giovedì 30 novembre 2023

E Italo Calvino testimoniava a favore di un ex soldato repubblichino

Sanremo (IM): il Monumento ai Partigiani - opera del patriota resistente Renzo Orvieto - sito davanti all'ex Forte di Santa Tecla, dove brevemente fu rinchiuso anche Italo Calvino

Leggendo articoli di quotidiani e di portali web, sembra che non solo per Sanremo e per Bordighera - come si è già visto su questo blog -, ma che per tutta la provincia di Imperia durante la seconda guerra mondiale ci fosse un gran pullulare di spie, ma non di spie qualsiasi, bensì di quelle che oggi rendono appassionanti film, serie televisive e romanzi d'azione. Solo che Kgb e Cia all'epoca non c'erano ancora! E non ci fu neppure nulla di paragonabile a esperienze vissute da personaggi quali Richard Sorge, Kim Philby, ‎Anthony Blunt, ‎Guy Burgess o i membri dell'Orchestra Rossa.
Neppure, forse, nella limitrofa Costa Azzurra.
Detto questo, ad onor del vero furono numerose le operazioni segrete - raramente spettacolari - condotte da o verso la Costa Azzurra da alleati, partigiani, nazifascisti.
Su questo panorama e su quello delle fitte trame intessute sul territorio imperiese c'é da credere che sarà molto illuminante il prossimo libro degli storici locali Giorgio Caudano e Paolo Veziano.
Il grosso degli accadimenti, in ogni caso, riguardava infiltrati - per fortuna, molti a favore della Resistenza! -, sicofanti, voltagabbana, traditori, delatori, opportunisti.
In questo contesto ci sono fatti noti, altri meno, altri pressoché inediti.
 
In questo vasto campo non si può fare altro che procedere con degli esempi.
 
In ordine alle tristi collaborazioni con i nazifascisti si può evincere che "un fascista repubblicano" di Imperia denunciava il 13 febbraio 1944 due funzionari dell'Ufficio Provinciale delle Corporazioni per generici gesti antifascisti compiuti dopo il 25 luglio 1943; che ci furono, sempre nel capoluogo, altre denunce di anlaogo tenore; che un impresario edile di Sanremo si dichiarava protetto dalle S.S. tedesche; che molto pesanti furono le accuse - nel periodo in cui si tentava ancora l'epurazione - a carico di una donna abitante a Bordighera; che a Sanremo il borghese "robusto, statura piuttosto alta, età circa 50 anni, colorito bruno, capelli leggermente brizzolati, barba rasa [...] del quale ho dato i connotati, che secondo me guidava la spedizione, mi disse che era stato lui ad andare dal comando tedesco" (come da un verbale di interrogatorio, oggi documento in Archivio di Stato di Genova - ricerca effettuata da Paolo Bianchi di Sanremo - < fattispecie in seguito in questo post contrassegnata come AS GE>), avrà quasi di sicuro indotto altri rastrellamenti, oltre quello qui appena accennato e nel corso del quale vennero falcidiati i partigiani fratelli Zoccarato; che sempre a Sanremo un mutilato di guerra "che camminava con i bastoni" era comunque in grado di dare informazioni nocive agli antifascisti; che era piuttosto losca la figura dell'impresario di Sanremo del quale "... parecchi giorni dopo si seppe che era stato preso l'O. Il 15 novembre [1944], pochi giorni dopo l'arresto dell'O., i nazi-fascisti effettuarono un  rastrellamento nella zona di San Romolo [n.d.a.: le responsabilità di questo O. per la tragica fine di  partigiani a San Romolo, tra i quali il vecchio gappista Aldo Baggioli, il giorno stesso in cui venivano preso anche Italo Calvino, erano ribadite dall'ex graduato delle SS Ernest Schifferegger - come da documento statunitense già compulsato su queste colonne -] .... tutto San Romolo è voce comune che nel secondo rastrellamento, avvenuto otto giorni dopo, vi era... il quale alla presenza del figlio del custode di Villa Marsaglia presentò ai tedeschi una lista nella quale vi erano tutti i finanziatori dei Patrioti" (AS GE); che SS francesi ancora al 22 aprile 1945 mandavano informazioni carpite a danno dei partigiani al comando locale della X Mas. 
 
