sabato 27 aprile 2024

Profumi

Camporosso (IM): la provinciale di Val Nervia poco oltre la vecchia distilleria

Negli anni Sessanta, in qualche caso anche oltre. Odori dolciastri di distilleria accoglievano di tanto in tanto al campo di atletica del Prino ad Imperia - all'epoca una struttura dell'Esercito - i partecipanti ai campionati provinciali studenteschi e gli atleti di Maurina e di Foce, società rispettivamente del capoluogo provinciale e di Sanremo, sia in occasione di allenamenti che di gare. Fragranze di tal genere davano il benvenuto a chi in Corso Genova di Ventimiglia lasciava o entrava in regione Nervia, a chi transitava lungo la provinciale di Val Nervia in località - anche questa! - Nervia di Camporosso, a chi passava in zona Bigarella, angolo Via Romana, di Bordighera.

Oggi, invece, in molti luoghi. A saperli cogliere, i profumi intensi delle jacarande quando queste iniziano a sfiorire: di particolare forza in Via Romana a Bordighera sopra il Giardino Monet.

Gli aromi di caffè appena tostato erano sino a poco tempo fa una costante in tutto il Paese. Il ponente ligure conferma tuttora in larga misura la tradizione, ad esempio in Piazza Dante ad Imperia ed in Via Fiume a Sanremo. Ma é uno scomparso esercizio di Via Prè a Genova che ha ricevuto di recente gli onori del ricordo indiretto da parte di una brillante penna - forse ignara del fatto che allo stato attuale non troverebbe più riscontro per la sua memoria - di una ex studentessa universitaria degli anni Sessanta sul blog di Chiara Salvini: "Con tutto ciò, devo dire che quello che amo ancora di Genova è il profumo del caffè che si respirava nei suoi vicoli: quando uscivo dall’ambiente polveroso dell’Università di via Balbi andavo a Principe attraversando via Prè e lì c’era la Genova che mi piaceva: mi piace De André perché ha amato e cantato quella città, per tanti versi inospitale". Non sarà del tutto fuori tema sottolineare, a questo punto, che furono clienti assidui della torrefazione di Via Prè tanti ferrovieri del personale viaggiante che prendevano servizio alla stazione di Ventimiglia.

Adriano Maini

sabato 13 aprile 2024

Calvino non poteva non essere riconosciuto

Ospedaletti (IM): Villa Cicalina

A Villa Cicalina a Capo Nero di Ospedaletti Elsa De Giorgi e Italo Calvino vissero, a metà anni Cinquanta, un intenso periodo estivo nell'arco di una relazione che non si alimentò solo di passione (Elsa De Giorgi, Ho visto partire il tuo treno: "Sono con te, tutto il resto mi è estraneo e indifferente... Il nostro amore scorre ancora accidentato e tutto rapide e anse come un torrente, e forse è in questa sua natura, nella natura accidentata e sassosa del terreno che attraversa la sua vera natura, la prova vera della sua forza: ma è di quei torrenti che si sa che diventeranno fiumi che traverseranno pianure e regioni che nutriranno mari"), ma anche corroborò la vena artistica dello scrittore nato a Cuba che prese ispirazione dall'amata per diverse figure femminili delle sue opere dell'epoca. 

Della signora, già famosa attrice del cinema, è d'uopo anticipare che era ormai vocata a intensi impegni in teatro e ad essere se non musa, sodale di diversi intellettuali, tra cui, ad esempio, Carmelo Bene, ma ancora lontana (come invece per lei sarà decenni dopo) a fare rifulgere la sua intelligenza in altri memoriali che non fossero "I Coetanei" (la cui pubblicazione fu occasione galeotta per farle conoscere con Calvino), lavori nei quali tornerà sulle singolari vicende del marito, Sandro Contini Bonacossi, protagonista a pieno titolo della Resistenza, ma anche co-erede di uno straordinario patrimonio artistico, la cui dissoluzione venne indagata con occhio lucido, dopo la sua tragica scomparsa, dalla moglie. 

Per giunta spicca in quel lontano frangente un singolare aneddoto.

Un giovane fotografo di Sanremo, destinato di lì a breve a diventare apprezzato e famoso, era stato convocato in quella casetta per scattare immagini di manufatti artistici realizzati dall'ex diva dei "telefoni bianchi": fece brevemente capolino da dietro una tenda Calvino, vero ligure dal carattere schivo, sì, ma che non poteva non essere riconosciuto da un abitante della città dei fiori, oltrettutto amico di tanti amici dell'ex partigiano Santiago.

Adriano Maini

martedì 2 aprile 2024

Genova (1)


Negli anni Cinquanta - e ancora dopo! - si potrebbe dire che non c'era bambino (e forse non solo loro!) che non sbirciasse estasiato per pochi secondi dal finestrino del treno che stava entrando nella stazione di Principe le navi alla fonda nel porto (il Porto Antico!) visibili come per un'improvvisa apparizione attraverso un piccolo varco panoramico. La gioia era più grande se erano presenti dei transatlantici, tra i quali ben presto i più ambiti furono Raffaello e Michelangelo, gli stessi che gli scolari più fortunati, residenti a ponente della Superba, talvolta potevano con entusiasmo vedere passare non molto al largo delle loro spiagge.
Erano altri tempi certamente, di ben ridotto progresso tecnico e materiale rispetto al presente, ma tali da lasciare accontentare i più piccoli con poco: si provi a pensare a quale ridda di emozioni si sarebbero scatenate decenni fa se fossero già stati presenti quei colossi che sono le attuali navi da crociera!
Una distinta signora, già bambina slovena imbarcata nell'immediato secondo dopoguerra da Genova con la famiglia alla volta dell'Argentina, racconta tuttora della perdurante emozione di quella partenza poco a levante della Lanterna alle figlie, in particolare alla ragazza trasferitasi da tempo nel Bariloche, la quale, conoscendo l'italiano, ha trasmesso dialogando via email ai cugini liguri questa intensa memoria.
Non c'era ancora la sopraelevata, quando più di adesso famiglie in gita a Genova non mancavano di farsi ritrarre con il porto alle spalle quale prezioso ricordo.
L'importante infrastruttura, che tale è anche se rappresenta un vero ingombro visivo sullo scalo, fa dall'epoca della sua costruzione da sfondo - una cornice che racchiude - ad una serie impressionante di vicende grandi e piccole.
A stare sul banale e in ordine sparso: incontri casuali, soprattutto di amici e conoscenti delle due Riviere; trattorie tipiche, con tipici piatti genovesi, come il particolare minestrone; gite scolastiche, oggi soprattutto con meta l'Acquario; continui lavori in corso - memorabili quelli per le Colombiadi -; per gli automobilisti foresti frequenti errori per indovinare le uscite, specie per quelle prossime ai parcheggi.
All'ombra dell'arteria inizierà a breve l'opera di recupero - con ristrutturazioni "alla moderna" - di Hennebique, l'ex silos granario che, come recita un articolo di un portale, fu "costruito nel 1901 in stile Art Déco da Giovanni Antonio Porcheddu, utilizzando il sistema [di cemento armato] brevettato da François Hennebique". Non sempre nelle cronache di questa vicenda era emerso il nome di Porcheddu, che adesso sembra ottenere un giusto riconoscimento, che dovrebbe onorare anche gli abitanti di Bordighera e zona, dato che l'ingegnere Porcheddu, producendo solo due esempi circa la sua discendenza, fu padre dell'artista antifascista Giuseppe e nonno del pittore Gian Antonio.
Adriano Maini