venerdì 4 ottobre 2024

Spigolature

Dolcedo (IM)

Le persone che nel ponente ligure assistevano negli anni Cinquanta al passaggio dei carrozzoni di famosi circhi, ma in particolare degli elefanti, probabilmente nulla sapevano di Grock anche se questo grande artista da tempo aveva fatto erigere ad Imperia una villa oggi praticamente monumento nazionale.

Sanremo vuol dire anche Casinò: non è dato sapere oggi, ma sul finire degli anni Sessanta quel sito così riservato era in talune occasioni aperto per una qualche sorta di festa goliardica - una balera "una tantum"? - cui per accedere forse era sufficiente essere giovani, molto giovani, non soltanto universitari con tanto di libretto.

Sul finire degli anni Ottanta rappresentanti dell'Associazione - delle Alpi Marittime - delle piccole imprese del settore costruzioni, CAPEB, in missione esplorativa presso omologhi italiani di Sanremo si sentivano in dovere di raccontare che ad Antibes, se con degli scavi venivano rinvenuti resti dell'antichissima città fondata dai coloni greci, ci si affrettava a ricoprire il tutto.

Nel 2007 a Nizza in un bar sulla Promenade, al buffet "in piedi" preparato dopo un Convegno svolto nell'attiguo Albergo Negresco, un noto senatore, seduto comodo ed attorniato da alcune tardone, veniva servito con insolita solerzia da altro robusto partecipante, futuro presidente di associazione di imprese della provincia di Imperia, desideroso di carpire chissà quali segreti di affari immobiliari della Costa Azzurra. Quasi ad ogni passaggio di quel giovanotto, tuttavia, un buontempone della sua vera compagnia, senza mai alzarsi dal tavolo dove era in corso una fitta conversazione, riusciva a carpirgli un piatto di portata per sé e per gli altri.

Una prova sintomatica di Web agli albori venne condotta - ultimo quarto degli anni Novanta - a Dolcedo (IM), un bel paese in Val Prino: in buona sostanza con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale la presentazione in pubblico (abbastanza folto, per essere agli esordi del mezzo e in un piccolo centro) di pagine, anche interattive, di informazione su determinate politiche praticate dalla Commissione Europea di sviluppo economico, segnatamente sul turismo, il tutto ideato e curato da un consulente decisamente appassionato.
Occorre aggiungere che il sito che ospitava quel lavoro era di una signora, il cui marito è attualmente un autorevole funzionario pubblico e che i giovani coniugi, esperti in materia, che fecero allora i più precisi collegamenti ed i più forti coinvolgimenti tra gli attori in causa, sono professionisti sempre più affermati nel mentovato campo. Smpatici, tutti, insomma: quella serata nel suo complesso ed i vari animatori della medesima.

Adriano Maini

mercoledì 25 settembre 2024

Bernardine

Bordighera (IM): lo stato attuale del vecchio accesso a regione Cabane

In Via Arene a Ventimiglia una nonna canticchiava al nipotino qualche strofa di una canzone abbastanza recente, lanciata da Nilla Pizi, "Papaveri e papere", insistendo con particolare accentuazione sulla "parola "piccolino": al che il bimbo - del resto, già allora di discreta statura - stizzito, pestando i piedi per terra, reagiva, non essendo ancora dotato di senso dell'umorismo, ancora meno di quello dell'autoironia, opponendosi a suo modo a quella scherzosa ed affettuosa allusione.

In un appartamento situato non lungi dalla Bigarella di Bordighera, non appena si diffuse dalla radio quella ballata in quella lingua inglese che non capivano, zia e nipote, distogliendosi all'unisono dalle rispettive occupazioni, ammiccando l'un l'altra, ridendo, si affibbiarono ripetutamente il titolo di quella composizione, "Bernardine", del resto reiterato in diversi passaggi, come se fosse un buffo, ma amichevole nomignolo da attribuirsi reciprocamente. Il più giovane dei due qualche anno dopo divenne, per ironia della sorte, un discreto ammiratore del cantante di quella melodia, un certo Pat Boone.
Doveva essere il 1958, quando un po' dappertutto si canticchiava o si fischiettava "Nel blu dipinto di blu", quasi un'attesa di sentire urlare in tanti angoli "Mi sono innamorato di Marina" di Rocco Granata, che come vinile doveva ancora essere stampato: due veri tormentoni dell'epoca.
Sempre in quella stagione, ma in regione Cabane di Bordighera, due scolari in vacanza si riposavano, dopo tanti giochi, in casa di uno dei due, anche ascoltando dischi a 75 giri con le famose etichette con il disegno del cane intento a sentire il suono di un grammofono, ma era un ripiego di cui oggi non ricordano più nulla, assorbiti come furono allora da piccoli lavori agricoli, da bagni fatti all'insaputa dei grandi (non sapevano ancora nuotare!) nella grande vasca di raccolta dell'acqua piovana di quella campagna, dalla lettura di fumetti che si intitolavano ancora "Nembo Kid" e da altre amenità del genere.

A marzo 1959 gli alunni delle elementari (di diversi plessi, anche se in maggioranza della sede di Via Vittorio Veneto) selezionati per partecipare alla tappa di Ventimiglia di Radio Squadra alla fine della trasmissione cantarono in coro almeno la parte iniziale della "Leggenda Ventimigliese", "Gh’eira ina vota ina figlia d’in Re / che mai a nu’ l’ava riüu ni’ cantau...", ma ancora oggi nessuno ricorda se si fossero mai fatte delle prove collettive per quel cimento.

Verso la fine del 1963 un ragazzotto comunicò entusiasta in Nervia di Ventimiglia a qualche suo coetaneo la sua scoperta di avere sentito per radio (sempre questo benedetto apparecchio!) in un programma inglese certi sconosciuti "The Beatles" dei quali andava esaltando la bravura. Tra gli ascoltatori c'era chi si era lì per lì dimenticato di avere ascoltato qualche mese prima in casa di un amico tedesco, appena arrivato dalla Germania, il disco di Tony Sheridan accompagnato dai Beatles (ma forse The Beat Brothers) contenente "My Bonnie" e "Ya Ya": brutti scherzi della memoria, ma mai come quelli giocati al figlio delle terre teutoniche perché ancora qualche tempo fa non sapeva di essere detentore di quel pezzo forse più unico che raro.

Adriano Maini

lunedì 16 settembre 2024

Ancora Nervia


Nervia di Ventimiglia, ingresso di levante della città, prima del cavalcavia, incrocio della strada provinciale che si inoltra oltre Pigna, punto di passaggio per molte persone obbligato, per ciò stesso, forse, luogo non molto ricordato per le sue vicende di maggiore cultura popolare.
Interessata dalla Storia - ad esempio, è d'uopo rammentare la città romana, sita, invero, per un po' più a ponente della zona qui indicata, ma con resti in loco; il castello, il monastero e le torri medievali; gli opposti trinceramenti durante la guerra di successione austriaca; il terribile bombardamento aereo del 10 dicembre 1943 (ma anche altri) - questa parte di Nervia è stata a lungo interessata da intensi momenti di minute, ma significative relazioni sociali: a titolo indicativo si sottolineano la costruzione di carri, prima ed ancor dopo il secondo conflitto, per la Battaglia di Fiori di Ventimiglia, aspetto di attrazione anche per chi non del posto; una maggiore presenza di ferrovieri, magari solo di passaggio, indotta dalla presenza del deposito locomotori; la banalità - tale, probabilmente, oggi - degli spostamenti in corriera di tante persone che a Nervia cambiavano il mezzo e nelle attese facevano conoscenze ed amicizie; l'attrattiva, scaglionata nel tempo, di due esercizi pubblici molto frequentati.
Una sorta di grande piazza, insomma.
Oggi rimangono a questa Nervia negozi, non tutti di prima necessità, e traffico.

Adriano Maini

martedì 10 settembre 2024

Succedeva tra Ventimiglia e Nizza...