Se si leggono alcuni carteggi, quali i documenti in archivio IsrecIm, riassunti da Rocco Fava di Sanremo nella sua tesi di laurea del 1999, si intuiscono, inoltre, in controluce talune contromisure adottate dai garibaldini. Il 18 gennaio 1945 "Dario", Ottavio Cepollini, informava la Sezione SIM (Servizio Informazioni Militari) della Divisione d'Assalto Garibaldi  "Silvio Bonfante" che "da parte dei tedeschi continua l'interrogatorio di 'Giulio' e 'Dek', 'Boll' collabora con i tedeschi, viene messo spesso con gli arrestati e con il pretesto di essere caduto anche lui in trappola cerca di carpire notizie utili da riferire ai tedeschi. Si cercherà di fare eliminare 'Boll' proprio dai tedeschi. I tedeschi a Pieve di Teco stanno ricostruendo il ponte crollato". Il 1 marzo 1945 la Sezione SIM del CLN di Sanremo avvisava la Sezione SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" che "... a Sanremo si stava intensificando l'attività spionistica dei tedeschi... era inutile l'attacco contro il sarto Sofia". Il 16 marzo 1945 il CLN di Sanremo informava la Sezione SIM della V^ Brigata che "si trovava di nuovo a Sanremo il 'famigerato maggiore' tedesco Kruemer". Il 28 marzo 1945 "Carmelita" segnalava al C.L.N. di Sanremo  che tra i più assidui informatori dei tedeschi vi era un certo colonnello Alberto Neri, abitante a Sanremo, invalido, ex combattente dell'esercito francese, in diretto contatto con il capitano "Frank" e che un'altra informatrice era una donna sudamericana di nome "Pegg", intima amica del Neri stesso. Il 30 marzo 1945 il responsabile "S. 22", G.B. Barla, del SIM della I^ Zona Operativa Liguria scriveva al suo comando che occorreva procedere all'arresto della spia Seccatore (Coccodé) - su cui aveva già dato informazioni - che stava agendo a Molini di Prelà.
 
Si riportano spesso in letteratura specialistica il passaggio di confine con la Francia compiuto in tre direzioni o punti diversi da tre gruppi della missione britannica Flap, cui si erano aggregati, tra gli altri, patrioti del Piemonte, piloti ed avieri, ex prigionieri, e l'arrivo dell'ufficiale di collegamento con la I^ Zona Operativa Liguria Robert Bentley, del Soe. Meno conosciuti, invece, sono - nel novero Oss - i passaggi della missione Youngstown - da Ventimiglia - e di quella Zucca, alla quale ultima partecipava anche Vincenzo Stimolo, un eroe delle Quattro Giornate di Napoli, fallita casualmente alla stazione ferroviaria di Santo Stefano al Mare, mentre poco al largo un sottomarino aspettava di sbarcare il vero referente, un responsabile del servizio statunitense, Bourgoin.
 

Ventimiglia (IM): a sinistra la casa - di colore rosa - in Marina San Giuseppe dove venne ucciso il capitano Gino Punzi

Una storia straordinaria è quella del capitano Gino Punzi, infine reclutato dagli americani - Oss, antenna di Nizza -, nella cui tragica vicenda si incontrano maquisard, poliziotti fascisti prima di Ventimiglia poi di Imperia ma impegnati a sostenere in segreto la sua azione di costruzione di una rete antifascista, patrioti italiani quali Giuseppe Porcheddu, il maggiore degli Alpini a riposo di Ventimiglia Luigi Raimondo - già impegnato a margine della missione Flap -, Chiappa padre e figli di Bordighera, partigiani di passaggio in Costa Azzurra che tentarono di affidargli messaggi di delazione da recapitare ai loro Comandi circa loro compagni dediti a presunte o veritiere attività illecite, pescatori contrabbandieri chi in ferale ritardo chi fatale traditore: il capitano Gino, colpito da tergo alla testa con un'ascia, ricevette il colpo di grazia a Marina San Giuseppe di Ventimiglia per ordine di un agente della S.R.A. della Marina da guerra tedesca di stanza a Sanremo.
 
