Pierre Magnan, scrittore francese in primis di polizieschi, è stato un autore con tanta attenzione per la vita sociale, il costume, i poveracci, i notabili, le persone avide, temi sempre di attualità. Nel suo caso per quasi duecento anni di storia francese, poi. Neanche a farlo apposta un notabile di Ventimiglia, di madre transalpina, quando era giovane riferiva con sicurezza che i francesi avessero sempre amato tenersi i risparmi (l'espressione puntuale erano "le monete d'oro") sotto i materassi.
Ad un primo approccio ai lavori di Magnan marcatamente di investigazione si resta magari perplessi sulle trame, ma non si potrebbe fare a meno di ritrovarcisi per intero se si ha una personale idea geo-fisica di Francia, quella dei viali di platani, delle piazzette alberate e di certe locande d'entroterra, per intenderci.
Questo autore, tuttavia, è stato apprezzato anche da Andrea Camilleri, che in un racconto della serie "gli esordi di Montalbano" fa dire al suo personaggio che forse era il caso, nonostante vari impegni come sempre incombenti, di cercare l'occasione di continuare la lettura di un libro di Magnan.
Sussistono varie testimonianze della pregressa civiltà materiale disseminate nei libri di Pierre Magnan, quali divise di portalettere modellate su quelle dei soldati di Napoleone, divise dei ferrovieri, tele cerate, cappellini antiquati, calendari delle Poste dalla ricca iconografia, tamburi sgargianti, polveri (di insetti) fortemente afrodisiache, attrezzi inconsueti (dei falegnami, dei maniscalchi, dei carbonai, dei tartufai, degli apicoltori), macchinari complicati tutti in legno per i molini ad acqua, tipiche costruzioni agricole provenzali dalle circoscritte destinazioni d'uso, arredamenti maestosi e severi degli studi dei notari, destinati a sfidare le guerre ed i decenni.
Su tutte queste storie, o quasi, incombe la natura con il vento impetuoso che scende dalle montagne, ma di questo si è già scritto qui.
In questa occasione è più opportuno specificare che la maggior parte dei romanzi di Magnan hanno come protagonista il commissario Laviolette, che qualcuno ha voluto definire il Maigret delle Basse Alpi (come più o meno si chiamava una volta quel dipartimento con capoluogo Digne), ma che differisce molto dal commissario parigino, non solo perché é uno scapolo che si concede qualche rara avventura sentimentale, bensì per il suo profondo radicamento nel territorio in cui é nato ed opera (e troviamo lì già suo nonno e suo padre entrambi graduati, il secondo di sicuro brigadiere, della Gendarmeria) e per un accentuato senso di tolleranza per le debolezze umane. Non poteva, forse, essere diversamente, poiché é stato partigiano su quelle montagne come il suo autore. Da un lato, tutto questo aiuta a capire la larga visione del protagonista a fronte di tante (anche se spesso pittoresche) miserie umane, dall'altro contribuisce ad inquadrare l'arco temporale (principalmente gli anni '80) della sua azione, che lo vede ad un certo punto coinvolto in indagini, ancorché ormai pensionato.
Il riferimento alla Resistenza é importante, anche per il contributo sotto veste romanzesca a dissipare luci ed ombre umane di quell'eroico periodo, che non poteva essere esente da micidiali provocazioni del nemico e da tradimenti.
Con l'artificio, poi, di antefatti che risalgono nel tempo o dei racconti del nonno o della narrazione di vicende del padre vissute o viste da bambino, Laviolette porta talora il lettore anche oltre gli inizi del '900, con pagine in cui sembra proprio di respirare la storia, proprio perché, essendo storia minore, emergono personaggi, riferimenti, vicende, fatti, veri o verisimili, largamente misconosciuti, anche in Francia: non per niente Magnan ha conseguito diverse attestazioni ministeriali transalpine per il suo meritorio impegno di divulgazione storica.
Pierre Magnan - che del resto fu amico di Jean Giono - non scrisse solo dei gialli (in proposito per fare solo qualche esempio ci si limita ad indicare "I carbonai della morte", "Il sangue degli Atridi", "La tomba di Hélios", "Il segreto dei vicoli oscuri"), per cui vanno ancora almeno citati i suoi romanzi storici "Il Casino Forcalquier", "La casa assassinata" e "Il periplo del capodoglio", i primi due in ogni caso anche decisamente noir.