A Ventimiglia c'era un dancing dove negli anni '50 era d'obbligo entrare eleganti (ma un po' di tempo dopo le cronache popolari lo indicavano già quale sede elettiva - causa l'ampio spazio disponibile, ivi compreso un tavolo da biliardo - di diversi studenti delle superiori che marinavano la scuola).
Un giovanotto ventimigliese, cliente abituale del citato locale, ebbe l'onore di ballare con Kim Novak; non si è mai detto dove; forse a "Il Pirata" di Roquebrune Cap-Martin, frequentato, come riportato dai soliti rotocalchi, anche da divi hollywoodiani, tra i quali spesso si infiltravano dei "pappagalli" nostrani", ma anche visitato per esigenze professionali da Dario, un valente fotografo di Bordighera, i cui specifici scatti dovrebbero essere oggi nell'Archivio Alinari di Firenze. (De "Il Pirata" si indica qui sopra con un'immagine la zona). Puntuale, compariva ad un certo punto su noto social media la fotografia che attestava l'episodio danzante.
Così come non si possono dimenticare scene di vita mondana nella vicina Costa Azzurra con partecipazione "straordinaria" di cittadini del Ponente Ligure.


Quando (ancora circa alla metà degli anni Settanta) per andare dalla Liguria in Costa Azzurra si doveva uscire dall'autostrada a La Turbie, una delle strade percorribili per arrivare alla Moyenne Corniche finiva - come tuttora finisce - all'incrocio della foto, un punto all'epoca molto funestato da incidenti. Verso Nizza un raddoppio della Moyenne effettuato da pochi anni la faceva - la fa tuttora - passare tra alcuni piccoli canyon artificiali.


Negli anni Settanta sulla collina del Castello a Nizza erano grandiose e molto affollate le feste estive del Partito comunista francese (Pcf): singolare il caso dello standista di origine italiana, un idraulico che per l'occasione adattava il suo furgoncino a rosticceria di salsicce...



Chissà se ancora adesso entrando in La Turbie ci sono automobilisti che si fermano a guardare dall'alto le prove, se non le gare stesse del Gran Premio di automobilismo di Monaco Principato?

Adriano Maini

martedì 3 settembre 2024

Risvolti di guerre


Alla svolta degli anni '60 guardava in tribuna, nel vecchio campo di Piazza d'Armi a Camporosso, una partita (di calcio, serie Dilettanti o giù di lì) in casa della Ventimigliese un signore ormai anziano, alto, robusto e dalla voce tonante, all'epoca forse ancora "procaccia" di Poste Italiane.
Gli si avvicinò un autista in livrea che gli disse che il suo titolare, assiso in autovettura, avrebbe desiderato parlargli: al che l'omone rispose che prima avrebbe guardato finire la gara.
Fu grande il suo stupore di ritrovare infine ad attenderlo pazientemente l'ufficiale, al quale aveva salvato la vita durante la Grande Guerra, ancor di più nel riscontrare che era ormai un famoso magnate italiano dell'industria. Il personaggio in questione intendeva ringraziare ancora l'antico subordinato.
E quell'avvistamento a distanza forse sarà stato possibile per via di quel vecchio muro basso, solo sormontato da un'alta rete per trattenere le pallonate... Anche se, invero, l'anonimo cronista della vicenda non ha tramandato se per caso il beneficato non avesse effettuato preventive ricerche da cui aveva evinto dove potesse quel giorno rinvenire il suo vecchio angelo custode...

Al contrario, sono ben tristi, a fare pochi esempi, altri aspetti del conflitto 1915-'18, quali le vicende di bambini sloveni trattenuti sulle linee del fronte dell'Isonzo al pari di donne ed anziani, feroce anticipo italiano delle persecuzioni e dei campi di concentramento, per non dire di sterminio, loro riservati vent'anni dopo, durante la seconda guerra mondiale. Bambini in allora obbligati a sentire le grida di agonia dei feriti italiani gravi, abbandonati tra i reticolati delle trincee. Anziani autoctoni considerati spie e trattati di conseguenza, salvati solo all'ultimo minuto dall'esecuzione. Stupri o tentativi di stupro a danno di ragazze di quei villaggi.

Da queste parti, in Riviera, affiorano qua e là ancora i ricordi dei civili in dura lotta per la sopravvivenza ai tempi degli ultimi eventi bellici. Anche bambine a spingere carrette su e giù per il Col di Nava alla ricerca di farina nelle piccole valli piemontesi in cambio di olio e cercando di evitare i feroci controlli tedeschi.

Di quell'atroce periodo può anche destare curiosità partecipe non solo la vita dei "borghesi", ma pure quella dei militari in libera uscita, quali quelli che si colgono nelle scene girate dal vivo ad Ancona per il film "Ossessione" di Visconti, realizzato fortunosamente: una pellicola ancora più fortunosamente salvatasi dalle ire dei censori repubblichini di Salò. E per associazione di idee non si potrebbe non pensare a tanti similari dettagli di "Estate violenta" di Florestano Vancini.

Adriano Maini

mercoledì 21 agosto 2024

Man mano che si faceva notte


Una luna color rame, appena fatto capolino, sembrava contemplare la Chiesa di Terrasanta di Bordighera.
Non era molto illuminato il Lungomare Argentina e poche erano anche le luci in mare, quelle di pescherecci quasi dispersi in tanta vastità di acqua, ma per alcuni brevi attimi sopra una di quelle piccole imbarcazioni il fulgore di un aereo in avvicinamento sembrava disegnare un tassello di una di quelle mappe che tanto intrigano gli astronomi.
Più a ponente i bagliori della Costa Azzurra non impedivano di cogliere i raggi dei fari, lanterne dimenticate che in quest'epoca di travolgente tecnologia non fanno più appassionare turisti ed abitanti di questi luoghi, nè tantomeno li sollecitano a tentare di individuarne l'esatta ubicazione.
In quella stessa direzione occidentale la Passeggiata di notte rifulge quasi a giorno.
Avvicinandosi la mezzanotte Selene, ora quasi nivea nuvola, apparendo più a sud, pennellava di riflesso il Tirreno, ridestando ricordi di descrizioni manzoniane del Lago di Como.
 


Non è ancora, tuttavia, questo il periodo di splendidi tramonti né di magiche visioni della mitica Corsica sulla linea dell'orizzonte.

Adriano Maini

martedì 13 agosto 2024

I partigiani gli avevano sequestrato dei beni

Isolabona (IM): uno scorcio del paese

Aveva un'amante piemontese il gerarchetto fascista che denunciava due camerati che all'indomani della caduta del fascismo avevano esultato in piazza ad Imperia e la coinvolse ben bene nelle sue mene, al punto da indurla al 25 aprile 1945 a fuggire nella colonna dei miliziani neri profughi in cui si trovava anche Maria Zucco, "la donna velata" di famigerata memoria, una presenza particolarmente inquitante per una giovane sballottata da eventi più grandi lei e che che aspirava solo a rientrare dalle sue parti.

L'uomo faceva il gioielliere in Via Stazione a Ventimiglia, ma era anche un agente segreto dell'U.P.I. della Repubblica di Salò. Ce ne erano diversi in provincia di Imperia di tali spioni, a quanto pare, perché la sigla assegnata il 17 febbraio 1944 al nostro conteneva il numero 38. Documenti concernenti i pesanti addebiti a suo carico vennero inviati in forma anonima alle autorità di epurazione. Curiosamente, risulta che durante il conflitto dai partigiani gli erano stati sequestrati dei beni in quel di Pigna. Il cognome è lo stesso di valenti operatori economici della zona intemelia, probi cittadini, ma allo stato non è possibile accertare se sussiste parentela. In ogni caso, la salma risulta sepolta nel cimitero di Valle Armea a Sanremo.