A danno della Resistenza Imperiese è celebre il caso della cosiddetta "donna velata" che, dopo essersi infiltrata tra i partigiani, creò i presupposti per alcune efferate stragi nazifasciste, soprattutto ad Imperia. Lo è meno quello di Olga, nome fittizio di una giovane, forse jugoslava, di cui parla Michael Ross nel suo libro di memorie "From Liguria with love". Ross, inglese, già prigioniero di guerra a Fontanellato di Parma, dopo essere stato, insieme al suo compagno di fuga Bell, prima aiutato dal martire antifascista Renato Brunati e dalla sua compagna Lina Meiffret, poi, dopo il fallito tentativo di arrivare in Corsica in barca a motore, ospitato in clandestinità per mesi e mesi a Bordighera da Giuseppe Porcheddu - che aveva acceduto alle istanze di Brunati e di Meiffret, i quali sentivano imminente il loro arresto da parte della miliza fascista -, si trovava, sempre con Bell, ai primi del 1945 tra i partigiani della zona di Taggia. Per due volte la spiaggia di Arma di Taggia da dove i due - ed altri militari alleati - avrebbero dovuto attendere il canotto di un sottomarino, attivato grazie ai messaggi radio del telegrafista di Bentley, fu, invece, teatro di uno scontro, rischiarato dai bengala tedeschi, tra partigiani e nazisti, con conseguente fallimento della prevista esfiltrazione. Non ci fu un terzo scontro, perché sia i tedeschi che il comandante - che non si era più potuto avvisare - del mezzo navale attesero invano. I garibaldini avevano capito il tradimento di Olga, che era stata pertanto giustiziata con un colpo di pistola alla nuca alla presenza dei due britannici: la sua salma venne seppellita in fretta e furia. A marzo 1945 Ross e Bell partirono infine in barca a remi da Vallecrosia con l'aiuto della locale SAP per rientrare da Montecarlo nei propri ranghi. Ancora una nota su Olga. Il garibaldino Giuseppe Gaminera (Garibaldi) nelle sue testimonianze sulla Resistenza ha ricordato altri precedenti gravi fatti - come avere causato l'arresto a Tumena da parte dei partigiani della V brigata di un uomo riconosciuto infine innocente, anzi, divenuto comandante garibaldino con il nome di battaglia di "Audace" - circa i quali si poterono presumere pesanti responsabilità della giovane, che era riuscita per mesi a non lasciare tracce di sé, districandosi tra una banda e l'altra.
 
Un funzionario - temporaneo (venne quasi subito arrestato dai saolini) - di P.S. della Questura fascista di Imperia fece mettere a verbale che aveva contributo a salvare il maggiore Enrico Rossi (reintegrato finito il conflitto nel Servizio Permanente Effettivo del Regio Esercito), che era stato consegnato a giugno 1944 dalla G.N.R. alle SS tedesche insieme al tenente Angelo Bellabarba ed al tenente Alfonso Testaverde, tutti rei di attività antifascista, in cui spiccava la loro pregressa collaborazione con Renato Brunati e Lina Meiffret (AS GE).   
 
