James Ellroy - Fonte: Wikipedia |
Un giudizio altamente lusinghiero é stato a suo tempo espresso su James Ellroy da Giancarlo De Cataldo, autore del noto "Romanzo criminale" e di altre opere noir, che contribuì
a metà anni '90 a far conoscere questo autore americano nel nostro Paese.
Ellroy é uno scrittore noir, che, a mio personale avviso, ha portato il genere ad un elevato grado di intensità drammaturgica.
Procedo, tuttavia, con delle annotazioni estemporanee.
Nel suo penultimo ciclo di romanzi - American Tabloid, Sei pezzi da mille, Il sangue è randagio - Ellroy intesse una trama, che ha delle radici lontane nel tempo, sino agli anni '20, fitta di episodi e di personaggi, facendo ruotare in primo piano da un'opera all'altra figure di fantasia sempre al centro degli avvenimenti. La conclusione si situa intorno all'epoca di Nixon Presidente. Tutto, intorno a queste figure principali, che sono già o diventano presto assassini spietati, é crimine, o quasi; tutto, o quasi, é complotto. Ed é un americano che riscrive gran parte della recente storia americana! FBI, CIA, polizie varie: soprusi ed illegalità a non finire!
Più facile riflettere su J. Edgar Hoover, direttore (nessun Presidente ebbe il
coraggio di rimuoverlo!) per più di quarant'anni del Federal Bureau.
Procedo, tuttavia, con delle annotazioni estemporanee.
Nel suo penultimo ciclo di romanzi - American Tabloid, Sei pezzi da mille, Il sangue è randagio - Ellroy intesse una trama, che ha delle radici lontane nel tempo, sino agli anni '20, fitta di episodi e di personaggi, facendo ruotare in primo piano da un'opera all'altra figure di fantasia sempre al centro degli avvenimenti. La conclusione si situa intorno all'epoca di Nixon Presidente. Tutto, intorno a queste figure principali, che sono già o diventano presto assassini spietati, é crimine, o quasi; tutto, o quasi, é complotto. Ed é un americano che riscrive gran parte della recente storia americana! FBI, CIA, polizie varie: soprusi ed illegalità a non finire!
Solo che nei romanzi in questione i personaggi simpatizzanti della
sinistra e di un sindacalismo diverso da quello ufficiale sono in genere
così insignificanti, che solo un sadismo istituzionale dedito alla
ricerca di informatori ricattabili (come per le polizie di tutti tempi e
di tutto il mondo!) poteva loro dedicare energie e risorse sotto forma
di pedinamenti, violazioni del segreto postale, intercettazioni
ambientali (ancora rudimentali, per la verità!) e telefoniche,
infiltrazioni ed altro di sbirresco ancora.
Geograficamente in questo ciclo si viaggia molto, anche fuori dagli USA.
I principali teatri americani sono Washington, Chicago, Los Angeles,
Miami, Dallas, Las Vegas, come città. E gli Stati relativi, con un
particolare rilievo per la Florida. Ma ci sono, anche, all'estero, Cuba,
il Vietnam, il Centro America.
Il crocevia di tutte le storie é, in effetti, la velleità della mafia
americana di riprendersi i casinò sequestrati dal (all'epoca!)
neo-regime di Fidel Castro: un'ipotesi molto accreditata da varie fonti,
ripresa anche di recente da alcuni giornali.
Non potevano mancare, allora, i campi di addestramento per i mercenari
della tentata invasione di Cuba del 1962, le esercitazioni ed i riti
funesti del Ku-Klux-Klan, una visione in presa diretta del fallito
sbarco nella Baia dei Porci, la coltivazione dell'oppio ed il traffico
dell'eroina in e dall'Indocina per finanziare attività eversive e la
mafia, i summit mafiosi (anche per l'affare dei casinò di Las Vegas), le
connesse infiltrazioni di CIA e mafia in Centro America a sostegno o
per insediare sanguinosi regimi dittatoriali. Le azioni in Centro
America sono descritte in pagine di alta drammaticità e di grande
implicita condanna (di cui il conservatore Ellroy, tutto preso
dall'ispirazione artistica, forse non si é reso pienamente conto) dei
misfatti statunitensi, mai pienamente svelati come in questa occasione.
Il ritmo del racconto viene spesso scandito da titoli e sottotitoli di
giornali (presumo quasi tutti reali) e da apocrifi documenti segreti
FBI, i quali ultimi sono estremamenti illuminanti, perché ricalcati su
quanto gli archivi hanno poi rivelato, soprattutto circa la paranoia che
Hoover nutrì verso Luther King, spiato (ed é un eufemismo) anche dopo
il conseguimento del Premio Nobel per la Pace.
Con Perfidia (del 2014) lo scrittore torna, forse per The Second L.A. Quartet, alla sua ambientazione preferita, specie se d'epoca, Los Angeles, da cui era partito. in cui ha collocato altri suoi lavori, tra cui cito Prega detective (1981) e Clandestino (1982), che me lo fecero conoscere. Ha scritto altro ancora, che in ogni caso tralascio.
"White Jazz" (1992), ad esempio, é uno dei romanzi della cosiddetta quadrilogia (o L.A. Quartet), dedicata già più di trent'anni fa da Ellroy a Los Angeles, una serie comprensiva di "Dalia nera" (1987), "Il grande nulla" (1988), "L.A. Confidential" (o "Los Angeles strettamente riservato") del 1990, un libro a me per imponderabile alchimia particolarmente caro, forse perché snodo significativo di quella fitta trama narrativa.