Si firmava, per i dovuti canoni della clandestinità, con il nome di Andrea il comandante partigiano - tale sembra dal suo scritto, conservato presso la Fondazione Gramsci - che ai primi del 1945 inviava una lunga relazione ad un esponente di Giustizia e Libertà a Milano, anche questi avvolto dall'anonimato. Sviluppava con toni retorici di stampo ottocentesco un'analisi documentata delle azioni garibaldine nel ponente ligure, in particolare nella zona di confine con la Francia, ma aggiungeva che si sentiva a quella data più a suo agio, a fianco com'era di Vitò, perché con la morte dei comandanti comunisti partigiani Marco e Cion anche il capo della Zona Operativa, anch'egli comunista, il Curto, ci sarebbero state meno iniziative avventate. Non si capisce quanta malafede avesse quest'uomo, visto che verso il momento della Liberazione l'unica operazione che si potrebbe definire avventata fu quella dell'attacco a Baiardo del 10 marzo 1945, ma suggerita con energia dall'ufficiale alleato di collegamento, il britannico Robert Bentley. Sarebbe, inoltre, interessante riuscire a svelare l'identità di questo singolare corrispondente, che forse ha provato a mascherarsi per i posteri collocandosi sulla scena in terza persona: lo svelamento di questo enigma è quasi dietro l'angolo, ma darebbe un brutto colpo all'aura di un protagonista della Resistenza imperiese.

Ha un nome il maresciallo delle Brigate Nere che partecipò attivamente ai rastrellamenti - condotti dai tedeschi - di Castelvittorio, Pigna, Buggio, Isolabona, culminati con la fucilazione di otto partigiani ad Isolabona il 2 marzo 1945 e di quattordici partigiani a Latte di Ventimiglia il 20 (forse il 19) marzo 1945, ma che comportarono altre uccisioni. Alle torture efferate praticate su vasta scala partecipò anche questa camicia nera, che aggiunse ignominia ad ignominia trasmettendo i baci del figlio patriota ad una madre, lasciandole intendere che era ancora vivo quando invece era già stato giustiziato.

Adriano Maini

lunedì 5 agosto 2024

Treni... ancora!

Olivetta San Michele (IM): uno scorcio della stazione ferroviaria in Frazione San Michele (Val Roia)

Per tanti anni (quelli Cinquanta, a farla breve!) nella parte di sinistra del lungo ed ampio trasversale corridoio di accesso ai binari della Stazione Centrale di Milano fece bella mostra di sé un modello molto grande della nave Andrea Doria. Una grande gioia soprattutto per i bambini! E questo ancora per qualche tempo ancora dopo la tragedia dell'affondamento del superbo transatlantico.

All'epoca a Ventimiglia i treni francesi arrivavano ancora trainati da vere e proprie vaporiere. Qualche convoglio più corto aveva, invece, un locomotore a diesel. L'elettrificazione dalla parte di confine era ancora di là a venire: un'elettrificazione che anche oggi crea talora problemi tecnici per la diversità di tensione adottata dalle due competenti società.

A Milano il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci presenta spezzoni di navi, se non navi intere, un sottomarino, aerei da combattimento, e tanto altro ancora, ma un vero incanto è dato dai treni, specie quelli allocati su binari.

Con mezzi semoventi speciali spesso vagoni merci veniva portati dalla stazione di Ventimiglia alle sedi dei committenti: in anni lontani questi avvenimenti, organizzati dalla ditta specializzata di uno spedizioniere doganale, erano uno spettacolo! È un vero peccato che le poche fotografie di questi avvenimenti rimangano rigorosamente private!

Le grandi spese pubbliche affrontate alla fine degli anni Settanta per il ripristino della strada ferrata Ventimiglia-Cuneo - che corre in gran parte nella Val Roia francese - consentono ai viaggiatori l'ammirazione di scorci panoramici superbi, senonché di tanto in tanto vengono annullate fermate nella tratta italiana.

Ci sono fotografie di treni di passaggio che non possono essere scattate se non in posti esclusivi, neppure in oggi accessibili al meglio a droni, per cui vederne pubblicata una su di un noto quotidiano - senza citazione della fonte - non può fare pensare ad altro che ad una indelicata scopiazzatura.

Adriano Maini

Quella casa in pietra che non c'è più!




Sino a pochi anni si presentava in Bordighera, in Via Genova - una traversa di Via Pasteur - una casa in pietra che aveva una sua dignità. Voci di popolo dicono che il proprietario avrebbe voluta mantenerla nello stato vigente. Senonché l'amministrazione comunale - con gli adempimenti del caso (si suppone!) - procedette alla demolizione del vetusto edificio per realizzare un marciapiedi. Opera molto utile, quest'ultima. Si dà il caso, però, che esisteva già dietro lo spiazzo risultante dall'abbattimento un comodo passaggio pedonale. Forse si è pensato che quest'ultimo da un lato fosse meglio lasciarlo in uso agli abitanti del piccolo rione e che dall'altro risultasse impopolare costringere i passanti a compiere, ancorché indicata da acconcia segnaletica, un piccolo aggiramento dell'ostacolo che constasse di qualche decina di metri...

Adriano Maini 

lunedì 29 luglio 2024

E "intrepido" introdusse il personaggio di Junior


Qualche anno fa Nello Pozzati vide che su un mio blog avevo scritto di quel vecchio fumetto, “intrepido”: mi mandò allora qualche immagine (qui la copertina del numero 15 dell’11 aprile 1961) da copie di quel giornalino. Insomma, rinverdii, di fatto, anche a lui, sopite passioni dell’infanzia. Mi corresse anche - nella email di accompagnamento - le date di sparizione dei mitici personaggi di quando eravamo bambini. 


Aggiungo anche la copertina di “intrepido” del 10 ottobre 1963. 


E l’inizio della puntata di “Buffalo Bill” su “intrepido” di quell’ottobre 1963. C’era ancora “Chiomadoro”, su quel giornalino, dove non rinvengo più a quella data, però, “Liberty Kid” e “Roland Eagle”, altri due eponimi. Sul termine anticipato delle avventure de “Il cavaliere ideale” sussiste tra i miei interlocutori, invece, pacifico consenso: avvenne molto prima di questo numero. 


Sempre nel 1963 é già presente su “intrepido” un nuovo protagonista, Junior, sulla cui figura ho anche ricevuto direttamente per email un nostalgico ritratto compiuto da un suo lettore d’antan. Così come, sempre sul tema “intrepido”, mi sono pervenuti nel tempo tanti commenti. Mi ero ripromesso di pubblicarli…

Adriano Maini

Radio Squadra...

Ventimiglia (IM): il Municipio

Dopo anni di domande senza risposte ho trovato qualche persona che si ricordava - poco e male - di "Radio Squadra" (un programma della RAI) presente a Ventimiglia a marzo 1959 con una diretta imperniata su domande di carattere storico locale rivolte ad alunni degli ultimi anni delle scuole elementari.
C'è chi passava (era già un adulto) davanti al Municipio, dove si svolgeva l'evento, e vide l'affollamento, indotto dall'ascolto mediante gli altoparlanti rivolti alla piazza.
Chi si è ricordato che in famiglia quella diretta l'aveva ascoltata dalla radio di casa.
Chi ha rinvenuto fotografie - di gruppo o parziali - ma non sa aggiungere altro.
Chi ha rammentato un avvenimento similare, più contenuto di quello di Ventimiglia, svolto in Camporosso (il giorno prima o il giorno dopo?).
Mi è stato anche detto che nel corso di una rievocazione televisiva dedicata al compianto Renato Taliani, già nerbo di Radio Squadra, è stata mostrata anche una fotografia di quella piazza di Ventimiglia fatta in quella circostanza.
Mi è stato ripetuto di fare ricerche nelle teche della RAI: come se fosse facile!
Sul Web ho trovato manifestazioni similari a quella qui accennata: lo schema si ripeteva sempre uguale. 