Italo Calvino dichiarava il 17 luglio 1945 in Commissariato di Polizia a Sanremo: "Ho conosciuto sempre il N. come di sentimenti antifascisti. Essendo io stato catturato nel rastrellamento del 15 novembre 1944 mi trovavo alcuni giorni dopo nella Caserma Crespi d'Imperia ed arruolato forzatamente in quella Compagnia Deposito. Qui incontrai il N. che era stato costretto a presentarsi in seguito a minacce di rappresaglie verso la sua famiglia. Egli appariva assai abbattuto, moralmente, per aver dovuto compiere quel passo. Io lo avvertii che la compagnia deposito non era che una stazione di smistamento verso i campi di addestramento dai quali non si poteva più scappare perciò lo consigliai, vedendo che egli aveva intenzione di scappare quanto prima di entrare a fare parte della compagnia provinciale cercando di esimersi dal fare rastrellamenti. Alcuni giorni dopo io scappai e non sò specificare l'attività del N. in quel d'Imperia. Posso dichiarare però che egli pur essendo a conoscenza del mio nascondiglio in campagna, non solo non mi denunciò ma mi avvertì che ero attivamente ricercato segnalandomi i rastrellamenti che si sarebbero compiuti nella zona" (AS GE): lo stile di scrittura non é certo quello del grande autore de "Il sentiero dei nidi di ragno"!
 
Un rapporto della flotta statunitense di stanza nel Mediterraneo annunciava l'arrivo il 10 settembre 1944 nelle vicinanze di Saint-Raphaël di tre giovanotti, colà pervenuti in barca a remi da Ventimiglia e latori di alcune informazioni di spessore militare (" Più tardi nostre navi spararono, con il supporto di aerei da ricognizione, su alcuni obiettivi indicati da questi patrioti italiani"), una attestazione che conferma un racconto tramandato oralmente in zona ma non molto noto, anche se ripreso da Arturo Viale nel suo "Vite parallele".
 
Nel diario brogliaccio del distaccamento di Sanremo delle Brigate Nere si può leggere che il comandante Mangano - di cui oggi qualcuno insinua che fosse anche in contatto con gli americani - ebbe almeno un abboccamento - destando stupore nel verbalizzante - con un partigiano autonomo. Mangano, appena finita la guerra, morì suicida a Genova.
 
"Per assicurare la dovuta segretezza alle nostre comunicazioni è stato stabilito che ogni nostro Agente firmi ogni suo rapporto, relazione, informazione, ecc con una sigla. Vogliate prendere nota che la SIGLA a Voi assegnata e con la quale dovete firmare é: VEN 38" scriveva il comandante della Legione G.N.R., Bussi, ad un suo agente confidente - goielliere di Ventimiglia - alle dipendenze dell'U.P.I. (Ufficio Politico, in pratica uno dei tanti servizi segreti della Repubblica di Salò) (AS GE).  
 
Il 16 settembre 1944 alcuni giovani francesi tentarono un vera e propria azione di commando sulla frontiera di Ponte San Luigi, tra Mentone e Ventimiglia. Il colpo fallì: morirono Jean Bolietto, di origini astigiane, saltato su una mina, e Joseph Arnaldi, detto Jojo, raggiunto da proiettili, cui si sottrassero gli altri tre del gruppo. Su questi partigiani e su questo fatto ha scritto diverse volte il professor Enzo Barnabà.         
Stando alle sue dichiarazioni del maggio 1945 (AS GE) un ex poliziotto ausiliario della polizia saloina - di nuovo in carcere con l'accusa di avere militato in precedenza nelle fila fasciste - doveva incontrare alla fine di novembre del 1944 a Camporosso alcuni partigiani francesi, ma ne venne impedito in quanto catturato da ex colleghi repubblichini di Bordighera.
Si hanno notizie (pregressa ricerca del compianto Giuseppe "Mac" Fiorucci, autore di "Gruppo Sbarchi Vallecrosia" - con ogni evidenza in ciò aiutato dallo stimato storico nizzardo Jean-Louis Panicacci -) di incursioni - confermate da precise mappe dei luoghi, ancora esistenti - in zone del nostro ponente compiute da Joseph Manzone, detto "Joseph le fou" (un nome, un programma!), maquisard del dipartimento delle Alpi Marittime, che aveva già aiutato intorno all'8 settembre 1943 soldati italiani della IV Armata a fuggire o a raggiungere la locale Resistenza, protagonista di svariate altre avventure, lunghe da raccontare.
Da ottobre 1944 in avanti diversi furono da parte di partigiani ed agenti transalpini i tentativi compiuti di entrare in Italia attraverso la Val Roia, ma fallirono tutti o quasi. Particolarmente efficiente fu in questo contrasto a febbraio 1945 il servizio di controspionaggio tedesco.
 
