«La memoria bisogna coltivarla, tenerla viva riparlando delle storie e spesso ci sono i confronti tra chi ricorda particolari aggiuntivi e chi rinfaccia al narratore di turno di averla già raccontata in modo diverso in altre occasioni.»
«"Oh Gigolette", dalla "Danza delle libellule" di Franz Lehar, la cantava Milly e la mormorava mia zia nelle fasce al calar del sole - esattamente al lampescuro - quando lavorare in campagna, anche nella stanchezza, diventa più dolce per lo sfumare del caldo e del solleone e per l’avvicinarsi del rientro a casa, quando i cani abbaiano in lontananza aspettando i padroni.»
«Ho piantato fiori e verdura, ho raccolto secondo le stagioni, ho scelto per me i frutti più aspri secondo il mio gusto, susine bianche e rosse sulla medesima pianta, perseghi sciapenti e mordenti, pomodori tondoliscio, marmanda, costoluto, fiaschette.»
Quelle qui appena trascritte in corsivo sono tre estrapolazioni dall'ultimo libro di Arturo Viale, La chiave dei ricordi, di prossima pubblicazione in edizione limitata, dunque, alquanto riservata, ma la cui bozza è ancora in corso di revisione.
Come negli altri suoi similari lavori, affiora spesso la notevole vena lirica di Arturo Viale, che non fa neppure mancare piccole perle di saggezza, di storia, di cultura.
Si tratta, altresì, di un'impressionante galleria di luoghi - di tutto il mondo, perché Arturo Viale ha avuto la fortuna di poter viaggiare molto -, di fatti, di persone, il tutto impreziosito con particolari che solo una certosina ricerca di documentazione poteva assicurare.
Rimane centrale, come negli altri suoi scritti, un vero e proprio punto di partenza, l'insieme delle esperienze compiute, dalla nascita al compimento più o meno della maggiore età, presso la vecchia casa di famiglia, la "Bataglia", di zona Ville di Ventimiglia.
Si preferisce qui, nel procedere con degli esempi, collegarsi alla menzionata dimensione nostrana.
Arturo Viale, sotto questo aspetto, mette la luce su persone note e meno note, in genere a lui care, tutte indicate, se non già di rilievo pubblico, con il solo nome, ma facilmente riconoscibili, in maniera di certo variabile, dai lettori più attenti.
Rievoca la nevicata del 1956, che non fu tale solo nel ponente ligure, tanto da sottolineare egli stesso la nota canzone che reca quel titolo, ma non quelle, forse specifiche di queste zone, del 1963 e del 1984, avvenute sempre di gennaio.
Con tanto di data e di orario, 19 luglio 1963 alle 6.45, rammenta un terremoto che non mise paura solo a lui, ma a quasi tutti gli abitanti di Ventimiglia: quasi, perché il padre di Arturo, trovandosi nella stalla, non avvertì nulla, neppure colse segnali dall'agitazione della loro mula; un po' come capitò ad altri, ad esempio alla famiglia di un ferroviere di Nervia, i cui membri solo ore dopo vennero svegliati, nel loro appartamento sito al pianterreno e con le finestre - correndo la piena estate - aperte, da un parlottio insistente di persone ferme sul marciapiede antistante.
Dichiara che un suo amico - di queste parti, beninteso - assistette al concerto dei Beatles a Nizza.
Coglie gli atteggiamenti inusuali di alcuni clienti del Bar Irene di ormai nuova gestione.
Riferisce della scritta EMOSCAMBIO apparsa su di un muraglione della Autostrada dei Fiori, chiarendo le intenzioni provocatorie degli anonimi imbrattamuri, che replicarono i loro atti in altre parti del Paese: una notizia, invero, inedita.
Mette una discreta attenzione su Nizza, città dove ha anche lavorato come bancario, e dintorni, in questo in una sintonia con la maggior parte degli abitanti di questi luoghi che, vista la prossimità di frontiera, non necessita di spiegazioni.
Fornisce un taglio particolare alle sue frequentazioni di Feste de l'Unità.