In ogni caso "Radio Squadra" ha rappresentato un'iniziativa che andò oltre la sperimentazione e l'intento di promuovere in forme inusuali, andando direttamente sul territorio, abbonamenti alla radio (la radio; non ancora la televisione!).
Io, comunque, quella volta a Ventimiglia c'ero...

Adriano Maini

giovedì 25 luglio 2024

Costa Azzurra e ... dintorni: memorie minime e nient'affatto serie



Questa volta trovo l'irresistibile impulso a ripetermi. Riprendo cose già scritte e ne trascuro altre, inedite. Mi va così. Ma mi fermo molto indietro nel tempo. Con qualche domanda retorica iniziale. Parto dai soliti platani? Dai profumi di Grasse? Che devo aver odorato in loco quando avevo cinque anni? A dire il vero, non riesco a ricordarli: ho più nella memoria, anzi, quasi nel naso, le fragranze delle vecchie distillerie di Bordighera e del Prino di Imperia. Il cioccolato, allora. Quello nero, fondente, ottimo, dalla marca che non vado a declinare, anche se non c’é più. Si trovava solo nei negozi di là dalla frontiera. Fantastico per fare le castagnole, il dolce tipico di Ventimiglia. Almeno, lo usava la nostra vicina di casa di Nervia e castagnole così buone non ne ho più mangiate. Neanche adesso che la leccornia ha il marchio di origine comunale. Vatti a fidare dell’ufficialità! Certo che, a quei tempi, che tre tavolette o giù di lì facessero già contrabbando! Come le banane. Pure quelle piccole, del Senegal: mai più viste! Gite scolastiche e non. La Valle Roja nella parte francese. Fuori mano? Va bene, ma ditelo ai francesi, che te la segnalano già da Cannes. La vecchia ferrovia Ventimiglia-Cuneo ancora in disarmo: ponti crollati, binari interrotti, malconcia segnaletica d’anteguerra. La Valle delle Meraviglie per salire a Monte Bego. Il primo laghetto. Pic-nic. Filmino, se c’é ancora. Non pervenuto se riversato in dvd. E, dall’altra parte, verso il mare, l’Acquario di Monaco: sì, però, l’ho guardato bene tanti anni dopo. E Monaco é Costa Azzurra? Sì, mi pare si dica di sì. Il Trofeo d’Augusto a La Turbie. Eze Village, il nido d’aquila de la Côte: giusto, ma che era tutto ricostruito l’ho capito già allora, da ragazzino. A Nizza, ancora, il monumento a Garibaldi. In quella piazza soprattutto la farinata. Socca, come la chiamano sul posto. Sospel. Bella cittadina! Se si accantona per un momento la memoria della feroce strage nazista. Sospel bella come la sottostante parte alta della Val Bevera. Il Festival del Cinema a Cannes, l’anno della contestazione generale. Città vuota, cartelloni sì. Perché mi sovviene quello di “Grazie, zia”? Lisa Gastoni callipigia nature? Subito dopo, due vendemmie a Les Arcs-sur-Argens, dipartimento del Var. Dal treno, l’incanto delle rocce rosse sul mare. Sul posto guidare, autorizzato, per divertimento il trattore solo usando la frizione: danni lievissimi alle vigne! Una domenica (nella banda c’erano una o due auto di ventimigliesi arrivati dopo e ripartiti prima) tutti o quasi a Saint-Tropez. La strada in collina non finiva mai. Saltare qualche intermezzo. Ancora due gite in pullman. Vence o Saint Paul de Vence? Sono vicine. Museo d’arte moderna. Tabula rasa. E non faccio ricerche su Internet o altrove. Sempre la mia testa nelle nuvole. Però, Grasse, sì. Ma per cosa? Per la fermata di una corriera di gitanti a Nizza. Perché quel mercato dei fiori di “Caccia al ladro” c’era ancora. Dove Cary Grant finisce tra le ceste. Ed assaporare “54” dei Wu Ming che ricostruiscono quel parziale backstage.

Adriano Maini

domenica 21 luglio 2024

Nico Orengo si complimentò anni fa con Arturo Viale

Una vista da Zona Ville di Ventimiglia (IM): a destra uno scorcio della Piana di Latte; al centro Punta Mortola; in fondo uno scorcio di Francia

Arturo Viale ha infine localizzato il terreno in cui venne introdotta - come racconta nel suo "Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio" (Edizioni Zem, 2022) - "a Latte, frazione di Ventimiglia, la coltivazione industriale dei fiori, producendo rose e garofani".
Spetta in modo evidente a lui rendere noto in dettaglio tale aspetto, eventualmente con un suo nuovo libro.

Nico Orengo si complimentò anni fa con Arturo Viale per il suo "Mezz'agosto" (del 1994). Nel biglietto di congratulazioni lo scrittore si soffermò sulla "giuggiola dai Tremayne. Non ho più trovato quell’albero. Ce n’è ancora uno a Latte, all’inizio della via Romana, prima del cavalcavia. Caro Viale, il suo raccontare mi ha tenuto una affettuosa e sincera compagnia per una sera, tempo fa. Ma il ricordo è ancora vivo, le parole hanno ancora alone".
Si dà il caso che la citata pianta della Via Romana oggi non sia più visibile, perché attorniata da tanti altri alberi, ma quasi in compenso ci sono diverse piccole - larghe ciascuna più o meno un palmo - giuggiole sulla vecchia arteria, spuntate ai piedi del muraglione di sostegno della Via Aurelia.

Vladi Orengo, padre di Nico, fu anche un regista di documentari cinematografici. Nel 1955 gliene "bocciarono" alcuni. Tra questi, "Porta Canarda" (con un po' di fantasia anche sentinella di Latte in altura, da levante, in zona Ville), "inchiesta sul contrabbando in una zona nei pressi di Ventimiglia, al confine con la Francia. Le parole di protesta del regista, vittima di una vera e propria crociata da parte dei censori, erano le stesse di tutti coloro che credevano nel documentario e nella sua vocazione a trattare argomenti d’impegno civile, anche se scottanti. Contro quest’ambiziosa visione, però, si scontrava - e il più delle volte prevaleva - l’idea di chi relegava il documentario a sottoprodotto culturale, impedendogli di evolversi e di affermarsi autonomamente". Così recita un passo della Tesi di Dottorato di Mariangela Palmieri "La propagaganda della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano negli anni della guerra fredda attraverso i documentari cinematografici (Università degli Studi di Salerno, Anno accademico 2010-2011). Si aggiunge, per una migliore comprensione, che Vladi Orengo aveva affidato le sue critiche alla rivista «Cinema Nuovo» e che si può capire il senso dell'esclusione dal mercato delle menzionate pellicole ancora con il ricorso alle parole usate da Mariangela Palmieri: "tantissimi documentari d’indiscusso valore e pluripremiati in festival e rassegne sono stati costretti, praticamente, alla scomparsa definitiva dalla circolazione, poiché altre soluzioni di sopravvivenza, al di fuori dell’area del sostegno dello Stato, in Italia in quegli anni non ve n’erano".

Riaffiorano ancora, in questo lembo di ponente ligure, racconti di antiche vicende di pescatori contrabbandieri. Anche con la pronuncia di termini specifici, "fenicotteri", ad indicare le persone che si volevano trasportare via mare clandestinamente verso la Francia: vocaboli, nella storiografia e non solo, per lo più usati ad indicare i militanti comunisti che sotto il regime fascista facevano il percorso inverso, di ritorno in Italia, per ritessere contatti con la vecchia base, venendo quasi subito irrimediabilmente arrestati. Tornando ai pregressi avventurieri nostrani occorre aggiungere che a loro piaceva anche usare la parola "neri". Si tramanda che, sotto l'incombere del probabile intervento di poliziotti transalpini, talora venisse buttato a mare qualche passeggero. Che in rare occasioni questo accadesse per depredare le vittime. Non si sa, tuttavia, quanto di vero ci sia mai stato in questi racconti di frontiera.