Adriano Maini

domenica 26 novembre 2023

A La Turbie non si erano neppure fermati

La Turbie: una vista su Cap Martin

Correva l'anno 1967 e lassù a Sospel il ragazzino ed il giovanotto, che aveva guidato l'automobile da Ventimiglia, cercavano di flirtare con la bella e prosperosa giovane cameriera la quale si stava rimirando, invece, il terzo componente la piccola comitiva, un biondo dall'aria tenebrosa e malinconica tutto concentrato in sue apparenti profonde riflessioni. Lì vicino era il ponte antico sul torrrente Bevera, che da quelle parti ha appena cominciato il discreto e tortuoso cammino che lo porta a confluire nel fiume Roia all'altezza di Bevera di Ventimiglia. Nessuno dei tre gitanti sapeva allora della spaventosa strage di partigiani italiani e francesi, compiuta nel territorio di quel villaggio dai nazisti nell'agosto 1944, né che si era salvato per un soffio da quella tragedia il padre di una ex compagna di scuola del timidone.

Gli stessi tre personaggi quando in un'altra occasione arrivarono al Santuario di Laghet, che è vicino a La Turbie e, dunque, alquanto lontano da Sospel, non erano al corrente di quante storie stessero dietro ai tanti ex voto appesi alle pareti della Cappella e nemmeno della persistenza di un pellegrinaggio che tuttora conduce a piedi a quel sito diversi fedeli - o cultori di curiosità locali - partiti da Camporosso e dintorni: vicende in ogni caso tratteggiate con buona penna in più di un suo lavoro da Arturo Viale.

A La Turbie non si erano neppure fermati perché il neghittoso della compagnia aveva dichiarato che il Trofeo di Augusto l'aveva già visitato in occasione di una gita scolastica: ma forse gli pesava di più l'amaro ricordo di una pregressa cotta non corrisposta.

Nel corso delle prime escursioni in Costa Azzurra era ancora assente il piccoletto, che subentrò in seguito a prendere il posto del cugino del guidatore: questi voleva ben rodare la macchina nuova, una Fiat 1100 (o era una 1500?) color crema, il parente volle, dopo due o tre occasioni, dedicare quei pomeriggi agli studi, probabilmente per tenersi ben libera la giornata della domenica.

Il sabato pomeriggio, in effetti, era il tempo deputato per simili esperienze, non solo per gli impegni scolastici di chi faceva il passeggero, ma anche perché prima occasione libera in settimana per l'autista, il quale, già diplomato ragioniere, aveva intanto assunto doveri di lavoro.

Ad arrivare al 1968, gran parte delle strade di quel levante di Costa Azzurra non ebbero più segreti per i tre - a volte ridotti ai due (si fa per dire!) più anziani - di cui si è detto all'inizio. Cannes, la Promenade a Nizza - all'epoca arteria obbligata di scorrimento -, la vallata parallela al mare, una Nizza stranamente mai ben visitata allora, i cartelloni del Festival del Cinema, gli esiti tremendi di tanti incidenti stradali accaduti in quel Dipartimento - purtroppo ripetuti e visti (soprattutto sulla Moyenne Corniche) negli anni a venire, per fortuna mai neppure sfiorati a quel tempo - e tanto altro disegnarono un caleidoscopio di suoni e di colori difficile da tenere bene a memoria.

Ad un imprecisato sentimento di amarezza per aver quasi subito perso di vista - i casi della vita: trasferimento professionale - si aggiunse pochi anni fa, pesante come un macigno, la notizia che quel baldo automobilista era appena deceduto, tutto solitario, in circostanze misteriose in un paese dell'America del Sud.