"White Jazz" (1992), ad esempio, é uno dei romanzi della cosiddetta quadrilogia (o L.A. Quartet), dedicata già più di trent'anni fa da Ellroy a Los Angeles, una serie comprensiva di "Dalia nera" (1987), "Il grande nulla" (1988), "L.A. Confidential" (o "Los Angeles strettamente riservato") del 1990, un libro a me per imponderabile alchimia particolarmente caro, forse perché snodo significativo di quella fitta trama narrativa.
La
quadrilogia, nella quale emergono, sempre a mio parere, nuovi archetipi
letterari rispetto al genere, si svolge in uno scenario storico preciso
sin nei dettagli, in un'arco di tempo (con antefatti risalenti anche a
prima della seconda guerra mondiale) che va da fine anni '40 a fine
anni '50, in una Los Angeles, che personalmente ho provato a
ricostruirmi pensando a film come "La fiamma del peccato", "Viale del
tramonto" e "Gardenia blu", perché l'autore su arredi urbani e paesaggi,
forse per non appesantire trame di per sé già ponderose, non indugia
più dello stretto necessario, pur non trascurando (quando, per ovvii
motivi non é dovuto ricorrere a termini di fantasia) denominazioni
precise ed accurate, quali strade, canjon, lunch, ristoranti, drive-in,
locali notturni, stazioni di polizia, Centrale LAPD, Municipio, uffici
di contea, prigioni, alberghi, tra cui il famoso Chateau Marmont, e così
via.
I
protagonisti sono anzitutto i poliziotti della LAPD, poliziotti
violenti, disposti a violare la legge, chi in nome di ideali o presunti
tali (pietà ossessiva per le tante, troppe donne vittime del crimine
umano; pervicace convinzione di difendere l'astratta giustizia), chi per
malinteso spirito di corpo, chi per corruzione congenita od acquisita,
chi per la combinazione di diversi di questi fattori: tutte figure da
grande tragedia, molte delle quali destinate ad una fine violenta, a
volte una sorta di riscatto. Esiste, poi, il grumo di uno spezzone
ancora più deviato della polizia losangelina, una sorta di vera e
propria Gestapo, che interferisce in tutte le vicende narrate e che, in
funzione di un antesignano maccartismo, poi connesso a quello
nazionale, e di un razzismo da apartheid, non esita ad infiltrare e a
colludere gli ambienti criminali, ivi compresa la mafia.
E,
poi, ci sono i criminali per definizione; ma un po' tutti i personaggi
sono dei criminali, anche gli ingenui (a volte omosessuali latenti) che
perseguono scopi troppo azzardati. Anche i reduci di guerra, già
persecutori dei nazisti. E poi ci sono i debosciati ed i pervertiti.
Ma le
donne, anche le prostitute e le escort (le definizioni contano in
questo caso!), non sono tutte delle criminali, anche perché sono sempre
raffigurate come vittime, in molte occasioni soprattutto di omicidi. E
spesso sono delle vere e proprie eroine.
Vicende affascinanti,
perché narrate con equilibrato pathos, e nel contempo precise sul
versante psicologico, nonché storico. Non mi rimane che accennare a
situazioni e personaggi non molto noti, come la condizione dei neri e
dei messicani immigrati (questi ultimi, ad esempio, protagonisti,
insieme a sparuti gruppi di idealisti americani, durante la seconda
guerra mondiale di una manifestazione sindacale repressa nel sangue),
certe restrizioni di guerra, l'insegna sulla collina che viene
ridimensionata per indicare solo Hollywood, i nomi di tante automobili
(pacchiane per i rivestimenti e per i colori delle carrozzerie quelle
dei "negri"), Downtown (il ghetto), il jazz, la musica popolare da
ballo, la Dalia Nera (e di quella vera anche di recente hanno scritto i
giornali italiani), Chavez Ravine e gli sfratti di forza contro i
messicani per edificare lì un grande stadio, la costruzione delle prime
autostrade, gli studios e gli scioperi del personale repressi dalla
mafia con la connivenza della polizia in nome dell'anticomunismo,
certi attori con il loro vero nome, certi attori ed altri personaggi
famosi ed i loro vizi, altri personaggi, specie ricconi, dall'identità
più o meno celata al lettore, un comunismo ed un sindacalismo da
operetta, quattro gatti comunisti dipinti come intellettuali ed artisti
falliti, politici corrotti, poliziotti d'alto grado e procuratori
carrieristi e megalomani, qualche amministratore e qualche sindacalista
puri d'animo, le riviste scandalistiche, i ricatti, il razzismo, tanto
razzismo.
E
la droga e la pornografia, importate da un Messico che non poteva non
essere che antenato di quello attuale, insanguinato dalle lotte tra i
vari cartelli della droga e destinato ad avviare tanti clandestini (e
tante ragazze e tante bambine prima stuprate dai delinquenti di sempre,
di qua e di là di quella frontiera) sui sentieri della morte nei
deserti. Un Messico, quello di allora, destinatario dei turpi vizi di
tanti nordamericani e delle scorribande dei loro poliziotti, sempre in
combutta con i federales.
Ellroy,
come ben si saprà, prima di mettersi a scrivere, ha avuto una vita, che
definire travagliata é dire poco, una vita da cui si é riscattato
diventando, anche se da autodidatta, uno scrittore di razza. Anche se rimane, come ha ammesso egli stesso in alcune interviste, un gran conservatore, se non un reazionario.