sabato 13 novembre 2021

Se a Roma piove



E l'alberghetto scalcagnato davanti al quale i miei due accompagnatori mi lasciarono, ormai nel cuore della notte, fu un po' come un tocco finale. A me sembra ancora adesso, per farla breve, tratto di peso da un qualche romanzo dove compare Maigret, con la differenza che io mi trovavo a Marsiglia e non a Parigi. Solita tappezzeria un po'... trasandata, solito rubinetto che sgocciolava, solita persiana che cigolava al vento, solite voci di donne e uomini: queste cose, nonostante il... mal di testa me le ricordo, così come mi ricordo di avere dormito ben poco. Il mio... autista, dalla guida invero spericolata, sì che per tutto il viaggio di andata e ritorno per e da Aubagne - altra vicenda! - mi ritrovai ad essere teso come poche volte nelle mie esperienze, ed il suo... secondo di bordo mi avevano - oltre a giocarmi lo scherzetto della "mamma dei legionari" - sommerso di gustosi aneddoti riferiti a Gaston Deferre, che stava per diventare in quel momento - primavera 1982 - ministro, ma già storico sindaco della città dei Focesi d'Occidente e di Pitea il Navigatore. E la statua di Pitea in quella che era stata la polis dell'uomo che per primo aveva visto l'ultima Thule - narra la leggenda! - l'avrei rivista con maggior comodo una decina di anni dopo.

Circa Marsiglia non posso, poi, trascurare almeno un accenno a Jean-Claude Izzo, un uomo impegnato sul fronte sociale ed antirazzista, che da scrittore trasfigurava i suoi valori in cupe storie noir: nei suoi libri quella città e i suoi dintorni, non molto lontani da questa riviera, assumono contorni quasi magici: si sentono l'odore del mare, i profumi dei fiori e delle erbe mediterranei, i sapori di cibi cosmopoliti. E si palpita per personaggi che sembrano usciti da una canzone di Francesco De Gregori, nel contempo in cui certi "cattivi" sembrano (almeno a me) un po' esagerati, anche se fanno rinviare con il pensiero a tante trame criminali realmente esistenti...

La prima volta che venni portato a Milano avevo poco più di due anni, come testimoniato da una fotografia di famiglia, scattata in Piazza Duomo con l'immancabile cornice di piccioni, uno in mano a mio padre, ma non posso certo ricordarne nulla.
Ricordo bene, invece, che, prima dell'età scolastica, dalla finestra di un piano ben alto posizionato in Via Santa Radegonda mi sembrava di toccare con una mano quel Duomo che mi affascinava tanto.
Quella casa non c'é più, sostituita da un orrendo silo-parcheggio, quasi adiacente alla Galleria. Ed il Duomo non mi appare oggi poi così vicino.

N., d'immigrazione dal Polesine (e al secondo matrimonio di Silvano Z. mi raccontò di sue ricerche storiche locali), faceva il bracciante nella campagna epicentro de "La curva del Latte" di Nico Orengo. Ma alle due di notte teneva testa a Francesco Biamonti in quelle lunghe discussioni nelle quali il romanziere di San Biagio della Cima, che non aveva ancora esordito come tale, dimostrava una sua grande dote, mai appieno oggi rammentata: la sua grande signorilità. N., dalla grande dialettica e dalla grande erudizione da autodidatta, conobbe una graziosa insegnante di Milano. Ne conseguirono l'amore e il trasferimento a Milano. In una di queste tappe, forse quella definitiva, lo accompagnammo io e Silvano. Gustoso l'episodio delle strelitzie, dimenticate a mollo, che stavano per trasbordare dalla vasca da bagno.

A Roma. Quasi una gag. Il collega, che senza chiedermi nulla mentre ne ero un po' consapevole, interpella in quella notte di inizio primavera un passante circa Fontana di Trevi, salvo accorgersi (su questo, invece, io ero out!) un attimo dopo che era un noto attore. Indicazioni vaghe come risposta. Che era dietro l'angolo, praticamente!
Camminate, tante camminate. Non solo alle manifestazioni. D'altronde, per fare i turisti per caso non si può agire diversamente. Altri colleghi, in queste peregrinazioni molto post-lucane, a dirmi che conoscevo bene storia e monumenti. Di lì, forse, personali intensi ripasso e studio di tante cronache passate e di tante guide recenti. Ma, più si sa, più ci si accorge di sapere poco!
A Trastevere case che negli interni ricordano quelle quasi turrite dei borghi liguri. E locali pubblici dove gli avventori discutendo bonariamente, ma in modo colorito, forse (anzi, penso che vada tolto questo condizionale, se rifletto su cronache relative a parole, motti, suggestioni carpiti per strada da soggettisti e sceneggiatori di capolavori della "commedia all'italiana) forniscono tanti spunti ad artisti che vanno per la maggiore.
Se a Roma piove, le cose vengono fatte per bene. Memorie di fortunate fughe in taxi sotto l'infuriare degli elementi.

Se distrattamente penso a Genova inopinatamente rivedo uno scorcio del Porto Antico prima che l'ultima galleria in prossimità della Stazione Principe accolga il mio convoglio.

Il mio cognome viene da case sparse su collinette non lontane da Fornovo Taro, in provincia di Parma. Anche la famiglia della nonna del lato paterno aveva radici nel comune di Medesano, ché di questo si  tratta. Insomma, da quelle parti i miei antenati ci stavano da secoli: qualche storia forse interessante me la ricordo ancora. C'é anche una singolare assonanza tra il nostro cognome e il nome di quella frazioncina, che curiosamente coincide con quello di un sobborgo di Napoli: Miano. Indubbiamente film come "Novecento" di Bertolucci, ma ancor più "Questa specie di amore" di Bevilacqua, alla loro uscita mi fecero d'improvviso ripensare con intensità a queste mie origini che ormai, preso dal mio pieno ingresso nell'età adulta, stavo discretamente trascurando. Questi film, non altri, non altre opere letterarie, per diverse motivazioni, alcune proprio d'impatto con una mia personale rivisitazione della nostra saga familiare: da cui adesso estrapolo tuttavia solo il forte messaggio sociale, democratico ed antifascista contenuto in quelle pellicole, perché mi sembra di forte, stringente, amara attualità.

Quella volta a Bologna in Piazza Maggiore mi sembrò di sentire odore di buona cera nell'aria, ma forse era solo la suggestione causatami da quella magnifica quinta teatrale che facendo principio anche da Palazzo di Re Enzo, continuando per la Basilica, termina con Palazzo d'Accursio. E i crocchi improvvisati di persone che discutevano civilmente, soprattutto di politica, li ho visti forse prima che qualcuno li consegnasse alla pagina scritta, memoria di nobile costumanza ampiamente decaduta.

Su quel trenino con motore diesel, che da Imperia Oneglia faceva la spola due volte al giorno con Cuneo (o Torino? oggi è abolito) quando facevo il pendolare ancorché di breve tragitto, ero infine, dai tempi in cui da bambino mi era già capitato, tornato a fianco di un macchinista per guardarmi con angolo visuale diverso i pochi scorci panoramici che rimangono dopo l'avvenuto spostamento a monte della ferrovia tra San Lorenzo al Mare ed Ospedaletti...

Adriano Maini