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mercoledì 4 giugno 2025

"Avevina" e "corsetta", treni d'antan

Sanremo (IM): l'ex stazione ferroviaria


Le Ferrovie dello Stato, in collaborazione o per conto dell’agenzia di viaggi A.V.E.V., organizzò, impiegando alla bisogna i propri dipendenti, per alcuni anni viaggi di andata e ritorno Milano-Sanremo a disposizione non solo dei giocatori del Casinò della città dei fiori, bensì, specie nella bella stagione, dei padri di famiglia che volevano raggiungere per poco più di una giornata i loro cari in vacanza al mare. 
La partenza da Milano era al sabato alle ore 14.42 con arrivo a Sanremo alle ore 19.10. Da Sanremo si tornava a Milano alle 9.17 del lunedì. Non risulta fossero previste fermate intermedie.
Si tramanda che questo “direttissimo” abbia svolto le sue funzioni dal 1948 al 1958. Il mezzo utilizzato era una più o meno classica “Littorina”, come si diceva ancora alla soglia degli anni Sessanta, ribattezzata - non ci si si ricorda quanto ufficialmente - “Avevina”, mentre una pubblicità la definiva “freccia Aurelia”. 
Si potrebbe risparmiare per l’occasione l’astruso nome tecnico del mezzo, ALtn.444.3001, ma non almeno un accenno al fatto che si era proceduto all'adattamento di un mezzo d'anteguerra, rispetto al quale i progettisti, inserendo una torretta belvedere - altro appellativo talora usato - si era forse ispirati ai vista-dome americani: in ogni caso l'esperimento fece da modello per altri treni all'epoca considerati più o meno di lusso.
La vicenda aveva interessato qualche anno fa il grande fotografo di Sanremo Alfredo Moreschi, che aveva reperito notizie sparse sull'argomento da inserire nel sito dell'Archivio di immagini di famiglia.
Il servizio del rientro a Milano era assicurato dai ferrovieri di Ventimiglia, che, per recarsi a questo lavoro, abitualmente salivano su precedente convoglio, così come per il ritorno da Milano prestavano la loro attività su di un altro treno.
Quei ferrovieri di Ventimiglia, dal gergo colorito concorrenziale con quello di altri addetti ai trasporti, quali carrettieri e marinai, avevano, invero, ribattezzato quella "littorina", alludendo con un epiteto molto salace a certe possibili conseguenze delle lunghe assenze dei mariti.

Ospedaletti (IM): l'ex stazione ferroviaria

Santo Stefano al Mare (IM): la zona dell'ex stazione ferroviaria 

Una "corsetta" nel 1958

Uno scorcio di Imperia

Sempre quei birboni dei ferrovieri di Ventimiglia preferirono chiamare tra di loro "corsetta" un "accelerato" che grosso modo nella seconda metà degli anni Cinquanta, partendo da Ventimiglia più o meno poco dopo l'ora di pranzo, si arrestava alla stazione di Imperia Oneglia. Vi è da notare che, essendo ancora avveniristico lo spostamento a monte della linea, le fermate intermedie erano veramente tante: Vallecrosia, Ospedaletti, Bordighera, Sanremo, Arma di Taggia, Riva - Santo Stefano (stazione unica sul confine tra le due cittadine), San Lorenzo al Mare - Cipressa, Imperia Porto Maurizio. Il treno ripartiva, facendo la stessa trafila dell'andata, per rientrare a Ventimiglia per l'ora di cena. E si è persa la memoria di quali fossero in prevalenza gli utenti, molti dei quali, se salivano nella città di confine, probabilmente erano statali con incarichi solo mattutini, mentre la casistica per chi gravitava sul capoluogo provinciale e nelle località intermedie dovrebbe essere stata di tipo più corrente.
Si possono aggiungere delle note curiose. Essendo la sosta ad Oneglia di macchinisti, capitreno e conduttori abbastanza prolungata, poteva capitare che qualcuno di loro spendesse il tempo libero entrando in un cinema, il che attesta che anche in provincia a quei tempi erano aperti dei locali di seconda, se non terza visione, un aspetto comunque di rilievo sul piano sociale e su quello del costume. Anche in questi casi, come spesso per Milano, accadeva che qualche ferroviere portasse con sé un figlio o due, magari soprattutto pensando alla bella sorpresa che poteva essere data dalla visione di un bel film: solo che qualche volta nel buio di una sala poteva succedere che un piccolo rimanesse intimorito, per cui il genitore lo accompagnava fuori abbandonando, senza rimborso di biglietti, le poltrone, magari lasciando indietro un pargolo più grande, da andare a ripescare finita la proiezione.
Ad Oneglia c'era anche altre distrazioni ed attrazioni, soprattutto il porto, ai tempi sul serio uno scalo commerciale, sulla cui calata e sul cui molo corto spiccavano cumuli di merci varie: una zona collegata alla stazione ferroviaria da binari colocati su arterie cittadine, binari sono a non molti anni fa ancora utilizzati - con evidenti intoppi per l'aumentato traffico stradale - per una nota fabbrica purtroppo ormai chiusa.

