martedì 23 gennaio 2024

Un'altra spedizione via mare che si concluse positivamente a Montecarlo


Oggi una parte dell'area è occupata da Giardini Pubblici con la dotazione di giochi per bambini, ma per diversi mesi del 1944 in quell'angolo di Vallecrosia fu in triste funzione un campo di transito per ebrei e prigionieri politici, come ricordano una piccola targa ed una stele: contrappasso della storia.


C'è una casa a Marina San Giuseppe di Ventimiglia dove morì per un colpo di grazia procurato dalla pistola di un marinaio tedesco per ordine di un suo superiore il capitano Gino Punzi, già agonizzante per un fendente di ascia infertogli nella notte tra il 4 ed il 5 gennaio 1945 da un pescatore contrabbandiere rivelatosi un traditore. Punzi, quale agente dell'Oss statunitense, si trovava in quell'abitazione in attesa dell'inquilino, un altro pescatore contrabbandiere, che collaborava attivamente nella tessitura di una rete antifascista con gli alleati, ma che, tornato in ritardo, venne catturato dai nazisti insieme ad un compagno di avventura - mentre un altro sodale veniva nell'occasione falcidiato - entrando così in un vortice di drammatiche vicende.



C'è una località a Camporosso Mare dove in tempi normali abitava Alberto "Nino" Biancheri, che da casa sua passò poco prima di Natale del 1944 per dare il suo contributo alla missione Bentley e per l'ultima volta nella notte tra il 6 e il 7 gennaio 1945 con alcuni compagni - per lo più del Gruppo Sbarchi Vallecrosia - dell'avventura che si doveva concludere con l'arrivo tra i partigiani della I^ Zona Liguria del mentovato ufficiale britannico di collegamento, ma che vide tra gli ulteriori epiloghi anche la morte di "Nino".


A fianco del macello in riva al mare a Vallecrosia c'era la postazione di una squadra di bersaglieri della Repubblica Sociale, comandati dal sergente Bertelli, bersaglieri che aiutarono le operazioni clandestine dei partigiani del Gruppo Sbarchi.


C'è una casa a Vallecrosia, un po' decentrata rispetto alla strada - che non è la principale - ma una casa pur sempre visibile. La madre del sapista Achille Lamberti a metà marzo 1945 aveva appeso sulla terrazza ad asciugare i cappotti dei due ufficiali inglesi, che da più di un anno si aggiravano - aiutati soprattutto da Beppe Porcheddu - clandestini in zona e che erano caduti in mare a causa dell'avaria (per loro non era la prima volta!) della barca che, condotta da partigiani del Gruppo Sbarchi, doveva portarli tra le linee alleate: un vicino avvisò il figlio della signora, che rimediò prontamente al pericolo incombente e che pochi giorni dopo guidò un'altra spedizione via mare che si concluse positivamente a Montecarlo, sbarcando anche altri tre militari alleati.


C'è una casa non lontana dalla stazione ferroviaria di Bordighera, affacciata sulla via che porta adesso il loro nome, che è della famiglia dei fratelli Biancheri, Ettore e Nino, che per primi avvicinarono ai resistenti locali i bersaglieri del sergente Bertelli, i quali, traditi da più persone, incapparono in un rastrellamento che portò alla loro fucilazione nei pressi di Forte San Paolo di Ventimiglia il 21 marzo 1945.


C'è una casa a Vallecrosia, quasi al confine con Bordighera e con la zona Rattaconigli, sulla cui spiaggia minata a volte rientravano dalle missioni i partigiani del Gruppo Sbarchi guidati da "Gireu" Marcenaro, il quale era sceso una volta per tutte dalla montagna, ma da dove in precedenza si era avvicinato di sicuro alla costa almeno una volta per appurare se il fratello minore Sergio, tredicenne, se la sentiva - come in effetti avvenne - di fare la staffetta: verso la fine della guerra Vallecrosia era poco presidiata dai nazifascisti per cui, dopo che le brigate nere erano già passate da quell'abitazione a strapazzare genitori e fratelli, "Gireu" talvolta la usava per ulteriori abboccamenti clandestini.

