lunedì 20 ottobre 2025

La signora tornò indietro di corsa per recuperare il fiaschetto di vino


C'é ancora - presso il cancello d'ingresso - sull'inferriata del giardino della sede, in una di queste cittadine liguri di frontiera con la Francia, di una Associazione di categoria la targa, realizzata - come si può notare in piccolo in un angolo - da una ditta di Nizza, relativa ad un pregresso progetto di cooperazione transfrontaliera, condotto insieme ad un Ente dello stesso settore, ma del dipartimento delle Alpi Marittime. Dati i cambi di indizzi di alcuni uffici - a loro volta coinvolti nella detta operazione - dell'organizzazione italiana, può anche darsi che quel piccolo rettangolo color blu sia oggi l'unico direttamente visibile al pubblico.
Così come sono ormai passate nel dimenticatoio le tante belle fotografie scattate sulla Costa Azzurra in varie connesse occasioni da Alfredo Moreschi, una volta pubblicate anche sul web, ma che nella versione aggiornata del sito professionale della compagine in questione non appaiono più.
Non capitarono solo fatti importanti, ma anche episodi curiosi, alcuni qui già riferiti: di altri si potrà sempre dire in prossime puntate.

Un recente romanzo poliziesco di un autore italiano di successo ambienta lo scioglimento di uno dei nodi della complessa trama tra Nizza - e non è il primo né sarà l'ultimo libro di un connazionale a farlo! - ed Eze: non potevano mancare una descrizione - questa, non usuale, invero! - della principale stazione ferroviaria del capoluogo, una rapida scorsa a Nizza Vecchia ed una scena in cui tre protagonisti assaggiano con gusto la socca, la spessa farinata - definizione qui fornita con buona approssimazione! - tipica da quelle parti.

Notizie recenti parlano dell'ennesimo infortunio occorso ad calciatore francese ormai dal grande passato e dalle tante vicende travagliate, anche private, già nazionale dei galletti, oggi in forza al Monaco. E certo appaiono lontani i tempi in cui la squadra del Principato di Monaco si esibiva in uno stadio a dimensione - si potrebbe azzardare - familiare, tanto è vero che si racconta ancora il fatto singolare per cui, avendo chi di competenza lasciato avanzare qualche decina di spettatori in occasione di un Monaco-Reims del settembre 1960 sin quasi ad una delle porte, si potè assistere alla rapida corsa all'indietro di una signora - che ai bambini presenti poco lontano appariva già ben anziana - per recuperare il fiaschetto di vino - sembrava quello classico della Toscana - che aveva dimenticato sul posto in gradinata appena lasciato e del conseguente rientro sulla nuova posizione della soddisfatta intenditrice delle delizie di Bacco.

Niente altro che ulteriori sfumature di azzurro...

Adriano Maini

giovedì 16 ottobre 2025

Castagne d'India


In questo periodo sulla Riviera ligure affacciata sulla Costa Azzurra si iniziano a vedere dei gran bei tramonti.
E c'è chi realizza - non qui - degli scatti di tutto rilievo. 




I migliori tramonti - giudizio soggettivo - sono, tuttavia, quelli invernali, quindi, ancora da venire.
 



Si va ancora, abbastanza numerosi, al mare.


Anche se, su certe spiagge, occorre fare attenzione agli escavatori utilizzati per lavori probabilmente rinviati nella bella stagione.





Sulla passeggiata - e sulla pista ciclabile - le scene sono sempre quelle, più o meno, di tutti i giorni.



È da un po' che cadono le castagne d'India, ma rappresentano sempre di meno - rispetto ad un tempo - un'attrattiva di gioco per i bambini.


D'altronde, se non vanno ancora a scuola, sussiste pure la formidabile concorrenza del mare.



In Via Vittorio Veneto a Bordighera il mini oleandro che spunta tuttora da un tombino perdeva (?) in pochi giorni ai primi dello scorso mese di agosto il suo unico fiore.


E la luna ha deciso di spostarsi un po' più a nord, sì che, se la si riprende, capita di ammirare anche Grimaldi Superiore, discosta frazione di Ventimiglia.

