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sabato 23 marzo 2019

Quando giocava Kopa



Nel 1960, credo, ci recammo io, papà, fratellino e zio materno a vedere una partita di calcio del campionato di serie A francese, Monaco-Reims, nel vicino Principato, nel vecchio stadio a dimensione quasi familiare. 

Eravamo vicini ad una linea laterale prossima ad una porta, ma un gruppo di spettatori sulla nostra sinistra era ancora più affacciato di noi sul rettangolo (come si suol dire) di gioco. Anzi, ad un certo momento, si consentì agli stessi di avanzare ancora, sino a portarsi a ridosso del portiere: in questo movimento rivedo ancora la fulminea mossa di una signora a riprendersi trafelata il fiaschetto di vino scordato indietro per potersi poi finire beata il suo bel picnic nella nuova agognata posizione.
Finita la partita, dobbiamo avere indugiato un po’ da qualche parte, perché altrimenti non mi spiego la scena seguente. 

Su due sedie malandate, davanti ad un baretto qualsiasi (come oggi a Montecarlo non ce ne sono più), lo zio riconobbe per primo un calciatore, io un attimo dopo il secondo. Si trattava rispettivamente di Kopa, migliore giocatore europeo del 1958, e di Fontaine, tuttora recordman con 13 reti (1958, in Svezia) di un singolo mondiale, quella volta con una gamba ingessata (e, quindi, non era sceso in campo, ma aveva accompagnato la squadra) come avevo già letto in uno dei miei prediletti giornalini dell’epoca: entrambi del Reims e nazionali (i galletti) di Francia, il primo oriundo polacco, il secondo a suo tempo esordiente in Marocco. Si avviò un’amabile conversazione tra adulti, di cui ora io ricordo solo i continui complimenti fatti anche in spagnolo (aveva appena finito di militare nel Real Madrid), rivolti da Kopa al mio fratellino.

Ed alla morte di Kopa, poco tempo fa, ho riscontrato dalla lettura dei giornali la grande umanità di questo oriundo polacco, partito dal lavoro in miniera per diventare il grande calciatore che in tanti ancora ricordano.
 
Adriano Maini  


lunedì 11 febbraio 2019

Spiccioli di Monaco


Quando a cavallo degli anni '60 si andava a casa del cugino della nonna a Cap d'Ail si arrivava in treno da Ventimiglia a Montecarlo nella vecchia stazione. Così facemmo anche quella volta che vedemmo giocare Kopa.

La zia con alcune colleghe e la titolare di "Bettina"
Lavorava nel maglificio di "Bettina", signora già vedova, se rammento bene, di un Agha Kan, la zia più giovane. Fu per me una grande festa potermi recare un pomeriggio nel Principato da solo, sempre in treno, munito di una carta di identità che attestava gli appena compiuti miei quattordici anni, limite per gli spostamenti autonomi all'estero. Fatto un breve giro d'attesa, con la zia ed una sua collega, prima di rimpatriare, ebbi la gradita sorpresa di potermi deliziare con pasticcini alla panna, di cui al tempo ero ben goloso!

Poco tempo dopo in gita scolastica feci la mia prima visita al Museo Oceanografico, che, quando tornai per pochi anni ad abitare a Ventimiglia, in certe giornate limpide mi sembrava, abbarbicato com'é sul piccolo promontorio, di toccare con mano dal terrazzo e dove mi recai più volte con i miei figli.


Rivedo ora la zia che ci aspettava, noi (con me nonna, mamma, sorellina) di ritorno da Genova dall'altra zia per la comunione del cuginetto, in stazione a Bordighera e che, nello stato d'animo che si può ben immaginare, ci annunciava di avere poche ore prima assistito da vicino come spettatrice alla tragica fine di Lorenzo Bandini in quel Gran Premio automobilistico dell'infausto (anche per noi!) 1967.


Almeno una volta, diretto a Nizza (altro discorso!), incuriosito dal rumore dei motori, sbucato dall'autostrada, che all'epoca terminava da quelle parti, mi sono fermato in La Turbie nella soprastante Grande Corniche per sbirciare qualche minuto di prove di un'altra edizione di quel cimento.



Sì, alla sera tra gli anni '70 e quelli '80 talora andavamo in auto a Montecarlo per fare subito dietro-front, noi giovani progressisti, solo per provare a sentirci in ambiente socialmente "ostile".

Nel 1984 per le elezioni europee sono sceso e risalito da un'altra stazione ferroviaria ancora, non quella attuale, per fare propaganda con una giovane donna, emigrante in Belgio, candidata, tra i tanti frontalieri della zona che rientravano dal lavoro: ci sono persone che mi ricordano ancora attivo in quel frangente!


Con i figli sono stato spesso, con grande gioia per il loro genuino divertimento, in periodo natalizio al grandioso Luna Park posizionato davanti al vecchio porto.

Mi soddisfa nel ricordo avere visto alcuni scioperi, questi sì compiuti in ambiente decisamente ostico, dell'Union des Syndicats de Monaco, diretta dall'indimenticabile Charles Soccal.

Non ritrovo, invece, fotografie di alcune mie presenze per motivi professionali ad un Salone Agro-alimentare di Fontvieille.



Da più di un decennio, invero, non metto più piede nel Principato, tanto meno alla Rocca...
 
Adriano Maini