Un grande Sant'Antonio da Padova in gesso troneggiava su di un canterano: oggi orna un giardino di un conoscente, ma non sono ancora andato a rivederlo.
Sempre da quella camera da letto della nonna materna in Bordighera, Via Giacinti, quando ero piccolo, sdraiato sul letto potevo vedere intorno alla porta di un ingresso di casa quadri di Gignese (paesello a monte del Lago Maggiore) e un grosso ragno di vetroceramica color arancione. Non riesco a rammentare l'altro oggetto "sacro" la cui lucetta non era sufficiente a tranquillizzarmi quando sotto i 6 anni di età ero obbligato ad andare presto a dormire da solo, mentre nonna e zie cucivano o facevano andare la macchina per intessere maglie.
Dagli altri nonni ammiravo sulle pareti un cinturone della divisa di un prigioniero (un caduto?) austriaco della Grande guerra e diversi orologi da tasca.
Questi ultimi in casa nostra arrivarono un po' più tardi, curiosa dotazione professionale per mio padre ferroviere, ancor più della borsa di lavoro quasi da portalettere, dei petardi da nebbia (in casa non c'era rischio che esplodessero: si provi ad immaginare il peso di un treno lanciato a velocità che passando sopra quei minuscoli oggetti dovevano avvertire con il loro scoppio i macchinisti che avrebbero dovuto operare un'improvvisa frenata), di lanterne, al cambio delle mansioni e delle responsabilità, via via più piccole, ma sempre festose nel produrre luci gialle, verdi, rosse.
Ed ancor prima, quando abitavamo a Ventimiglia Alta, c'era un bel dipinto, un ritratto giovanile della nonna materna, forse disperso nel trasloco a Nervia del 1956, perché non l'ho più rivisto, né per troppi anni mi sono peritato di fare domande in proposito.
Sempre in riferimento a quando ero bambino, e si abitava in quel centro storico, perché la maggior parte degli oggetti cui sin qui ho accennato, me li sono riguardati da altre prospettive ancora in età adulta, mi tornano in mente un cavallo a dondolo (documentato da almeno una fotografia), uno strano triciclo (per questo gli scatti in archivio sono forse due), un orsacchiotto molto spelacchiato, un album di figurine di animali la cui ultima pagina era occupata dall'immagine di un bel koala.
La mia memoria è quella che è, per cui mi sarò di sicuro dimenticato altre cose che oggi farebbero tanto vintage. Non metto in conto la nostra prima radio, che era di sicuro del secondo dopoguerra e che venne poi consegnata da mio padre ad un ragazzino di Nervia perché facesse le sue prime prove da futuro tecnico del settore...
Adriano Maini