Adriano Maini

mercoledì 8 ottobre 2025

Cinema, un'altra passione d'antan

Fonte: Milano manifesti

Capitava alla fine degli anni Sessanta che in un tardo pomeriggio festivo in periodo ormai invernale nel cinema teatro di Sanremo, da decenni molto noto per lo svolgimento del Festival della Canzone, decine e decine di persone assistessero in piedi per ore, perché in platea ed in galleria non c'erano più posti a sedere, alla proiezione di "Via col vento", film del 1939, ma uscito in Italia, date le precedenti restrizioni imposte dal regime fascista, solo nel secondo dopoguerra. Probabilmente i ranghi del pubblico erano stati infoltiti da tanti turisti come sempre è in Riviera anche nelle brutte stagioni, ma l'effetto certo non cambiava.
Alla luce di varie cronache del tempo, ma anche posteriori, l'episodio di per sé non sarebbe stato né sarebbe tuttora da considerare singolare, ma solo se si dimenticasse la vetustà della richiamata pellicola, la quale, ad onor del vero, alla data citata era già tornata nelle sale italiane svariate volte rispetto alle prime occasioni. E già era diffusamente successo che nonne, zie e mamme, molto sensibili alle vicende dei vari Rossella O'Hara, Rhett Butler, Ashley Wilkes, Melania Hamilton, comunicassero ai piccoli di famiglia il loro entusiasmo per quella trama ambientata in quel vecchio sud degli Stati Uniti, confederato e razzista, i cui specifici connotati in larga misura non vengono percepiti neppure al giorno d'oggi.
Sì, perché, come da tempo si può constatare, la continua riproposta sugli schermi televisivi di "Via col vento" risulta adesso una costante.
Un po' come accade tuttora per "Quo Vadis" del 1951, fedele compagno di tante serate nel periodo di Pasqua. In proposito si può annotare un'altra circostanza curiosa, sempre di carattere nostrano, anche se meno grandiosa di quella menzionata circa la città delle palme per il film di Victor Fleming: agli inizi degli anni Sessanta una domenica davanti ad un cinema di Oneglia per il primo spettacolo del drammone con Licia, Marco Vinicio, Ursus, Nerone, San Pietro e tanti altri personaggi più o meno storici, si era già formata in attesa di entrare una discreta folla, nella quale erano presenti diversi cittadini della provincia di Imperia.
Erano ancora diffuse in quella fase in grandi capoluoghi, come qui si è già rammentato, sale cinematografiche in cui in pomeriggi feriali al prezzo di un biglietto si vedevano di seguito due distinte pellicole, va da sé non proprio di produzione molto recente, ma in questo novero erano piuttosto rari i titoli marcatamente vecchiotti, di quelli - per intendersi - che solo di recente sono stati doppiati in italiano ad uso di vendita di dischetti o di piattafome in streaming. E, tornando al vissuto di questi luoghi, appaiono ormai remoti i pregressi racconti di nostri spettatori pendolari riferiti a nativi americani come Caldaia Nera o a un Gary Cooper più o meno trentenne impegnato in una commedia molto brillante, se non addirittura comica. 

