque male, visto che a Parigi leader della classifica finale sarà, a sorpresa, Lazaridès.
[...] Per l’annata 1947 Camellini sceglie di non disputare il Giro d’Italia a favore del Tour de France. Infatti insieme a Joseph Tacca Fermo avrebbe avviato la pratica per l’ottenimento della nazionalità francese. Dunque, secondo «Nice Matin», se la pratica sarà celere, Fermo dovrebbe correre al Tour nell’équipe dei cadetti del sud-est <266. Le cose invece andranno diversamente. Nella squadra francese verranno selezionati solo tre azuréens: Vietto, Teisseire e Lazaridès. Camellini è il quarto azuréen selezionato, ma, escluso dalla squadra italiana, rientra nella squadra degli stranieri di Francia, non avendo ancora ottenuto la nazionalità francese. I corridori appena elencati vengono soprannominati da «Nice Matin» i quattro moschettieri <267. Devono difendere l’orgoglio della Costa Azzurra davanti al ciclismo mondiale.
[...] Al termine della corsa Vietto si piazzerà solo 5°, Camellini 7°, Lazaridès 10° e Teisseire 11°, non male comunque.
[...] L’ultima importante apparizione degli atleti azuréens nel corso di questa annata avviene al Giro di Lombardia, in ottobre, al quale partecipano i “quattro moschettieri”: Vietto, Lazaridès, Teisseire e Camellini.
 

Fonte: Alessandro Dall'Aglio, op. cit. infra

[NOTE]
258 Tony Bessy, Le cyclisme azuréen a brillé durant cette “Pentecôte sportive. VIETTO se retrouve - LAZARIDES s’affirme - MOLINERIS connaît sa première grande victoire de la saison, «Nice Matin», 12 giugno 1946.
266 Tony Bessy, Fermo CAMELLINI sera-t-il bientôt Français?, «Nice Matin», 3 maggio 1947.
267 «Nice Matin», Camellini, le solitaire, rumine quelque chose, 5 luglio 1947.
Alessandro Dall'Aglio, Emigrazione italiana e sport a Nizza nel secondo dopoguerra (1945-1960), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Parma, Anno Accademico 2002/2003

 

Dunque, non aveva tutti i torti mio padre quando sosteneva che uno dei fratelli Lazaridès aveva vinto un'edizione non ufficiale del Tour de France...

Adriano Maini

sabato 31 ottobre 2020

Simpatiche coincidenze


La circostanza in cui è stata scattata la soprastante foto proprio non me la ricordavo.

Rivedendola sul sito di Davide mi è tornata alla memoria: un corso di impostazione della voce da lui tenuto presso la Chambre de métiers delle Alpi Marittime con sede a Saint-Laurent-du-Var almeno sedici anni fa, se non di più, un'occasione alla quale forse non fu estranea la mia collaborazione.


Alle lezioni tenute presso l'organizzazione dove all'epoca lavoravo talora ero presente anch'io.

Ricordi simpatici.


E simpatiche coincidenze. Rivedo, ad esempio, qui sopra Marco Farotto - il primo da sinistra -, da sempre impegnato a Bordighera nel campo dell'arte, ma penso che l'occasione di quelle lezioni Davide Andreoni se le fosse procurate sul campo per suo esclusivo merito.

Davide Andreoni al centro


Davide da anni è tornato a Milano. Ci si rivede di tanto in tanto. Ci si sente più spesso per telefono. Parlare casualmente del suo sito mi ha dato diversi spunti. Da non affrontare tutti subito, però.


Ad esempio di una bella comune partecipazione - il fotografo a quei tempi era sempre lui! - ad una mostra di pittura a Breil-sur-Roya. Per la quale né io né lui ritroviamo scatti acconci. Giornate, quelle passate in quella parte di valle francese, spesso caratterizzate, come tante altre di quelle spese in comune, da più o meno interessanti conoscenze, spesso anche da quelli che in oggi si potrebbero definire succosi aneddoti.

Adriano Maini

 

venerdì 21 agosto 2020

Ancora Garibaldini di Spagna




Scrivevo  a questo link Garibaldini di Spagna


e l'amico Moreschi


subito mi inviava delle fotografie, attinte dal suo poderoso archivio, immagini che si commentano da sole.
Alfredo Moreschi aveva effettuato in merito una ricerca per un libro di memorie di un suo conoscente.