Adriano Maini

sabato 13 luglio 2024

Il capitano Gino


 

Un libro recente si sofferma anche sulla figura del capitano Gino Punzi: Giorgio Caudano (con Paolo Veziano), “Dietro le linee nemiche. La guerra delle spie al confine italo-francese 1944-1945” (Regione Liguria - Consiglio Regionale, IsrecIm, Fusta editore, 2024). Sul capitano Gino si era già applicato integralmente, invece, Francesco Mocci, (marito di una nipote di Luigi Punzi) in "Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano" <(con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019>, per la cui stesura l'autore si è potuto avvalere di alcune ricerche e segnalazioni, per l'appunto, del mentovato Dario Canavese, tra le quali il memoriale dell'ex poliziotto repubblichino Antonio Panascì (che collaborava clandestinamente con antifascisti della provincia di Imperia), memoriale già pubblicato integralmente nei volumi III e V della Storia della Resistenza Imperiese di Francesco Biga e fondamentale per conoscere i movimenti ed alcuni contatti del capitano Gino da dicembre 1943 al momento della sua morte. Da parte mia, dopo l'uscita del libro di Mocci, venne la segnalazione a diversi ricercatori della vera paternità di un altro documento, quello di Giuseppe Porcheddu, che, sul tema specifico, certifica i rapporti tra Punzi e l'estensore: ne ha tenuto conto Sergio Favretto per il suo Partigiani del mare. Antifascismo e Resistenza sul confine ligure-francese (Seb27, Torino, 2022).

Mi preme allora riepilogare - può essere utile come se fosse una sorta di recensione - come pian piano ho conosciuto questo eroe della Resistenza.

Tutto cominciò quando pubblicai su di un mio vecchio blog qualche nota, desunta da alcune testimonianze di momenti della Resistenza comprese in "Gruppo Sbarchi Vallecrosia" (Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2007) del compianto Giuseppe “Mac” Fiorucci, in cui apparivano brevi riferimenti alla tragica morte del capitano Gino Punzi.

Dapprima mi chiese notizie un lontano cugino del capitano, che (desumo) ha messo in moto altri familiari per la stesura della menzionata, notevole biografia di Gino Punzi, molto ampia soprattutto per quanto cocerne gli anni della sua carriera militare. Indi mi contattò il nipote di un partigiano francese già operante a Peille, villaggio non lontano da Nizza, perché gli risultava in modo ufficiale che il capitano Gino aveva combattuto nel locale maquis. Poco dopo ancora un esponente del Gruppo Alpini a riposo mi annunciò che era stata appena rinvenuta, abbandonata in una discarica, la croce di marmo dedicata appena finita la guerra al capitano.

Non ho, come faccio tuttora, approfondito la combinazione dei succitati avvenimenti, ma penso che siano stati tutti utili a varie iniziative, non solo quelle sin qui citate, ma anche altre, come il riposizionamento, avvenuto alla presenza di familiari del capitano, della lapide in Sant’Antunin di Ventimiglia, sito simbolo del locale Gruppo Alpini.

Aggiungo che il capitano Gino era stato insignito - alla memoria - nel 1948 di medaglia d’argento al valore militare con la seguente motivazione “Combattente in territorio oltre confine non si arrendeva ai tedeschi ed in impari lotta opponeva fiera resistenza mantenendo alto l’onore e il valore del soldato italiano. Benché ferito riusciva a sfuggire alla cattura e unitosi al movimento clandestino francese organizzava la partecipazione al “Maquis” di formazioni partigiane composte di connazionali in Francia. A Peille, Peiracava e alla Turbie si univa ad essi ed eseguiva ardite missioni per collegare e coordinare nella zona di frontiera ed in quella rivierasca l’azione dei partigiani francesi e italiani. Mentre rientrava alla base di ritorno da una missione particolarmente rischiosa, veniva proditoriamente colpito da un sicario prezzolato che lo finiva a colpi di scure. Cadeva nel compimento del dovere dopo aver riassunto nella sua opera le belle virtù come militare e partigiano d’Italia” - Alpi Marittime - Ventimiglia, 8 settembre 1943 - 6 gennaio 1945”. La data dell’attentato al capitano, tuttavia, è quella del quattro gennaio 1945, mentre quella indicata dal Ministero corrisponde al giorno in cui gli venne impartito un colpo di grazia per ordine di un graduato dei servizi segreti della Marina da guerra teutonica, accorso con suoi uomini sul luogo del misfatto chiamato dal traditore.

Ho rinvenuto in mie ricerche diverse volte brevi accenni alle iniziative di Punzi: ne ho talvolta riportato gli estremi in altri miei blog più mirati sulla storia, per lo più intrecciati a testimonianze di altri valorosi partigiani, per cui mi dispiace alquanto non riprendere in questa occasione tante fila di un discorso affascinante, benché complesso.

Sono rimasto, invero, affascinato dalla parabola di combattente per i valori della democrazia, della libertà e della lotta contro il nazi-fascismo del capitano Gino, venuto a morire nella mia città natale dalla lontana Acquafondata (FR), dove era nato nel 1917. Intrigante sarebbe anche appurare in quale veste alla fine del 1943 (gli Alleati erano ancora lontani da questo confine marittimo italo-francese) il Punzi iniziasse ad operare per la creazione di una rete clandestina di spionaggio e di azioni antifasciste. Una domanda che appare anche nel citato libro di Mocci.

Adriano Maini

martedì 9 luglio 2024

Anche una fotografia di Noack in una tesi di laurea dedicata ad Apricale e a Castelvittorio

Foto: Alfred Noack. Fonte: tesi cit. infra

C'è anche una bella fotografia fatta dal grande Alfred Noack nella tesi di laurea di Juliane Soi Deligiannis ("Irregularity in repetition. Vernacular architecture as source for aesthetic resilience in the contemporary generation of mass-produced residential environments", Politecnico di Milano, Anno accademico 2020-2021), si presume riguardante Castelvittorio (un altro paese messo a fuoco è Apricale). Si ricorda che Noack operò in Riviera Ligure di ponente a fine Ottocento.
Si sottolinea che il documento qui sotteso è scritto in inglese, per cui non ne verranno fatte - almeno per il momento - trascrizioni acconce (che comportano traduzioni che è meglio non rischiare ad oltranza!), neppure nei blog antologici collegati - come si può notare nella colonna di destra - a questo.

Prima di procedere, per aiutare (forse!) a comprendere il contesto, si riporta una estrapolazione del riassunto in italiano, fatto da Juliane Soi Deligiannis: "... La tradizione vernacolare è stata scelta come oggetto di analisi poiché spesso rappresenta l'espressione estetica collettiva di più generazioni di abitanti e costruttori non professionisti, dimostrando ancora oggi un'immensa resilienza estetica. Per prima cosa vengono esaminate le teorie nel campo dell’architettura e nel campo filosofico dell’estetica, quindi viene realizzato un rilievo qualitativo estetico tipologicamente strutturato sulle abitazioni vernacolari di Apricale e Castelvittorio...". Dove l'aggettivo "vernacolare" viene probabilmente usato come sinonimo di aspetti concernenti paesi in altura dell'entroterra.

Foto: autore ignoto. Fonte: tesi cit. infra

Nella tesi c'è un'immagine di autore ignoto, datata 1900, in cui si vede il Municipio di Apricale.

Fonte: tesi cit. infra

Fonte: tesi cit. infra

Fonte: tesi cit. infra

Ci sono anche diverse fotografie attuali di angoli dei borghi di Apricale e di Castelvittorio, ma si preferisce produrre (anche perché i due ridenti paesi sono abbastanza noti) qualche esempio - che si spera leggibile anche senza didascalie - di disegni tecnici della richiamata tesi.



Non si può resistere, comunque, alla tentazione di tentare un raffronto per Apricale con due scatti realizzati intorno al 1969 da un gruppo di volonterosi fotografi, tra i quali Alfredo Moreschi, che ne ha conservato in archivio la produzione, fotografi all'epoca in cerca di "realismo" nella zona che va da Taggia al confine con la Francia.

