"[...] uno scrittore messicano, Federico Campbell, mi ha dato la risposta: ricordare è lo stesso che immaginare. Non sono capace di scrivere romanzi, ma c'è forse qualcosa di più fantastico della realtà?" così si è espresso Federico Scianna, valente fotografo e grande amico di Leonardo Sciascia, con Michele Smargiassi, che ha riportato la frase nel suo articolo Scianna. Scrivere, che bella visione, apparso su il venerdì di Repubblica, n° 1730, dello scorso 14 maggio.
Si tratta di un'espressione che mi spinge per l'ennesima volta ad attingere ai ricordi di racconti uditi in questo lembo di ponente ligure che va da Bordighera al confine con la Francia e comprensivo dell'entroterra: fatti non necessariamente accaduti da queste parti, ma in ogni caso rammentati da chi in questa terra era nato o era venuto ad abitare.
Piccole cose - ben inteso - ma anche inediti più o meno singolari. Ed in questa occasione mi precludo la strada dei fatti di famiglia, pur singolari, sui quali posso sempre ritornare.
Mi riemerge, in tale contesto, la spinta a proclamare - con alquanta spavalderia! - che la storia si compone di mosaici realizzati con tante minuscole tessere. A prescindere - logicamente - da attestazioni di ordine letterario o di afflato lirico.
Procedo con qualche esempio, allora, talora abborracciato, perché quasi mai ho avuto l'accortezza di tenere acconce tracce.
La fuga di una coppia di giovani, poco più che adolescenti, a cavallo tra Ottocento e Novecento, da un paesello arroccato in altura per coronare un contrastato sogno d'amore. L'idillio finito. Un paio di figli in collegio ad Alassio. La fuga di lui negli Stati Uniti. Il suo ritorno per partecipare alla Grande guerra. Un altro viaggio, definitivo, oltre oceano. Quali intermezzi, alti e bassi di carattere economico. Una nuova famiglia negli States. Fratellastri e loro discendenti che tempo dopo si conoscono. Un trama degna, anche se più leggera, di Good Morning Babilonia dei fratelli Taviani.
Gli eventi di un bersagliere, non più di leva, di un altro nostro piccolo borgo. Ad iniziare dall'obbligo che più di un secolo fa questi soldati avevano di svolgere, una volta conclusa la ferma, ulteriori periodici addestramenti. Fu così che ebbe occasione di conoscere o di vedere da vicino i protagonisti del famoso caso della contessa Tiepolo. Nel grande conflitto portò in salvo sulle spalle il compaesano gravemente ferito della vicina vallata, il quale serbò sempre grata memoria anche ai suoi discendenti. Ebbe a compiere qualcosa del genere anche con un suo ufficiale a cui, quando presente al soggiorno militare in Sanremo, in seguito con una figlia faceva spesso visita, recando modesti doni prodotti nella sua campagna: seppe, poi, che da generale fu uno degli eroi tra gli italiani che si opposero ai tedeschi in Corsica dopo l'8 settembre 1943.
Il prossimo grande avvocato ed il futuro insegnante, nonché capitano di navi da guerra e mercantili, che facevano chilometri a piedi per completare gli studi.
Un altro docente, misconosciuto studioso di grande levatura, il quale, rimasto orfano, non ben assistito dagli zii, una parte del Liceo Ginnasio la fece in Seminario, evitando - va da sé - di diventare prete.
Il pescatore, in seguito floricoltore, destinato ad aiutare ebrei
stranieri in fuga dall'Italia, che ai premilitari imposti dal fascismo
si presentava scalzo, sostenendo che in famiglia non c'erano soldi per
le scarpe, di modo tale che regolarmente veniva rimandato a casa.
Un mezzo di fortuna in mezzo al mare dopo l'affondamento della nave che
era di scorta ad un convoglio italiano di rifornimento. Senza acqua e
cibo sotto un sole implacabile. Poi, un sommergibile inglese in
salvataggio dei superstiti. Destinazione: un campo di prigionia.
Nel piccolo racconto che segue una fotografia la ricordo. Ritrae il mio personaggio, quasi superbo a cavallo, egli, invero, persona signorile ed affabile, ma al momento ufficiale di complemento nella tragica campagna di Russia della seconda guerra mondiale. Senonché, io rammento soltanto i suoi occhi umidi quando mi descriveva le sue peripezie non della ritirata da quel fronte, ma del dopo Armistizio, quella volta in fuga da Alessandria verso l'Irpinia per riabbracciare i suoi cari. Non era ancora per lui il tempo di arrivare a Ventimiglia.
Un bambino di cinque anni che dall'altura di Colasgarba assiste all'avvio del terribile bombardamento aereo su Nervia. Subito dopo, con la famiglia, sotto un robusto tavolo in un vano seminterato adiacente al soggiorno. Il nonno vuole vedere o chiudere ancora qualcosa. Una pioggia di microscopici pezzi di vetro lo investe in pieno (ed il medico avrà il suo bel da fare per rimuoverli tutti!): un ordigno aveva appena scavato una profonda buca davanti alla Villa.
Adriano Maini