Adriano Maini
Ad un primo approccio ai lavori di Magnan marcatamente di investigazione si resta magari perplessi sulle trame, ma non si potrebbe fare a meno di ritrovarcisi per intero se si ha una personale idea geo-fisica di Francia, quella dei viali di platani, delle piazzette alberate e di certe locande d'entroterra, per intenderci.
Questo autore, tuttavia, è stato apprezzato anche da Andrea Camilleri, che in un racconto della serie "gli esordi di Montalbano" fa dire al suo personaggio che forse era il caso, nonostante vari impegni come sempre incombenti, di cercare l'occasione di continuare la lettura di un libro di Magnan.
Sussistono varie testimonianze della pregressa civiltà materiale disseminate nei libri di Pierre Magnan, quali divise di portalettere modellate su quelle dei soldati di Napoleone, divise dei ferrovieri, tele cerate, cappellini antiquati, calendari delle Poste dalla ricca iconografia, tamburi sgargianti, polveri (di insetti) fortemente afrodisiache, attrezzi inconsueti (dei falegnami, dei maniscalchi, dei carbonai, dei tartufai, degli apicoltori), macchinari complicati tutti in legno per i molini ad acqua, tipiche costruzioni agricole provenzali dalle circoscritte destinazioni d'uso, arredamenti maestosi e severi degli studi dei notari, destinati a sfidare le guerre ed i decenni.
Su tutte queste storie, o quasi, incombe la natura con il vento impetuoso che scende dalle montagne, ma di questo si è già scritto qui.
In questa occasione è più opportuno specificare che la maggior parte dei romanzi di Magnan hanno come protagonista il commissario Laviolette, che qualcuno ha voluto definire il Maigret delle Basse Alpi (come più o meno si chiamava una volta quel dipartimento con capoluogo Digne), ma che differisce molto dal commissario parigino, non solo perché é uno scapolo che si concede qualche rara avventura sentimentale, bensì per il suo profondo radicamento nel territorio in cui é nato ed opera (e troviamo lì già suo nonno e suo padre entrambi graduati, il secondo di sicuro brigadiere, della Gendarmeria) e per un accentuato senso di tolleranza per le debolezze umane. Non poteva, forse, essere diversamente, poiché é stato partigiano su quelle montagne come il suo autore. Da un lato, tutto questo aiuta a capire la larga visione del protagonista a fronte di tante (anche se spesso pittoresche) miserie umane, dall'altro contribuisce ad inquadrare l'arco temporale (principalmente gli anni '80) della sua azione, che lo vede ad un certo punto coinvolto in indagini, ancorché ormai pensionato.
Il riferimento alla Resistenza é importante, anche per il contributo sotto veste romanzesca a dissipare luci ed ombre umane di quell'eroico periodo, che non poteva essere esente da micidiali provocazioni del nemico e da tradimenti.
Con l'artificio, poi, di antefatti che risalgono nel tempo o dei racconti del nonno o della narrazione di vicende del padre vissute o viste da bambino, Laviolette porta talora il lettore anche oltre gli inizi del '900, con pagine in cui sembra proprio di respirare la storia, proprio perché, essendo storia minore, emergono personaggi, riferimenti, vicende, fatti, veri o verisimili, largamente misconosciuti, anche in Francia: non per niente Magnan ha conseguito diverse attestazioni ministeriali transalpine per il suo meritorio impegno di divulgazione storica.
Pierre Magnan - che del resto fu amico di Jean Giono - non scrisse solo dei gialli (in proposito per fare solo qualche esempio ci si limita ad indicare "I carbonai della morte", "Il sangue degli Atridi", "La tomba di Hélios", "Il segreto dei vicoli oscuri"), per cui vanno ancora almeno citati i suoi romanzi storici "Il Casino Forcalquier", "La casa assassinata" e "Il periplo del capodoglio", i primi due in ogni caso anche decisamente noir.
Adriano Maini