Adriano Maini

martedì 2 luglio 2024

Ombrellaio!!!

Vallecrosia (IM): la strada provinciale in un punto non molto lontano dal cimitero

C'era una casa, a Nervia di Ventimiglia, più o meno insistente sull'attuale ingresso dell'antico Teatro Romano, demolita concluso il secondo conflitto mondiale, una costruzione che ospitava anche un panificio, dove diversi ragazzi dell'epoca impararono il mestiere. Si fermava spesso ai tempi in quell'operoso laboratorio un ferrivecchi, arrivato da non molto dalla lontana Calabria. Tra l'ospite e gli addetti al forno l'atmosfera era sempre gioiosa, le conversazioni erano sempre amichevoli, gli spuntini erano frequenti. Ma era anche irresistibile la tentazione per gli indigeni di giocare qualche tiro all'immigrato, mettendosi a parlare in dialetto stretto: il divertimento era comunque assicurato per tutti, trattandosi di persona di spirito, destinata di lì a breve a diventare un noto ristoratore della città di confine.

Arturo Viale nel suo "Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio" (Edizioni Zem, 2022) si sofferma su di sergente dei granatieri, alto un metro e novanta, il quale, per arrotondare la paga raccoglieva ferro ed ossa (di animali, si suppone!): "il ferro serviva per qualche fucina e le ossa tritate diventavano concime", ma, finita la guerra, riapprodato a Ventimiglia, "aveva deciso di sfruttare l’altezza e si era messo a costruire i pergolati di cannicci per coltivare il verde e le serre in legno".

In quel periodo operava nella zona intemelia di frontiera anche un guaritore, una figura su cui Odovindo Del Bona ha incentrato il suo romanzo "Il mago e le streghe. Vicende dell'estremo Ponente Ligure" (Youcanprint, 2019).
In effetti l'autore (un noto imprenditore del ponente ligure che per l'occasione ha inteso celarsi sotto un nome d'arte) ha innestato dei raccordi di fantasia sulla rievocazione di molte vicende reali della vita del nonno materno (e di questo ramo della sua famiglia): un'opera che merita, invero, qualche successiva specifica presentazione critica più dettagliata.
Qui preme sottolineare due situazioni, estrapolate dal contesto.
L'imposizione fatta al protagonista, nonché a sua moglie ed alla figlioletta, di sopportare la presenza forzata del "comandante Kasper" e di un drappello di soldati tedeschi al piano terra della propria abitazione, un casale parzialmente appena ristrutturato, situato non lungi dal cimitero di Vallecrosia, e di questi e di altri teutonici nel suo terreno adibito ad uso agricolo, ancorché in quei giorni tormentati praticamente abbandonato, un terreno ben presto devastato per l'allestimento di un'officina di riparazione di mezzi pesanti germanici.
E la richiesta del comandante garibaldino Vittò (al secolo Giuseppe Vittorio Guglielmo), quando Pigna era una zona libera partigiana, di curare un suo caro amico che versava colà in gravi condizioni. Il guaritore, che attraversava di continuo gli spazi di patrioti e di nazifascisti in quanto molto richiesto per le sue prestazioni, in quel caso si sentì sul serio incapace allo scopo, ma, con sua somma sorpresa, il suo tentativo ebbe successo: al ritorno fu molto attento a non fare accenni di questa vicenda all'uomo della Wehrmacht, che, anche se riconoscente per la terapia praticata alla sua sciatalgia, era sempre molto sospettoso circa gli spostamenti di chi malvolentieri lo ospitava.

In molti, specie donne, allora ed anche dopo, praticavano rimedi e medicamenti, per lo più con decotti di erbe, per malanni vari: ad esempio, si prestava attenzione ai bambini per i cosiddetti "vermi" (la tenia) ed ai più grandi per slogature, storte alle caviglie ed altri acciacchi muscolari, rispetto ai quali alcuni veri "maghi" sapevano ripristinare condizioni ottimali con la semplice (si fa per dire!), misteriosa imposizione delle mani.

Ma ambulavano, inoltre, da queste parti, come nel resto del Paese, chi sporadicamente, chi più sovente, zampognari (che la mentalità popolare individuava come nunzi di maltempo), arrotini, spazzacamini, pescivendoli (brutto termine ma di uso corrente). In genere si annunciavano con forti strilli in gergo. Un grido, forse, è rimasto più impresso in una certa memoria collettiva, quello di "Ombrellaio!!!". Mestieri in larga misura superati dalle tecniche moderne, comprese quelle che producono beni "usa e getta". Qua e là, tuttavia, si esibiscono ancora colleghi degli amici acrobati e ballerini di Mary Poppins, non del tutto sorpassati dal progresso.

E dalle spiagge si sente pure adesso qualche volta il quasi ancestrale, cantilenante annuncio "Cocco fresco, cocco bello!". Ma anche un più recente - così, almeno, mi sembra! - "Co! Co! Co! Cocco bello!".

Adriano Maini

venerdì 21 giugno 2024

Genova (2)

Genova: uno scorcio della Loggia di Piazza Banchi

Si legge di un progetto di forte valorizzazione culturale della Loggia di Piazza Banchi a Genova, consistente in una sorta di innovativo museo diffuso: passerelle sospese all'interno dell'edificio per consentire la visione dei reperti scavati di recente, proiezione - visibile all'esterno - di stampe d'epoca medievale e rinascimentale sulle vetrate, altri effetti notte.
In effetti, decenni addietro la zona, compreso l'adiacente - a monte - Palazzo Senarega, era molto fatiscente: si cominciò con una invero bella ristrutturazione di quest'ultimo ed ora in qualche modo si prosegue.
Si deve solo confidare che i visitatori non rimangano troppo distratti da quanto presentano, ad esempio,  in termini di gastronomia i circostanti vicoli, Sottoripa, Piazza Caricamento, Porto Antico.
Del resto, ci sono diversi modi di amare la storia: dopo tante dimenticanze oggi nella città della Superba si intende forse passare da un'esagerazione all'altra.

Non si legge più nulla, invece, dello Stadio Carlini, sede storica di svariate displine, situato a levante del centro storico, coinvolto una dozzina d'anni fa in un disegno di forte cambiamento. Negli anni Sessanta poteva capitare che i giovani atleti partecipanti alle gare regionali di atletica leggera della categoria allievi prima di avviarsi dagli spogliatoi ai loro cimenti si avventurassero talora, facendo ticchettare i chiodini delle scarpette di gara, per errore o per fretta, sull'anello di cemento, architettato per essere una pista per il ciclismo, un'attività, quest'ultima, la quale, purtroppo, non dice più nulla al largo pubblico..

Ci si avvicina al 30 giugno, ricorrenza del comizio di Pertini in Piazza De Ferrari a Genova che avviò la ribellione composta e civile, soprattutto di tanti giovani, contro il congresso del Msi previsto ai primi di luglio del 1960 nella città simbolo per antonomasia della Resistenza, un moto di protesta dilagato presto in tutta Italia, da cui derivò la caduta del governo Tambroni, che quell'assise aveva autorizzato e che sui voti dei neo-fascisti si reggeva, e da cui risultarono confermati in modo saldo i valori repubblicani dell'antifascismo: i cortei di Genova furono chiamati "dei ragazzi dalle magliette a strisce", indumento molto diffuso in quel frangente perché venduto a prezzo molto economico da un grande magazzino, e di quel novero fecero parte anche persone del ponente ligure o che in questo lembo di terra di lì a breve si trasferirono.