«All’improvviso mi sono accorto che alcune antenne di mont Agel e del col de la Madonne non ci sono più, chissà da quanto tempo.»
«"Oh Gigolette", dalla "Danza delle libellule" di Franz Lehar, la cantava Milly e la mormorava mia zia nelle fasce al calar del sole - esattamente al lampescuro - quando lavorare in campagna, anche nella stanchezza, diventa più dolce per lo sfumare del caldo e del solleone e per l’avvicinarsi del rientro a casa, quando i cani abbaiano in lontananza aspettando i padroni.»
«Ho piantato fiori e verdura, ho raccolto secondo le stagioni, ho scelto per me i frutti più aspri secondo il mio gusto, susine bianche e rosse sulla medesima pianta, perseghi sciapenti e mordenti, pomodori tondoliscio, marmanda, costoluto, fiaschette.»
Quelle qui appena trascritte in corsivo sono tre estrapolazioni dall'ultimo libro di Arturo Viale, La chiave dei ricordi, di prossima pubblicazione in edizione limitata, dunque, alquanto riservata, ma la cui bozza è ancora in corso di revisione.
Come negli altri suoi similari lavori, affiora spesso la notevole vena lirica di Arturo Viale, che non fa neppure mancare piccole perle di saggezza, di storia, di cultura.
Si tratta, altresì, di un'impressionante galleria di luoghi - di tutto il mondo, perché Arturo Viale ha avuto la fortuna di poter viaggiare molto -, di fatti, di persone, il tutto impreziosito con particolari che solo una certosina ricerca di documentazione poteva assicurare.
Rimane centrale, come negli altri suoi scritti, un vero e proprio punto di partenza, l'insieme delle esperienze compiute, dalla nascita al compimento più o meno della maggiore età, presso la vecchia casa di famiglia, la "Bataglia", di zona Ville di Ventimiglia.
Si preferisce qui, nel procedere con degli esempi, collegarsi alla menzionata dimensione nostrana.
Arturo Viale, sotto questo aspetto, mette la luce su persone note e meno note, in genere a lui care, tutte indicate, se non già di rilievo pubblico, con il solo nome, ma facilmente riconoscibili, in maniera di certo variabile, dai lettori più attenti.
Rievoca la nevicata del 1956, che non fu tale solo nel ponente ligure, tanto da sottolineare egli stesso la nota canzone che reca quel titolo, ma non quelle, forse specifiche di queste zone, del 1963 e del 1984, avvenute sempre di gennaio.
Con tanto di data e di orario, 19 luglio 1963 alle 6.45, rammenta un terremoto che non mise paura solo a lui, ma a quasi tutti gli abitanti di Ventimiglia: quasi, perché il padre di Arturo, trovandosi nella stalla, non avvertì nulla, neppure colse segnali dall'agitazione della loro mula; un po' come capitò ad altri, ad esempio alla famiglia di un ferroviere di Nervia, i cui membri solo ore dopo vennero svegliati, nel loro appartamento sito al pianterreno e con le finestre - correndo la piena estate - aperte, da un parlottio insistente di persone ferme sul marciapiede antistante.
Dichiara che un suo amico - di queste parti, beninteso - assistette al concerto dei Beatles a Nizza.
Coglie gli atteggiamenti inusuali di alcuni clienti del Bar Irene di ormai nuova gestione.
Riferisce della scritta EMOSCAMBIO apparsa su di un muraglione della Autostrada dei Fiori, chiarendo le intenzioni provocatorie degli anonimi imbrattamuri, che replicarono i loro atti in altre parti del Paese: una notizia, invero, inedita.
Mette una discreta attenzione su Nizza, città dove ha anche lavorato come bancario, e dintorni, in questo in una sintonia con la maggior parte degli abitanti di questi luoghi che, vista la prossimità di frontiera, non necessita di spiegazioni.
Fornisce un taglio particolare alle sue frequentazioni di Feste de l'Unità.
«All’improvviso mi sono accorto che alcune antenne di mont Agel e del col de la Madonne non ci sono più, chissà da quanto tempo.»
E con questa significativa osservazione di Arturo Viale si conclude questo post.
Adriano Maini
Adriano Maini