Ma anche miei corrispondenti e miei altri amici avevano notato e commentato quel mio articolo.

In particolare ci furono parole molte commosse di una cara persona, soprattutto su Cesare Menarini, che forse dalle nostre parti ha fatto in tempo ad essere più conosciuto di Giuseppe Mosca. In ogni caso, di questi due generosi uomini, Menarini e Mosca, in genere avevamo saputo solo in termini generici della loro partecipazione alla guerra per la difesa della Spagna Repubblicana ed Antifascista.

E l'argomento della difesa della Repubblica Spagnola mi è stato di recente sollevato da chi, pur conoscendo meglio di me, in quanto vi è anche iscritto, l'AICVAS, l'Associazione Italiani Volontari Combattenti Antifascisti di Spagna, leggendo quel mio modesto contributo di qualche mese fa, ha potuto osservare ed apprezzare le figure di Menarini e Mosca.

Senonchè, questo nuovo intervento mi ha fatto, per associazione di idee, riandare con la memoria, come specifico dopo, al professore Raffaello Monti, dato che il mio nuovo interlocutore aveva avuto frequentazioni di famiglia con Monti.

Io del professore Monti avevo tracciato un breve profilo con questo mio post, al quale mi viene spontaneo rimandare.
Ad usare un eufemismo, aggiungo che mi lascia perplesso il fatto che della presenza almeno politica di Raffaello Monti alla guerra di Spagna abbia parlato con forza solo Nino De Andreis in una sua lettera a "l'Unità", scritta subito dopo la morte del professore, una missiva per fortuna pubblicata, di modo che si può attestare che già all'epoca si denunciavano (da parte di De Andreis) sin troppe dimenticanze intorno agli impegni pacifisti, antifascisti e progressisti di Monti.

Almeno David Ross (figlio di Michael Ross, nipote di Giuseppe Porcheddu), come da email del 22 agosto 2020, una memoria, foriera di inserimento in una prossima pubblicazione in Gran Bretagna, a Monti la dedica: " Le idee antifasciste di Beppe [Porcheddu] vennero ben presto note in Torino per cui decise di agire prima di incorrere in inevitabili conseguenze. Decise di raggiungerre un suo caro amico italiano, il Professore Raffaello Monti, anch'egli antifascista, il quale si era temporaneamente trasferito a Tolosa per sfuggire all'atmosfera ormai tossica che aleggiava in Italia. Nel 1936 Beppe e tutta la sua famiglia andarono a Tolosa per vivere con Monti e la famiglia di questi". 
 
Adriano Maini


lunedì 4 maggio 2020

La fisarmonica



La fisarmonica. No, non mi riferisco alla più o meno nota canzone d'antan.
Mi è tornata, invece, in mente la fisarmonica che ho sentito suonare per la prima volta nel 1955 in una bella casa del centro storico di Ventimiglia (IM).
Il musicista era un collega di mio padre, che incantava me, allora bambino, anche con la prima collezione di trenini elettrici che io abbia mai visto.
E giocavo, anche, volentieri, con la figlia di quel signore, mia coetanea.
Per decenni non ho quasi più pensato a quello strumento musicale, un incanto per il fanciullo che ero, in quell'epoca così lontana dall'attuale modernità tecnologica.
Mi poteva capitare se sentivo, a qualche sagra o in qualche film, la melodia di qualche valzerino, soprattutto se di tipo, come ho sempre definito tra me e me, francese.
Solo l'anno scorso mi è venuto in mente di chiedere alla figlia dell'amico di famiglia di quella fisarmonica. Che nel tempo in quella casa aveva visto arrivare una compagna, suonata dalla ragazza.
E la prima fisarmonica è ancora là, spostata in zona ancora più ridente, un po' più a ponente nel territorio della città di confine.
Fa tuttora compagnia al vegliardo, al quale, come alla moglie, auguro lunga vita.
Pensieri di giorni di forzata inazione!
 
Adriano Maini


martedì 14 aprile 2020

Ancora i BBS!



Si vede che Flavio Palermo c'ha pensato un po'.


Avevo scritto di miei vecchi esperimenti di comunicazione via Web, Internet, e non solo, in alcuni articoli, di cui l'ultimo a questo link.

