lunedì 28 ottobre 2019

Peglia e dintorni...


Mi sembra di ricordare che ci fossero anche delle piccole peschiere.
Del vecchio mattatoio sono sicuro.
Poco più a ponente la fabbrica di liquirizia, dalla quale una cugina di mio padre ci portava tante delizie. Un edificio purtroppo devastatato, da uno scoppio di una caldaia proprio agli inizi degli anni '70, con perdita della giovane vita di una ragazza che frequentava il Bar Irene.

Non seguo un ordine cronologico. Mi vengono in mente solo piccoli dettagli di storia del costume, anche se connessi a mie particolari esperienze.
L'ambientazione di questo trafiletto è sia in zona Peglia di Ventimiglia (IM), sia un poco prima, con una divisione segnata dal ponte della ferrovia.


Prima del ponte, dove all'epoca transitavano solo treni dalla e per la Francia, agli inizi dell'estate del 1955 mio fratello credeva di riuscire a fotografarmi con il semplice astuccio della macchina fotografica. Ero felice di lasciarglielo credere.


Alcuni carri della Battaglia di Fiori, una volta finita la manifestazione, venivano, infatti, portati, o riportati, davanti al mattatoio. Anche se alti e grandi riuscivano a passare sotto l'arco del ponte della ferrovia.


Credo che il nuovo campo di calcio di Peglia, a nord della citata infrastruttura, sia stato realizzato man mano che veniva dismesso quello vecchio in Piazza d'Armi a Camporosso (IM), ancora utilizzato nel 1964. Nel nuovo di Peglia mio fratello iniziò a giocare all'insegna di una misteriosa sigla, credo ormai  scomparsa,  N.A.G.C. - ritengo Nucleo Addestramento Gioco Calcio o qualcosa di simile - da pulcino nell'allora Ventimigliese, dalla cui squadra superiore si era appena ritirato lo zio materno. Prima di tirare - maldestramente - per una breve stagione quattro calci anch'io in quella squadra, formazione Allievi, feci da quelle parti un altro tipo di esperienza. C'era un po' più in su una pista di go-kart con annesso pubblico servizio. Con base di partenza e di arrivo lì e con deviazione su sentieri sull'addomesticato greto o solo su quel cemento - non rammento bene - si tenne una sorta di pre-selezione (sub-provinciale?) dei campionati studenteschi di corsa campestre, che io andai a vincere, anche se avevo aderito malvolentieri all'indicazione del mio insegnante di educazione fisica. Al cimento provinciale arrivai secondo. Solo da poco ho scoperto che il vincitore di quella edizione è un vecchio amico, noto personaggio pubblico di questa provincia: non è male metterci più di quarant'anni per decifrare un tale evento, no? In quel caso venni premiato dal mio docente per il mio sacrificio venendo presentato a dirigenti di una compagine di atletica leggera di Sanremo, nella quale militai poco, sino al successivo autunno e, per una sola gara, in Genova come d'abitudine, l'anno successivo. La costanza nel praticare sport, come si noterà, non fu un mio forte: anche se due parole sullo sport in genere prima o poi torno a scriverle.




Dopo aver visionato alcune immagini, scattate su quel campo all'inizio degli anni '70, di una formazione giovanile della Ventimigliese e delle squadre amatoriali di Istituto, in cui giocava mio fratello, mi torna in mente una partitella, tenuta sempre in quel posto, tra studenti delle superiori a fine anni '60, durante la quale, colpito di testa da un avversario, che si ritrovò con un bernoccolo da "fumetto", rimediai all'ospedale di Nervia qualche punto di sutura alla fronte: in tanti successivi incontri ne abbiamo sempre riso, l'ultima volta nello scorso decennio ad Imperia, dove nel frattempo il mio "contendente" si era trasferito per lavoro. 

Ancora. Prima del ponte un camping in cui negli anni '70 soggiornava d'estate per un mese o giù di lì con il marito una cugina di mio padre: in famiglia l'onda dei ricordi del Parmense fluiva allora forte.




Non sono più tornato alla Bocciofila del Dopolavoro Ferroviario, dove negli anni '90 passavo talora a salutare un anziano amico, ormai scomparso. Mi sembra ci si possa ancora arrivare da un piccolo sottopasso ferroviario. Quello più grande, vicino al fiume, é stato chiuso dopo una tragica inondazione. Per arrivare all'altra Bocciofila, ai  campi da tennis, ai rettangoli verdi del calcio occorre adesso sottoporsi ad un lungo giro...



venerdì 18 ottobre 2019

Via Due Camini


Certe mie emozioni acquisiscono dimensioni particolari nel caso di racconti o romanzi, che delineano anche sommariamente, quasi per inciso, affidandosi alla cifra della memoria, certi angoli o certo vissuto di Ventimiglia (IM) e del Ponente Ligure. Soprattutto se scritti da un amico finalmente ritrovato o da chi non incontro più praticamente dai tempi della scuola. E, forse, il mio coinvolgimento è ancora più forte, perché sono libri da me scoperti e, quindi, letti, come mio solito, quasi trasognato, in ritardo.
 