Adriano Maini

domenica 19 novembre 2023

C'é una Torre nella Piana di Latte...

Ventimiglia (IM): una vista parziale della Piana di Latte

Persiste un gran scrivere - per non dire un gran pontificare - sulle ville storiche di Latte, Frazione di ponente di Ventimiglia. E non solo su quelle - per lo più situate nella Piana -, ma anche su altre, non molto lontane.

Spiace solo che un bel dibattito non ci sia mai stato sui rischi corsi - ancora nel recente passato - di ulteriore cementificazione, né su ristrutturazioni, che almeno in un caso si dice sia consistita in uno sventramento completo con successiva ricostruzione. Come aveva paventato ne "Gli spiccioli di Montale" Nico Orengo, di cui non si sa se si sia mai rallegrato di qualche relativa salvaguardia pur conquistata in zona.


Conviene rifugiarsi nell'aneddotica.


C'è una Torre - una delle cinque, se non aggiuntiva, delle superstiti strutture di avvistamento, come da elenco stilato da competente persona del posto - adagiata al muro di cinta - lato di ponente, affacciato sulla foce del torrente Latte - del parco di una vestusta magione del novero di quelle già menzionate, una Torre che in una stanzetta al pianterreno negli anni - quelli Ottanta - di fulgore di sagre popolari e Feste de l'Unità - ma anche dell'Amicizia (Democrazia Cristiana) - ospitava materiali utili a tali accadimenti: a fianco, talora, all'aperto, si tenevano incontri conviviali, qualche volta rallegrati dal passaggio di qualche vispo porcospino. L'edificio oggi dovrebbe essere di proprietà diversa da quella dell'intero complesso padronale, ma, invero, questo aspetto risulta poco interessante.


La stretta Via Romana, infrastuttura di accesso a molte delle già dette dimore, attraversa la località da una parte parallela al mare, dall'altra alla ferrovia, prima in un senso, poi, in un altro, mediante un cavalcavia pedonale, sì da congegnare un'arteria carrozzabile strozzata quasi a metà. Allo stato attuale ci sono discreti parcheggi a ponente. All'epoca di tante feste popolari era uno spettacolo vedere invaso di automobili e di motocicli l'ampio greto del rio, compresi tratti del corso - asciutto d'estate! -. Per chi arrivava - ma anche adesso - sussisteva l'obbligo di prestare sempre attenzione al fatto che non ci sono quasi mai due sensi di marcia. 

Ventimiglia (IM): un classico tratto di levante della Via Romana a Latte

Una situazione che probabilmente disegna da sola tante storie.

Ad esempio, diversi anni fa Nico Orengo scrisse - dopo averne letto "Quaranta e mezzo" - un biglietto di congratulazioni ad Arturo Viale  (che lo ha pubblicato nel suo ultimo "Punti Cardinali: da capo Mortola a capo Sant'Ampelio", Edizioni Zem, 2022), in cui, tra l'altro, menzionava l'albero di giuggiola presente prima del cavalcavia della Via Romana, aggiungendo: "Caro Viale, il suo raccontare mi ha tenuto una affettuosa e sincera compagnia per una sera, tempo fa...".

Ventimiglia (IM): il cavalcavia della Via Romana a Latte

Neanche a farlo apposta appena attraversata quella passerella - o poco prima, se si arriva da un'altra direzione - sorge Villa San Gaetano. Dalla fitta ringhiera sovrastante la ferrovia si intravvede a malapena l'abside della Chiesetta dallo stesso nome, che sorge di fronte: i colori sono belli ed intensi, mentre la facciata è grigia e smorta. A quella Cappella a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta erano usi recarsi per depositare fiori due ferrovieri in pensione, lieti di rendere in tale modo felice una signora più anziana di loro, impossibilitata a  muoversi. A Villa San Gaetano Maria Pia Urso, di recente purtroppo scomparsa, ha dedicato un bel libro di memorie - sue e di famiglia -, uno spaccato di grande livello sociale e morale. "... l'intensa esperienza di vita, la gioventù spensierata al mare, gli ideali, i gusti culturali, le curiosità e le molteplici iniziative nella comunità", sottolineava una presentazione dell'opera (Maria Pia Urso, Villa San Gaetano, youcanprint, 2015).