A Flavio - e non solo a lui - le mie imprecise considerazioni erano piaciute: me lo aveva anche scritto!


E così adesso mi ha mandato qualche immagine della strumentazione che usava a quei giorni, giorni da considerare ormai da pionieri.

Flavio mi ha confermato che proprio su quell'apparecchiatura del suo pregresso laboratorio aveva impiantato quel suo esperimento di BBS, in pratica rivolto solo a me.

Insomma! Una cosa che mi fa piacere.

Il resto del discorso lo lascio al post precedente. 
 
Adriano Maini


martedì 28 gennaio 2020

Antonio Rubino: due parole e...



Mi ero azzardato qualche anno fa a scrivere qualcosa di Antonio Rubino, perché avevo vista riprodotta a Sanremo (IM) una sua tavola pubblicitaria in stile - credo! - liberty dei vecchi Bagni Morgana della città dei fiori.

Ero allora in più stretto contatto con Alfredo Moreschi di quanto non lo sia ora. Solo che si trattava di rapporti professionali che lasciavano poco spazio, nonostante la reciproca simpatia, a soverchie divagazioni di carattere privato. E forse l'amico Alfredo non aveva ancora lavorato sulle immagini, relative a tanti lavori di Rubino, immagini che qui sto pubblicando a campione.
All'epoca di quelle mie prime righe su Rubino, pertanto, non potevo certo basarmi sul supporto delle belle icone che sto pubblicando in questa occasione.


Ricordo, tuttavia, poco delle spiegazioni che Alfredo mi ha dato in materia, per cui l'unico accredito sicuro che posso apportare concerne le Edizioni Zem di Vallecrosia (IM).

Soprattutto non sono in grado - avessi preso appunti! - di mettere in relazione al meglio le fotografie di fiori e piante, scattate da Moreschi, con i lavori di Rubino. 
Dovrò tornare - se lo accetta! - alla carica con lui: le sue parole in proposito sono state molto ricche di significati, anche reconditi.



Non potevo sottrarmi  alla messa in evidenza di opere di Rubino presenti - non so se in originale, proprio perché non ho fatto tesoro della specifica conversazione con Alfredo - a Baiardo (IM), paese tanto caro a questo artista.




E a ricordare, sempre con l'ausilio di quanto offertomi da Moreschi, che Rubino era stato anche una colonna del vecchio Corriere dei Piccoli: da bambino avevo letto con grande piacere molte sue storie illustrate.

Di sicuro sono intriganti questi collages, di fatiche di Rubino e di suoi scatti, realizzati da Alfredo per la Zem.
 
Adriano Maini



mercoledì 8 gennaio 2020

Combattenti repubblicani di Spagna


A destra, Cesare Menarini in Spagna - Fonte:  AICVAS
 
Di Cesare Menarini * e della sua militanza come volontario delle Brigate Internazionali a difesa della Repubblica Spagnola mi è venuto solo casualmente di fare cenno a Sergio, l'altro giorno, mentre mi raccontava di risvolti inediti del Gruppo Partigiano Sbarchi di Vallecrosia.

A sinistra, Cesare Menarini in Spagna - Fonte:  AICVAS
 
Sergio che, a suo tempo aveva conosciuto e frequentato pure lui Menarini, non ne conosceva - o non ne ricordava - questa esperienza. Neppure quella di comandante partigiano durante la Resistenza nel Modenese.

A sinistra Cesare Menarini ad una Festa della Donna nella Sezione del P..C.I. di Vallecrosia (IM) nei primi anni '80
 
A Vallecrosia, dove Menarini aveva abitato in precedenza per breve tempo, mi sembrava avesse ormai stabile dimora un altro combattente di Spagna, Giuseppe Mosca **, di cui, invece, Sergio aveva contezza.

Giuseppe Mosca in Spagna Fonte:  AICVAS
 
Non rammentavo, tuttavia, che Mosca era tornato a Biella.

Mi viene da dire che io e tanti altri amici e conoscenti non abbiamo onorato come si doveva questi due uomini coraggiosi. Anche se io in quegli anni avevo già trovato citati Mosca e Menarini per la loro partecipazione alla guerra civile di Spagna in libri di Giorgio Amendola e di  Luigi Longo.