Da tanto, poi, per lo meno da quando la S.N.C.F., la società transalpina, ha pensato di rinunciare in modo definitivo alle vaporiere, permane ancora la necessità di congegni ed accorgimenti tecnici per garantire il passaggio dall'elettrificazione francese (1500 V in corrente continua) a quella italiana, con locomotori - come scrivono gli esperti - "alimentati a mezza tensione fino a una sezione di separazione 1500/3000 V", questa situata in un punto prossimo all'ex Seminario di Bordighera.

Adriano Maini

martedì 3 settembre 2024

Quell'uomo stava guardando una partita di calcio dei dilettanti





Alla svolta degli anni '60 guardava in tribuna, nel vecchio campo di Piazza d'Armi a Camporosso, una partita (di calcio, serie Dilettanti o giù di lì) in casa della Ventimigliese un signore ormai anziano, alto, robusto e dalla voce tonante, all'epoca forse ancora "procaccia" di Poste Italiane.
 
Gli si avvicinò un autista in livrea che gli disse che il suo titolare, assiso in autovettura, avrebbe desiderato parlargli: al che l'omone rispose che prima avrebbe guardato finire la gara.
 
Fu grande il suo stupore di ritrovare infine ad attenderlo pazientemente l'ufficiale, al quale aveva salvato la vita durante la Grande Guerra, ancor di più nel riscontrare che era ormai un famoso magnate italiano dell'industria. Il personaggio in questione intendeva ringraziare ancora l'antico subordinato.
 
E quell'avvistamento a distanza forse sarà stato possibile per via di quel vecchio muro basso, solo sormontato da un'alta rete per trattenere le pallonate... Anche se, invero, l'anonimo cronista della vicenda non ha tramandato se per caso il beneficato non avesse effettuato preventive ricerche da cui evincere dove potesse quel giorno rinvenire il suo vecchio angelo custode...

Adriano Maini

domenica 26 novembre 2023

A La Turbie non si erano neppure fermati

La Turbie: una vista su Cap Martin

Correva l'anno 1967 e lassù a Sospel il ragazzino ed il giovanotto, che aveva guidato l'automobile da Ventimiglia, cercavano di flirtare con la bella e prosperosa giovane cameriera la quale si stava rimirando, invece, il terzo componente la piccola comitiva, un biondo dall'aria tenebrosa e malinconica tutto concentrato in sue apparenti profonde riflessioni. Lì vicino era il ponte antico sul torrrente Bevera, che da quelle parti ha appena cominciato il discreto e tortuoso cammino che lo porta a confluire nel fiume Roia all'altezza di Bevera di Ventimiglia. Nessuno dei tre gitanti sapeva allora della spaventosa strage di partigiani italiani e francesi, compiuta nel territorio di quel villaggio dai nazisti nell'agosto 1944, né che si era salvato per un soffio da quella tragedia il padre di una ex compagna di scuola del timidone.

Gli stessi tre personaggi quando in un'altra occasione arrivarono al Santuario di Laghet, che è vicino a La Turbie e, dunque, alquanto lontano da Sospel, non erano al corrente di quante storie stessero dietro ai tanti ex voto appesi alle pareti della Cappella e nemmeno della persistenza di un pellegrinaggio che tuttora conduce a piedi a quel sito diversi fedeli - o cultori di curiosità locali - partiti da Camporosso e dintorni: vicende in ogni caso tratteggiate con buona penna in più di un suo lavoro da Arturo Viale.