Adriano Maini

domenica 16 giugno 2024

Un po' prima dei carri de "I Galli del Villaggio"


Capita di riprendere in mano un vecchio libro sulla Battaglia di Fiori di Ventimiglia per cercare almeno il nome della compagnia di carristi con la quale aveva collaborato nei primi anni Sessanta - addirittura potendo usufruire di una specifica licenza dal servizio militare di leva - un vecchio conoscente, smemorato, ma nostalgico. Si risolve parzialmente il quesito, individuando il gruppo, ma non - salvo due - i carristi. Ci si è arrivati anche incrociando i dati ricavati dalla lettura con quelli emersi da conversazioni con persone che ben conoscono la strada dove era ubicato il capannone.

A questo punto è doveroso citare il ponderoso volume "Battaglia dei Fiori" di Danilo Gnech, Franco Miseria e Renzo Villa (Dopolavoro Ferroviario di Ventimiglia, Cumpagnia d'i Ventemigliusi, Civica Biblioteca Aprosiana - 1987). Si tratta di una vera e propria miniera di informazioni, che non può, tuttavia, essere del tutto esauriente, proprio per la massa sterminata di notizie, concernenti le brevi analisi di decine di edizioni della manifestazione (dal 1921 al 1938; poi l'interruzione per la guerra; quindi, dal 1948 sino al 1969; poi, le due, una del 1984, l'altra del 1985) e la pubblicazione di centinaia di fotografie, desunte quasi tutte dallo storico archivio di Foto Mariani di Ventimiglia.

Accade che in occasione della mentovata ricerca, venga, altresì, in mente di tentare di appurare le specifiche di carri che, considerate le fotografie - focalizzate sulle persone ritratte, con inquadrature, dunque, solo parziali dei carri - portano a propendere per riferimenti a Bordighera e per una datazione talora risalente ai primi anni Cinquanta.


Ci si inizia, però, a distrarre. Sono troppi i particolari curiosi che si riscoprono nella grande mole di documentazione, solo sfogliata negli anni per parziali consultazioni, o che si notano per la prima volta.
Diventa irresistibile la tentazione di citare alla rinfusa, senza neppure risalire a prima dell'ultimo conflitto, periodo foriero di tanti altri eventi, partigiani e reduci della recente guerra impegnati in qualche modo con i carri; personaggi noti ed altri meno noti, ma caratteristici; carri non solo provenienti da Bordighera - ma questa circostanza è scontata - da Camporosso, da Vallecrosia, cittadine limitrofe della zona intemelia, ma anche, in almeno in un caso da Nizza - o costruito in loco per conto del capoluogo del dipartimento delle Alpi Marittime.
Viene spontanea una divagazione su Vallecrosia, suscitata dalla reminiscenza del racconto di una ex staffetta partigiana, che a suo tempo, per contribuire finanziariamente alla costruzione del carro del suo gruppo, aveva rinunciato a comprarsi l'agognato ciclomotore: i garofani per infiorare all'epoca erano gratuiti - congiuntura sulla quale qualcuno ha scritto pagine molto belle, che sarebbe d'uopo rivisitare - per cui era sufficiente andare a raccoglierli, ma qualche spesa pur sussisteva e, se non si vincevano premi, rimborsi pubblici, anche parziali, pare non sussistessero.
Anche a Vallecrosia si cimentarono sodalizi ispirati da riviste dell'area comunista; anche da Vallecrosia salirono sui carri belle ragazze e gagliardi giovanotti, compreso il negoziante più anarchico che comunista, fine intellettuale che conosceva tutti (tra questi Angelo Oliva, Francesco Biamonti, gli animatori dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera). Nel libro "Battaglia dei Fiori" vengono poi citati i fratelli Tardito di Vallecrosia come gruppo carrista: in sostanza, una didascalia a corredo di uno scatto abbastanza buffo del quale basta dire che riprende un motociclo più o meno infiorato, con più persone a bordo, di cui una chiaramente è un uomo travestito (male!) da donna, il tutto per ricreare un soggetto da sfilata dal titolo emblematico (oggi lo si definirebbe molto scorretto) "Le zitelle". Quasi sicuramente gli autori hanno inteso menzionare Elio ed Ivo Tardito, i quali ben conoscevano il commerciante di cui si è già detto, ma di loro va anche rammentato il grande impegno successivamente profuso nel Cine-Foto Club di Vallecrosia, altra associazione che meriterebbe qualche appropriata rievocazione.

Tornando all'argomento dei carri di Bordighera ad inizio anni Cinquanta si sottolinea, a mero titolo indicativo, che nel 1948 avevano già partecipato alla Battaglia di Fiori l'opera "Omnibus dell'Ottocento" della compagnia - o gruppo - Anzio-Sasso, nel 1949 il carro "India" (Sicilia-Parmeggiani) e quello "Corbeille" (Azienda Autonoma Turismo), nel 1950 "Il sedile dei pensieri" (sempre Sicilia-Parmeggiani).
 


Con "Tempio proibito" (Giuseppe Tomatis) del 1954 si è, forse, arrivati al primo riscontro positivo tra una fotografia e gli atti, per così dire, ufficiali della Battaglia di Fiori: nell'immagine si vede almeno un protagonista dei futuri trionfi (anni Sessanta) dei carri de "I Galli del Villaggio". Si fa notare di passaggio che si sono fatti scomodare nell'indagine alcuni interlocutori, autorevoli in materia, comunque, rimasti presi alla sprovvista.
Ai carristi de "I Galli del Villaggio" di Bordighera ha reso per lo meno onore Renato Ronco con l'articolo intitolato per l'appunto "I Galli del Villaggio", compreso in (a cura di) Pier Rossi, Racconti di Bordighera - 2, Alzani Editore, 2018.

Rimangono, rispetto ad immagini attinenti la Battaglia di Fiori e Bordighera, altri inediti da appurare, probabilmente, anche errori da rimediare.
Del resto, quello relativo alla desueta manifestazione popolare ventimigliese è un romanzo che ogni persona interessata scrive per conto suo.
Forse, per molti motivi, una storia irripetibile, ma sempre foriera, per chi interessato, di ulteriori spunti narrativi.
E, forse, è meglio che restino ancora nell'alone del mistero le prime due fotografie qui pubblicate, la prima delle quali potrebbe anche essere fuori lo stretto tema.

Adriano Maini

lunedì 10 giugno 2024

Il macchinista francese venne espulso

Ventimiglia (IM): un treno regionale francese in partenza dalla stazione ferroviaria

Ventimiglia presenta - si può dire da sempre - una stazione ferroviaria internazionale, dalla quale a lungo presero servizio tanti "cheminots", i quali, pertanto, dimorarono anche nella città di frontiera. Poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale un cameriere, ancora ragazzo, venne interrogato dai militi fascisti per tentare di incastrare un ferroviere francese, presunto (a ragione!) autore o regista dei continui lanci di volantini antifascisti e pacifisti lungo i binari ed altrove, ma quegli sostenne, suscitando l'ilarità degli inquisitori in camicie nere, che in quella casa si recava perché amante della moglie del vero indagato: in ogni caso gli sgherri del regime riuscirono a fare espellere da Ventimiglia quel macchinista.

Racconta Sergio Marcenaro, all’epoca giovane (classe 1931) staffetta partigiana della SAP di Vallecrosia, della necessaria complicata procedura clandestina messa in piedi dal fratello Pietro Gerolamo (Gireu), importante protagonista del distaccamento Gruppo Sbarchi Vallecrosia e, logicamente, alla macchia con i garibaldini, prima per contattarlo di persona in una baracca al di là del torrente di fronte al cimitero della località in questione, successivamente, una volta debitamente ragguagliato sui pericoli che avrebbe corso e, quindi, "ingaggiato", per potersi spostare in zona da un contatto all'altro per recare messaggi ogni volta a lui recapitati da persona diversa e da lui distribuiti pedalando con passione su di una vecchia bicicletta nella cui canna celava, come tanti protagonisti (un nome per tutti, Gino Bartali, "Giusto tra le Nazioni") di simili missioni della Resistenza, i dispacci che gli erano stati affidati.