Posso ora solo tentare di sopperire parzialmente, molto parzialmente, con qualche fotografia e qualche cenno informativo, reperiti sul Web. 


E di Menarini ho trovato più immagini.

* Menarini Cesare di Pietro e Malagoli Maria, 5/10/1907, Città  del Lussemburgo. Autista, comunista. Cittadino italiano nato in Lussemburgo, nel 1915 rientra a San Felice sul Panaro insieme alla famiglia, originaria del Modenese. Il 13 gennaio 1923 espatria con regolare passaporto in Francia, raggiungendo il padre, emigrato per lavoro l'anno precedente. Si stabilisce prima a Homécourt, nel dipartimento della Meurthe e Mosella, fino al 1926, poi a Le Plessis-Trévise, nel dipartimento della Valle della Marna, nella regione dell'Ile-de-France, dove nel 1926 entra nella Federazione giovanile del Partito comunista francese e poco dopo nei Gruppi di lingua italiana del PCF. Nel 1928 si trasferisce a Le Blanc-Mesnil, nel dipartimento della Senna-Saint-Denis, sempre nella regione dell'Ile-de-France, dove svolge un'intensa attività  antifascista tra l'emigrazione italiana fino all'ottobre 1936, quando decide di partire per difendere la Spagna repubblicana e si imbarca dal porto di Marsiglia sulla nave "Ciudad de Barcelona”. Sbarcato ad Alicante, raggiunge in treno Albacete, dove è arruolato nel battaglione Garibaldi, 1. compagnia, per poi passare alla 2. e alla 3. compagnia. A novembre combatte a Cerro de los Angeles e a Casa de Campo, dove il 20 novembre è ferito da una pallottola alla spalla sinistra. Dopo il ricovero negli ospedali di Madrid e di Valencia, nel gennaio 1937 torna al fronte e combatte alla Città  Universitaria, a Puente de Segovia, a Carabanchel, ad Arganda, sul Jarama, a Morata de Tajuna e a Guadalajara. Passato alla Brigata Garibaldi, il 31 maggio 1937 è promosso sergente e combatte a Huesca, a Brunete e in Catalogna. In seguito è al servizio della Delegazione della Brigate Internazionali a Valencia e poi, dal settembre 1937 al giugno 1938, alla Censura militare delle Brigate Internazionali, a Godella, in provincia di Valencia, e a Barcellona, nel quartiere di Sarrià. Il 10 novembre 1937 è promosso tenente e si reca alla base di Quintanar de la Republica, che lascia il 19 novembre per tornare in servizio. Nel febbraio 1938 è ferito al lato destro della testa da una scheggia durante un bombardamento aereo su Valencia ed è ricoverato all'ospedale militare cittadino. Il 4 aprile 1938 è promosso ancora e raggiunge il grado di capitano. In agosto si frattura il piede destro a causa di un bombardamento aereo su Barcellona ed è ricoverato in ospedale. Il 20 agosto 1938 esce dalla Spagna per infermità  e rientra nella sua abitazione a Le Blanc-Mesnil. Il 24 agosto gli viene tolto il gesso al piede all'ospedale di Versailles. Guarito, riprende il lavoro di operaio edile. Nel 1940 è responsabile del Partito comunista per il settore Parigi-Nord (Le Bourget, Le Blanc-Mesnil, Aubervilliers, Drouot, Bobignye e altri comuni) e durante il periodo dell'occupazione tedesca organizza un gruppo antinazista clandestino che distribuisce il bollettino ciclostilato "La Voce degli Italiani" e materiale di propaganda francese. Nel settembre 1940, la sua casa è perquisita dalla polizia, ma riesce a sfuggire l'arresto e viene ospitato per alcuni mesi da compagni di partito. Nell'agosto 1941 il Centro estero del Pcd'I lo invia in Italia con materiale di propaganda comunista nascosto in un baule con doppio fondo. Dopo un primo periodo presso dei parenti a Mirandola, il 7 marzo 1942 sposa Anna Polloni e si trasferisce a San Felice, dove lavora nel magazzino per l'ammasso della canapa, da dove diffonde materiale di propaganda comunista. Entrato nella Resistenza con il nome di battaglia "Andrea", è commissario politico di brigata della Divisione Modena Armando. Riconosciuto partigiano combattente dal 1 ottobre 1943 al 31 maggio 1945 (dal 1 ottobre 1943 al 24 febbraio 1944 con il grado di sergente maggiore, dal 16 marzo 1944 al 31 maggio 1945 con il grado di maggiore). Dal 1945 al 1948 è sindaco di San Felice sul Panaro. Successivamente impiegato comunale all'ufficio delle imposte di consumo, nel 1956 è licenziato per attività  sindacale e decide di tornare a lavorare all'estero, in Svizzera, Germania e Francia. Nel 1962 si stabilisce a Sanremo, poi si sposta a Vallecrosia e infine a Ventimiglia, dove muore l'11 aprile 2002.
Eventi a cui ha preso parte
[nella guerra civile spagnola]:
Battaglia di Cerro de los angeles (Cerro Rojo)
Battaglia di Casa de campo
Battaglia della Città  universitaria di Madrid
Battaglia di Arganda del Rey
Battaglia del Jarama
Battaglia di Morata de Tajuña
Battaglia di Guadalajara
Battaglia di Huesca
Battaglia di Brunete
Annotazioni: Secondo il "Dizionario storico dell'antifascismo modenese", vol. 2: "Biografie", nell'estate 1941 il gruppo antinazista organizzato da Menarini in Francia fu incorporato nel Front National clandestino.
da Istituto Nazionale Ferruccio Parri