Spostandosi verso ponente si possono scorgere la casa a lungo abitata ed i resti delle campagne per pari periodo coltivate a fiori - rose, soprattutto - con passione e competenza - il tutto rigorosamente in affitto - da Libero Alborno, il Libero de "La curva del Latte" e di altri romanzi di Nico Orengo.

Ventimiglia (IM): uno spazio verde a complemento di un parcheggio nella zona di ponente della Via Romana a Latte

Si narra, inoltre, di episodi - accaduti in qualche punto della Piana - di pura goliardia ai quali lo scrittore si sarebbe lasciato andare con compagni sì di modesta statura intellettuale, ma che si beavano contraccambiati della sua presenza e che non si sono mai sognati di dedicargli pensieri scritti.

Ventimiglia (IM): la zona di Latte, vista dalle vicinanze di Villa San Gaetano

Da quelle parti ha abitato a lungo un floricoltore, per nulla vanesio, ma del quale ancora oggi si raccontano da terze persone grandi avventure di pesca, vissute negli anni, da quella - ripetuta - al pescespada, affrontata sempre con un piccolo guscio, non con mezzi professionali, a quella - che si tramanda ancora - di una mirabolante imbarcata di bianchetti, che, forse, non era già del tutto lecita, stanti i divieti in materia. Il fratello, forse sodale, forse più pronto ad uscire in mare con altri, ridimensionava, invece, in una datata conversazione gli esiti di una ricerca di branzini, di cui si era, invece, tramandata una bella storia, storia, inoltre, costellata di riferimenti a inconsueti, di solito rocciosi, rialzi del fondale, al massimo a pelo d'acqua, teatri a volte, per i conoscitori di quegli arcani, di cospicui risultati e talora muti conservatori di relitti misteriosi, spesso piratescamente trafugati. Non sempre i gozzi sono partiti o tornati dalle spiagge della Piana di Latte, ma spesso, per un risvolto o l'altro, lì si torna. 

D'altronde, i racconti di pesca - a fare inizio dallo stesso Nico Orengo - abbondano per tutto il ponente di Ventimiglia, da Punta della Rocca al confine con la Francia.

Adriano Maini

domenica 12 novembre 2023

Curiosità da un archivio abbastanza recente


Un mercatino a Dolceacqua (IM).



Un altro mercatino a Dolceacqua: edizione diversa, in sponda sinistra del torrente Nervia.









Una festa popolare a Vallebona (IM).



Finita la processione del Santo Patrono - Ampelio - a Bordighera (IM), una bella merenda offerta dal sodalizio "Paize Autu". 



Un dopo Battaglia di Fiori a Ventimiglia (IM). 


Un raduno conviviale a Villatella, Frazione di Ventimiglia.


Enzo Biamonti, fratello dello scrittore Francesco.

La persistenza di un marchio storico nella Stazione Centrale di Milano.


Sempre in quel sito l'esibizione del campionario - quasi d'epoca - di un venditore ambulante.


Una fila di biciclette - in genere notoriamente vandalizzate: non c'erano ancora le app! - in affitto o a libera disposizione nelle vicinanze del richiamato edificio.


Una Fiera a Vallecrosia (IM). 


A San Donato, borgata di Verezzo, Frazione di Sanremo (IM).


Ancora a Verezzo.


Sempre a Verezzo.


Lungo la strada di San Sinforiano a San Biagio della Cima (IM).

Fotografie scattate negli ultimi dodici anni, non più vecchie di tale data, pubblicate senza rispettare l'ordine cronologico, tutte in qualche modo curiose.

Adriano Maini