Chi scrive di Ventimiglia (e della zona) di solito non può prescindere dal mare. Dalle piccole baie, dalle calette, dalle rocce, sempre più numerose verso la frontiera. E c'è, tra gli autori cui ho qui solo accennato, chi sottolinea che, a esplorare e vivere questi paesaggi, e questo ambiente, una vera barriera con la Francia non vi sia mai stata.
Ho anche rinvenuto una intrigante scansione, alla quale si affida un personaggio, di nomi di monti ben visibili dalla costa del Ponente Ligure.
Per varie associazioni di idee è riemersa viva nella mia mente una giovanile serata di fine estate, un'escursione dalla Margunaira di Ventimiglia a Via Due Camini, una zona, questa, in discreta altura, che consente un'ampia panoramica, soprattutto sul mare. Non ricordo se entrammo nell'omonima trattoria, meta tradizionale per tanti anni di gite fuori porta, rimaste nel vissuto popolare, anche perché quell'esercizio da tempo è chiuso.
Una serata fatta quasi di niente, se non del discorrere allegramente in compagnia salendo e ridiscendendo, dopo una breve sosta lassù, in città: ero ancora inconsapevole che l'età della spensieratezza stava finendo.



venerdì 11 ottobre 2019

Balùn a Sasso


Sasso, Frazione di Bordighera (IM). A poca distanza dal centro cittadino. 
Ho rimirato da bambino e da adolescente, perché ero più attento a quel tempo a cercare di scoprire il mondo, quel piccolo borgo tante volte dal basso, dai Gallinai, dove abitava la nonna materna. Discretamente inerpicato in collina. Insomma, tante stradine in discesa e la piazza principale aperta da tre lati.
Un amico mi ha raccontato di vecchie partite a livello amatoriale, di “balùn”, il pallone elastico o, ancora, palla pugno, che si facevano un tempo nel paese: preso dalla sua conferma di coloriti trasporti popolari, a me già noti, per questo sport e dal racconto di episodi, come quello di un giocatore del posto in grado, alla battuta, di squarciare la palla, mi sono dimenticato di chiedere quante reti di protezione, data la conformazione di Sasso, usassero allora stendere...


sabato 5 ottobre 2019

Non solo vendemmie, in Costa Azzurra

Uno scorcio di Val Roia francese
 
Senza essere mai stato un frontaliere, in certi periodi ho frequentato abbastanza il Nizzardo e la Costa Azzurra nella parte più vicina alla frontiera. Del resto, ho sempre abitato o a Ventimiglia (IM) o a Bordighera. E ho lavorato a lungo, sino al mio pensionamento, a Sanremo: un'attività che comportò per me anche specifici contatti oltre confine, da cui ho riportato vive memorie di relazioni umane, su cui tenterò di tornare con altri articoli. Del resto, già in precedenza non mi erano mancate aderenze in proposito.

A prescindere dalle escursioni in Francia compiute da bambino ed in giovane età con familiari, mi risultano significative le prime gite scolastiche, di cui sottolineo, quali esempi, alcune tappe. Alto sul mare Eze Village, di cui avevo già capito allora che era un villaggio ricostruito. La parte di Val Roia transalpina, nella quale scorsi la vecchia ferrovia Ventimiglia-Cuneo ancora in disarmo con i suoi arditi ponti crollati, con i binari interrotti, con una malconcia segnaletica d'anteguerra. Due o tre cose sulla Valle delle Meraviglie, invece, le scriverò in prosieguo.

Ho partecipato, più per ate in compagnia di amici dell'epoca che altro, a due vendemmie a Les Arcs, nel 1968 e nel 1969. Per l'esattezza a Les Arcs-sur-Argens, dipartimento del Var. 
Poco lontano dall'uscita di quello svincolo autostradale il mio illustre ospite nella tarda primavera del 1983 mi indicò il ristorante dove fermarci prima di ripartire per Marsiglia. Intuivo vagamente che per lui si trattava di una fermata in una sorta di rivisitazione di luoghi ben noti. Rammento di avere in quell'occasione degustato un prelibato prosciutto d'anatra. Lo scrivo come nota di costume. Rammento di più che anche a quella tavola (in quel momento forse aveva ragione lui!), come del resto per quel viaggio e per la nostra transitoria frequentazione, quel personaggio divagò sempre rispetto alle mie domande circa la sua attività politica clandestina in loco durante la guerra, descritte in un vecchio libro ormai introvabile se non in qualche biblioteca pubblica. Di recente Rodolfo, che per motivi professionali aveva avuto una ben forte consuetudine con quell'uomo, mi ha detto che quelle specifiche confidenze erano state negate pure a lui.

Torno brevemente a quelle due esperienze di vendemmia. Dal treno, ammirai l'incanto delle rocce rosse sul mare (come feci, del resto, quando andai a Parigi). In talune pause guidai, autorizzato, per divertimento il trattore solo usando la frizione: procurai giusto danni lievissimi alle vigne! Una domenica (nella banda c'erano una o due auto di ventimigliesi arrivati dopo e ripartiti prima) ci recammo tutti o quasi a Saint-Tropez. La strada in collina non finiva mai. Probabilmente si trattava dell'altura dei Mori (Les Maures). Quella - credo - che chiude l'orizzonte, nelle belle giornate, dall'Italia. 

Tanti, tanti anni dopo mi intestardii a capire dove sia di preciso quella che da lontano, cioè da qui in Riviera, sembra una gobba di dromedario. Nella vulgata popolare, del cammello. Secondo me Les Maures, per l'appunto. Mi capitò di andare a Frejus e rompere le scatole su quella ricerca per tutto il tragitto a chi mi stava dando quel passaggio. E di chiedere per un certo lasso inutilmente a regatanti nostrani. Fatta una volta di più quell'ipotesi guardando le cartine, me la vidi, infine, confermare da un velista rinsavito, ma non sono ancora del tutto sicuro di questo responso...
 
Adriano Maini