A La Turbie non si erano neppure fermati perché il neghittoso della compagnia aveva dichiarato che il Trofeo di Augusto l'aveva già visitato in occasione di una gita scolastica.

Nel corso delle prime escursioni in Costa Azzurra era ancora assente il piccoletto, che subentrò in seguito a prendere il posto del cugino del guidatore: questi voleva ben rodare la macchina nuova, una Fiat 1100 (o era una 1500?) color crema, il parente volle, dopo due o tre occasioni, dedicare quei pomeriggi agli studi, probabilmente per tenersi ben libera la giornata della domenica.

Il sabato pomeriggio, in effetti, era il tempo deputato per simili esperienze, non solo per gli impegni scolastici di chi faceva il passeggero, ma anche perché prima occasione libera in settimana per l'autista, il quale, già diplomato ragioniere, aveva intanto assunto doveri di lavoro.

Ad arrivare al 1968, gran parte delle strade di quel levante di Costa Azzurra non ebbero più segreti per i tre - a volte ridotti ai due (si fa per dire!) più anziani - di cui si è detto all'inizio. Cannes, la Promenade a Nizza - all'epoca arteria obbligata di scorrimento -, la vallata parallela al mare, una Nizza stranamente mai ben visitata allora, i cartelloni del Festival del Cinema, gli esiti tremendi di tanti incidenti stradali accaduti in quel Dipartimento - purtroppo ripetuti e visti (soprattutto sulla Moyenne Corniche) negli anni a venire, per fortuna mai neppure sfiorati a quel tempo - e tanto altro disegnarono un caleidoscopio di suoni e di colori difficile da tenere bene a memoria.

Ad un imprecisato sentimento di amarezza per aver quasi subito perso di vista - i casi della vita: trasferimento professionale - si aggiunse pochi anni fa, pesante come un macigno, la notizia che quel baldo automobilista era appena deceduto, tutto solitario, in circostanze misteriose in un paese dell'America del Sud.

Adriano Maini

giovedì 2 marzo 2023

A Vallecrosia c'è ancora la vecchia casetta...


A Vallecrosia c'è ancora la vecchia casetta da cui si proiettavano un tempo le pellicole di un cinema all'aperto: anzi, è ancora conservato il foro adattato allo scopo.


Gli spettacoli avevano luogo a ridosso dell'ormai demolito Mercato dei Fiori, situato in pratica sul confine con Camporosso.


A Ventimiglia una rinomata enoteca nello stesso posto esisteva già negli anni Trenta del secolo scorso, probabilmente meno elegante di oggi, perché allora era una semplice osteria o giù di lì, mentre adesso si presenta come un locale alla moda, molto alla moda: si raccontava di una mula che si fermava da sola davanti all'esercizio per consentire al conduttore - non proprietario - di bersi colà in santa pace un bel bicchiere di vino. Quanti avvenimenti sono accaduti e quante persone si sono avvicendate tra quelle mura! In proposito, Gaspare Caramello vi ha proprio ambientato gran parte di un suo racconto, molto interessante e assai divertente.


Sempre a Ventimiglia, il Mercato dei Fiori c'è ancora come denominazione - riportata con orgoglio sul frontone di ingresso - ma da tanto è un mercato annonario, anzi, un mercato coperto attrezzato: anche volendo, non vi si potrebbero più tenere le favolose serate danzanti di cui si tramanda ancora l'eco.


A Bordighera almeno una delle storiche fontane - quella di zona Villa Ortensia - è stata spostata, anche per più di cento metri, in prossimità di dove sorgeva il capannone per la costruzione dei carri, destinati a sfilare alla Battaglia di Fiori di Ventimiglia ed approntati dalla compagnia "I Galli del Villaggio": non ci sono più in loco - o non possono più aspirare ad essere tali - utenti alla ricerca di acqua fresca, forse sorgiva...


... sorgiva di sicuro nel caso della vecchia fontana - e già abbeveratoio per animali - di Via Romana, in prossimità della Civica Biblioteca Internazionale, sempre meta di appositi pellegrinaggi di squisiti intenditori del prezioso liquido.

Adriano Maini