** Mosca, Giuseppe
Di Giovanni e di Aurelia Cristianelli. Nato l'11 gennaio 1903 a Cossato, residente a Chiavazza (Biella) fin dall'infanzia, fonditore. Iscrittosi alla Camera del lavoro e successivamente alla gioventù comunista, fu un militante molto attivo. Costretto, dopo ripetuti scontri con i fascisti, alla vita clandestina, il 27 novembre 1927 fu arrestato a Torino con l'accusa di appartenenza al Partito comunista e diffusione di stampa sovversiva nelle fabbriche della città: deferito al Tribunale speciale, fu assolto in istruttoria il 6 luglio 1928 per insufficienza di prove. In seguito resse l'organizzazione del partito nel Biellese. In procinto d'essere arrestato, in seguito alla scoperta di un gruppo clandestino operante nel basso Biellese e nel Vercellese, cui aveva fornito materiale e direttive, nel novembre 1932 riuscì ad espatriare illegalmente in Francia, dove si stabilì a Villeurbanne. Fu iscritto nella "Rubrica di frontiera". Nel marzo 1934, in seguito ad indagini dell'Ovra che portarono all'arresto, in Piemonte e Lombardia, di ventisei comunisti, tra cui alcuni biellesi, fu denunciato al Tribunale speciale, in stato di latitanza, per attività comunista. Il 19 novembre 1936 si arruolò nel battaglione "Garibaldi". Combatté a Boadilla del Monte, Mirabueno, Arganda, Guadalajara, dove rimase ferito. Rientrato nella formazione, nel frattempo trasformatasi in brigata, fu inquadrato nella 2a compagnia del 2o battaglione, con il grado di sergente. Combatté ancora a Huesca, Brunete, Farlete, Belchite, Fuentes de Ebro, Caspe e, promosso tenente nell'aprile del 1938, in Estremadura e sul fronte dell'Ebro. Tornato in Francia nel febbraio del 1939, fu internato a Saint Cyprien, Gurs e Vernet d'Ariège. Rimpatriato il 23 settembre 1941 e tradotto, in stato di arresto, a Vercelli, il 19 novembre fu condannato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Lt), fu liberato dopo la caduta del fascismo. Partecipò alla Resistenza nella brigata Sap biellese "Graziola" come commissario di battaglione. Riportò una ferita. Dopo la Liberazione svolse attività sindacale nella Fiom e politica nella Federazione comunista di Biella. Morì il 18 luglio 1992 a Biella.  
Fonti: Acs, Cpc, fascicolo personale; Acs, Confinati politici, fascicolo personale; Acs, Ps aaggrr, cat. K1b-45; Apci, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; Anello Poma, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 7. Biografato anche nell'Enciclopedia dell'Antifascismo e della Resistenza e citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; Giacomo Calandrone, La Spagna brucia; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 2; Quaderno Aicvas n. 3; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci... Si veda inoltre Autobiografia di una guerra civile.
da Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli 

Adriano Maini