Adriano Maini

giovedì 4 gennaio 2024

Francesco Biamonti svolse la sua relazione in un'afosa serra a mezza collina in Ospedaletti

Ospedaletti (IM)

La sede del Partito comunista ad Imperia era in Via Repubblica quando segretario provinciale della F.G.C.I., la Federazione Giovanile Comunista, era Lorenzo Muratore. Lorenzo Trucchi ha ben vivo il ricordo di quando, nei primi anni Sessanta, da Ventimiglia si misero in auto, una scassata utilitaria, per una assemblea che si svolgeva nel capoluogo lui, l'altro Lorenzo, Angelo Oliva ed un quarto giovanotto, che fece poi carriera a Roma, allontanandosi forse dalla politica, ma rimanendo sempre in contatto con Giorgio Loreti.
Erano tutti - i ragazzi cui sin qui si è accennato - amici di Francesco Biamonti, che non era ancora lo scrittore oggi ben noto, anche se qualche suo breve scritto era già apparso. Così come era avvenuto per Angelo Oliva, il quale subito dopo si sarebbe cimentato in ben altro genere di carte e di esperienze, ma di cui - sottolineatura di quanto si è appena detto - è stato di recente pubblicato a cura dell'Unione Culturale di Bordighera il racconto "Una grossa porcheria" in un opuscolo corredato da affettuose memorie di persone che lo avevano conosciuto bene.
Il viaggio citato probabilmente coincise con il congresso in cui venne eletto segretario provinciale della F.G.C.I. Mauro Torelli, futuro segretario provinciale del PCI e deputato, che nel suo libro di memorie politiche avrebbe dedicato righe intense non solo ai compagni di partito Trucchi (il curriculum di questo Lorenzo vede in ordine di tempo le cariche di segretario della Camera del Lavoro di Ventimiglia, segretario provinciale della C.G.I.L., consigliere regionale) e Muratore (assente o quasi, stranamente, Angelo Oliva, ma il ruolo "agli esteri" di quest'ultimo lo tenne sempre per i rapporti ufficiali lontano da questa Riviera), ma anche - per gli impegni culturali e sociali degli anni Sessanta - ai socialisti Loreti e Biamonti.
Giorgio Loreti era attivamente impegnato nell'Unione Culturale Democratica di Bordighera, ma anche, in Sanremo nella Federazione Giovanile del PSI, con altri giovani, tutti incoraggiati da Adolfo Siffredi, patriota antifascista (Fifo), che era stato il primo sindaco di Sanremo alla Liberazione. Loreti era molto preso in particolare dal redigere bollettini di informazione, tutti rigorosamente stampati a ciclostile, così da poter anche stampare in un'occasione i complimenti e le esortazioni a proseguire sulla strada imboccata, ricevuti dall'ex comandante partigiano Vitò.
Francesco Biamonti fu brevemente segretario provinciale del Partito socialista, quando la sede del PSI era in via Foce ad Imperia. Il suo discorso di commiato dalla carica venne sviluppato in un congresso che si tenne in un'afosa serra a mezza collina in Ospedaletti: fece un discorso dall'ampio respiro, molto colto, pressoché inusuale per gli astanti, cui minimamente poté competere per qualità quello di un insegnante di musica di Pieve di Teco.
Poco prima, allo svolta degli anni Sessanta, giovani democristiani di Ventimiglia, tutti universitari, si attrezzavano per le loro carriere professionali e politiche a venire in... feste danzanti - a capodanno indossando in genere berretti da goliardi -, intrattenimenti vari, pranzi e cene da post-sciate, escursioni in campagna, cacce al tesoro e così via, non disdegnando di accompagnarsi a veri figli e figlie del popolo.  
Alla svolta successiva, quella degli anni Settanta, usciva da una tipografia un periodico progressista, alla cui redazione partecipava almeno un dirigente locale democristiano, un altro amico di Francesco Biamonti, lo stesso che a gennaio 1973 insieme al Presidente Provinciale ACLI - anche questi abitante nella città di confine - si sarebbe dato molto da fare - insieme ad attivisti comunisti, socialisti ed indipendenti - per la buona riuscita della Marcia per la Pace in Vietnam, da Ventimiglia a Bordighera. Quella pubblicazione portava il nome di "La Goccia" e vedeva tra i suoi redattori anche il parroco di Airole: forse, risentiva di un clima particolare, contrassegnato anche un po' prima dalla presenza attiva tra Ventimiglia e Vallecrosia di preti e diaconi, nonché di una sorta di missionari laici, tutti impegnati nel sociale e tutti (o quasi) venuti da fuori, a titolo di paradigma chi dalla Lombardia, chi dalla Toscana, dei quali pochi ricordano qualcosa, se non una certa definizione riferita ad alcuni di loro, non si sa più se amichevole o irriverente, di "preti comunisti".
Adriano Maini