Un altro anziano (era sui 16 anni il 25 aprile 1945), anch'egli già staffetta partigiana, ma a Sanremo, solo di recente si è concesso a rievocare con alcuni interlocutori momenti dell'epoca della Resistenza: in precedenza in pratica non lo aveva mai fatto, neppure nel suo recente libro di memorie relative ad intense vicende politiche e sindacali, dipanate nell'arco di oltre settant'anni. In queste occasioni non si è certo fatto guidare dal "politicamente corretto". Richiesto di parlare di un brigatista nero della città dei fiori, fucilato all'indomani della Liberazione, lo definisce un losco figuro già prima della guerra, un boss della zona di Sanremo dove la famiglia aveva il negozio di legna e di carbone da ardere, con familiari altri fascisti molto impegnati. Fu suo compagno di malefatte - ruberie di vario tipo - un emiliano, un "gobbo", che gestiva una pensione davanti alla Chiesa Russa e che si salvò fingendosi in extremis antifascista. Quel "figuro" aveva come complice anche una donna sorda (sembra a questo punto di entrare in una "Corte dei Miracoli") e manovrava a suo piacimento, sempre durante il periodo della Repubblica di Salò, altri colleghi miliziani. In ogni caso dalle richiamate conversazioni non sono emersi addebiti circa rastrellamenti e uccisioni di patrioti, il che è quanto sperava e spera tuttora un nipote del citato personaggio, anche se sarà sempre più difficile con il passare del tempo fare piena luce sui comportamenti del nonno materno.

Un documento - oggi desecretato - della CIA con data 6 dicembre 1951 è incentrato in sostanza sui rapporti tra i comunisti italiani e quelli francesi a cavallo della frontiera tra ponente ligure e Costa Azzurra. Tra gli altri aspetti in due pagine sottolinea attività di espatrio clandestino - ma non aggiunge di antifascisti spagnoli perseguitati dal regime franchista -, mette in rilievo il ruolo avuto in merito da Libero Alborno di Ventimiglia, indica altri collaboratori di quest'ultimo, delinea una presunta organizzazione paramilitare in provincia di Imperia di cui sarebbe stato a capo Nino Siccardi (Curto), già comandante della I^ Zona Operativa Liguria delle forze partigiane: se non che lo stesso rapporto appunta per i due anni precedenti continui imbarchi di Siccardi come macchinista su navi mercantili lasciando da ultimo un gustoso quadretto che suona più o meno come segue: "Siccardi porta con sé numerose copie della rivista comunista 'Vie Nuove" che distribuisce ai nativi nei porti africani".

Adriano Maini

venerdì 31 maggio 2024

Marché aux fleurs

 

Nizza: Marché aux fleurs, Boulevard Jean Jaurès. Fonte: Rachel Koin

Un fotografo di Ventimiglia fu in quell'occasione molto fortunato. Dopo ore e ore di appostamento su di un albero al di fuori del muro di cinta di quella villa di Saint-Tropez, la famosa attrice, impietosita, lo ricevette e gli concesse un reportage che fece scalpore.

La nota che qui subito segue non può prescindere dalla fotografia che correda questo post, fotografia alla cui didascalia si rimanda per gli appropriati accrediti. La sosta a Nizza in prossimità di un mercato di fiori all'aperto - ma quella che si cercava era una fontanella - in quel lontano 1970 del pullman che, partito da Sanremo per raccogliere partecipanti anche nella zona più di confine, portava a Grasse l'allegra comitiva, fece rivivere ad alcuni la scena in cui Cary Grant nel film "Caccia al ladro" finisce tra ceste del variopinto prodotto e viene colpito alla testa da un innocuo mazzo, agitato da un'alterata anziana venditrice: rivisitazioni di immagini del film e confabulazioni di decenni dopo fanno proprio propendere per tale ambientazione (sempre che Alfred Hitchcock non fosse ricorso, con il semplice ausilio di qualche fondale, al classico studio hollywoodiano), anche perché la citazione fatta dell'episodio nel romanzo "54" dei Wu Ming non aiuta molto in proposito.

Un altro fotografo, in questo caso di Bordighera, bazzicava spesso in veste professionale il noto ritrovo "Le Pirate" di Cap Martin, indirizzo mitico degli anni '60 e '70, ma al momento non è ancora dato sapere dove reperire qualche suo relativo scatto.

Franco Giordano, ex partigiano, nel suo "Le historiae del Contahistoriae" ha dedicato un discreto spazio non solo alle sue attività imprenditoriali in Costa Azzurra, ma anche a episodi di vita brillante e mondana, che di tutta evidenza non aveva condotto solo nella sua natia Sanremo.

Giovedì 6 giugno 2024 alle ore 17 al bar Seaside sulla spiaggia di Camporosso Mare avrà luogo la presentazione del nuovo libro di Arturo Viale, "I Sette Mari". Nell'ennesima fatica letteraria di questo autore del ponente ligure non potevano mancare pagine che spaziassero anche nel Nizzardo, per cui chi lo leggerà potrà, ad esempio, approfondire le sue conoscenze sulla leggenda di Santa Devota, patrona del principato di Monaco, sul capitano Bavastro, corsaro di Napoleone, sull'emigrazione di una famiglia siciliana di cui almeno una componente fece tappa anche nella città natale di Garibaldi, sulla nave che portò Grace Kelly in sposa al "suo principe".

Adriano Maini

mercoledì 22 maggio 2024

Francesco Lanteri e Giobatta Lanza, di Triora, fucilati in una imprecisata rappresaglia nazifascista


Forse rimarrà ancora a lungo tale il mistero del luogo più preciso dove vennero massacrati dai nazifascisti, ma grazie alla tenace insistenza di un appassionato ricercatore della Val Roia francese, Christian Marchisio, vengono nuovamente oltre frontiera in qualche modo commemorati a distanza di quasi ottant'anni dalla loro tragica sorte due abitanti di Triora, uno dei quali, per i criteri dell'epoca, decisamente anziano, entrambi trucidati per rappresaglia.
Nella banca dati dell'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea "R. Ricci" Francesco Lanteri (nome di battaglia Stella) e Giobatta Lanza (nome di battaglia Marco) vengono ricordati come fucilati il 30 giugno 1944 a Cima Marta.

Foto: Christian Marchisio

Christian Marchisio ha opportunamente sottolineato che a Lanteri e a Lanza è dedicato un piccolo memoriale in un ovile (o ex ovile) della Baisse d’Anan nel comune di Saorge, luogo che, ad esempio, il CAI di Savona oggi include nel cosiddetto anello del Balcone di Marta, quindi, non poi molto lontano da Cima Marta, in ogni caso in alta montagna.


Quanto riportato nei libri sulla Resistenza Imperiese e nella lapide (valorizzata dal meritevole sito Pietre della memoria e che indica Lanteri e Lanza, invece, quali caduti civili) in Piazza Bronda a Triora non fa luce sui motivi scatenanti la rappresaglia che costò loro la vita.



L'impegno di Christian Marchisio consente oggi la pubblicazione di alcuni documenti - a lui pervenuti dall'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia - concernenti Francesco Lanteri e Giobatta Lanza, documenti dai quali balza evidente agli occhi un'altra anomalia, perché queste carte riportano come data della loro morte quella del 30 settembre 1944, di tutta evidenza quella vera.
 

Di Lanteri Marchisio si è così procurato anche una fotografia.



Christian Marchisio si chiedeva qualche settimana fa se gli sarebbe stato possibile contribuire alle celebrazioni nella sua zona dell'80° della Liberazione (così fu per il sud-est della Francia) procurando dettagli sulle figure di Lanteri e di Lanza.


Si può affermare che in buona misura ci sia riuscito.

Resta il fatto che, al netto di ulteriori informazioni su di loro probabilmente non più reperibili, Francesco Lanteri e Giobatta Lanza sono due tra i tanti martiri della Resistenza al nazifascismo della zona marittima di frontiera tra Italia e Francia, segnatamente della Val Roia.

Adriano Maini