domenica 26 novembre 2023

A La Turbie non si erano neppure fermati

La Turbie: una vista su Cap Martin

Correva l'anno 1967 e lassù a Sospel il ragazzino ed il giovanotto, che aveva guidato l'automobile da Ventimiglia, cercavano di flirtare con la bella e prosperosa giovane cameriera la quale si stava rimirando, invece, il terzo componente la piccola comitiva, un biondo dall'aria tenebrosa e malinconica tutto concentrato in sue apparenti profonde riflessioni. Lì vicino era il ponte antico sul torrrente Bevera, che da quelle parti ha appena cominciato il discreto e tortuoso cammino che lo porta a confluire nel fiume Roia all'altezza di Bevera di Ventimiglia. Nessuno dei tre gitanti sapeva allora della spaventosa strage di partigiani italiani e francesi, compiuta nel territorio di quel villaggio dai nazisti nell'agosto 1944, né che si era salvato per un soffio da quella tragedia il padre di una ex compagna di scuola del timidone.

Gli stessi tre personaggi quando in un'altra occasione arrivarono al Santuario di Laghet, che è vicino a La Turbie e, dunque, alquanto lontano da Sospel, non erano al corrente di quante storie stessero dietro ai tanti ex voto appesi alle pareti della Cappella e nemmeno della persistenza di un pellegrinaggio che tuttora conduce a piedi a quel sito diversi fedeli - o cultori di curiosità locali - partiti da Camporosso e dintorni: vicende in ogni caso tratteggiate con buona penna in più di un suo lavoro da Arturo Viale.

A La Turbie non si erano neppure fermati perché il neghittoso della compagnia aveva dichiarato che il Trofeo di Augusto l'aveva già visitato in occasione di una gita scolastica: ma forse gli pesava di più l'amaro ricordo di una pregressa cotta non corrisposta.

Nel corso delle prime escursioni in Costa Azzurra era ancora assente il piccoletto, che subentrò in seguito a prendere il posto del cugino del guidatore: questi voleva ben rodare la macchina nuova, una Fiat 1100 (o era una 1500?) color crema, il parente volle, dopo due o tre occasioni, dedicare quei pomeriggi agli studi, probabilmente per tenersi ben libera la giornata della domenica.

Il sabato pomeriggio, in effetti, era il tempo deputato per simili esperienze, non solo per gli impegni scolastici di chi faceva il passeggero, ma anche perché prima occasione libera in settimana per l'autista, il quale, già diplomato ragioniere, aveva intanto assunto doveri di lavoro.

Ad arrivare al 1968, gran parte delle strade di quel levante di Costa Azzurra non ebbero più segreti per i tre - a volte ridotti ai due (si fa per dire!) più anziani - di cui si è detto all'inizio. Cannes, la Promenade a Nizza - all'epoca arteria obbligata di scorrimento -, la vallata parallela al mare, una Nizza stranamente mai ben visitata allora, i cartelloni del Festival del Cinema, gli esiti tremendi di tanti incidenti stradali accaduti in quel Dipartimento - purtroppo ripetuti e visti (soprattutto sulla Moyenne Corniche) negli anni a venire, per fortuna mai neppure sfiorati a quel tempo - e tanto altro disegnarono un caleidoscopio di suoni e di colori difficile da tenere bene a memoria.

Ad un imprecisato sentimento di amarezza per aver quasi subito perso di vista - i casi della vita: trasferimento professionale - si aggiunse pochi anni fa, pesante come un macigno, la notizia che quel baldo automobilista era appena deceduto, tutto solitario, in circostanze misteriose in un paese dell'America del Sud.

Adriano Maini