Adriano Maini


lunedì 6 ottobre 2025

Il giovane commissario Montalbano leggeva Pierre Magnan


Pierre Magnan, scrittore francese in primis di polizieschi, è stato un autore con tanta attenzione per la vita sociale, il costume, i poveracci, i notabili, le persone avide, temi sempre di attualità. Nel suo caso per quasi duecento anni di storia francese, poi. Neanche a farlo apposta un notabile di Ventimiglia, di madre transalpina, quando era giovane riferiva con sicurezza che i francesi avessero sempre amato tenersi i risparmi (l'espressione puntuale erano "le monete d'oro") sotto i materassi.
Ad un primo approccio ai lavori di Magnan marcatamente di investigazione si resta magari perplessi sulle trame, ma non si potrebbe fare a meno di ritrovarcisi per intero se si ha una personale idea geo-fisica di Francia, quella dei viali di platani, delle piazzette alberate e di certe locande d'entroterra, per intenderci. 
Questo autore, tuttavia, è stato apprezzato anche da Andrea Camilleri, che in un racconto della serie "gli esordi di Montalbano" fa dire al suo personaggio che forse era il caso, nonostante vari impegni come sempre incombenti, di cercare l'occasione di continuare la lettura di un libro di Magnan.
Sussistono varie testimonianze della pregressa civiltà materiale disseminate nei libri di Pierre Magnan, quali divise di portalettere modellate su quelle dei soldati di Napoleone, divise dei ferrovieri, tele cerate, cappellini antiquati, calendari delle Poste dalla ricca iconografia, tamburi sgargianti, polveri (di insetti) fortemente afrodisiache, attrezzi inconsueti (dei falegnami, dei maniscalchi, dei carbonai, dei tartufai, degli apicoltori), macchinari complicati tutti in legno per i molini ad acqua, tipiche costruzioni agricole provenzali dalle circoscritte destinazioni d'uso, arredamenti maestosi e severi degli studi dei notari, destinati a sfidare le guerre ed i decenni.
Su tutte queste storie, o quasi, incombe la natura con il vento impetuoso che scende dalle montagne, ma di questo si è già scritto qui.
In questa occasione è più opportuno specificare che la maggior parte dei romanzi di Magnan hanno come protagonista il commissario Laviolette, che qualcuno ha voluto definire il Maigret delle Basse Alpi (come più o meno si chiamava una volta quel dipartimento con capoluogo Digne), ma che differisce molto dal commissario parigino, non solo perché é uno scapolo che si concede qualche rara avventura sentimentale, bensì per il suo profondo radicamento nel territorio in cui é nato ed opera (e troviamo lì già suo nonno e suo padre entrambi graduati, il secondo di sicuro brigadiere, della Gendarmeria) e per un accentuato senso di tolleranza per le debolezze umane. Non poteva, forse, essere diversamente, poiché é stato partigiano su quelle montagne come il suo autore. Da un lato, tutto questo aiuta a capire la larga visione del protagonista a fronte di tante (anche se spesso pittoresche) miserie umane, dall'altro contribuisce ad inquadrare l'arco temporale (principalmente gli anni '80) della sua azione, che lo vede ad un certo punto coinvolto in indagini, ancorché ormai pensionato.
Il riferimento alla Resistenza é importante, anche per il contributo sotto veste romanzesca a dissipare luci ed ombre umane di quell'eroico periodo, che non poteva essere esente da micidiali provocazioni del nemico e da tradimenti.
Con l'artificio, poi, di antefatti che risalgono nel tempo o dei racconti del nonno o della narrazione di vicende del padre vissute o viste da bambino, Laviolette porta talora il lettore anche oltre gli inizi del '900, con pagine in cui sembra proprio di respirare la storia, proprio perché, essendo storia minore, emergono personaggi, riferimenti, vicende, fatti, veri o verisimili, largamente misconosciuti, anche in Francia: non per niente Magnan ha conseguito diverse attestazioni ministeriali transalpine per il suo meritorio impegno di divulgazione storica.
Pierre Magnan - che del resto fu amico di Jean Giono - non scrisse solo dei gialli (in proposito per fare solo qualche esempio ci si limita ad indicare "I carbonai della morte", "Il sangue degli Atridi", "La tomba di Hélios", "Il segreto dei vicoli oscuri"), per cui vanno ancora almeno citati i suoi romanzi storici "Il Casino Forcalquier", "La casa assassinata" e "Il periplo del capodoglio", i primi due in ogni caso anche decisamente noir.
Adriano Maini

martedì 30 settembre 2025

Battaglia di Fiori che passione

Il carro "Barone di Münchhausen" della compagnia "A Mar Parà" nel 1967

Ventimiglia (IM): lo slargo dove veniva costruito il carro della compagnia "A Mar Parà"

Gianfranco Raimondo ha visto gran parte, se non tutte, le Battaglie di Fiori di Ventimiglia del dopoguerra. Valido presentatore amatoriale di diversi tipi di spettacoli, specie musicali, nel 1961, poiché il Comitato Organizzatore aveva esaurito i fondi, da un dirigente venne convinto per spirito di appartenenza a fare gratuitamente lo speaker della manifestazione, tutto sommato cavandosela anche bene.
Sul tema di recente in uno dei suoi tanti articoli si è soffermato piuttosto su di una vecchia compagnia di carristi, quella denominata "A Mar Parà" (Alla mal parata), che conseguì diversi successi nelle edizioni degli anni Sessanta, trovando sempre una degna rivale ne "I Galli del Villaggio" di Bordighera, per i quali fu a lungo progettista - come già qui messo in evidenza in una precedente occasione - un noto e simpatico geometra della città di confine.
Il gruppo in questione allestiva il capannone in un cortile situato in posizione abbastanza intermedia tra la zona Nervia ed il centro urbano, comunque più prossimo a Via Dante, alias Via Regina, un'arteria lungo la quale venivano preparati invero altri carri ancora.
Una nota di costume che dagli appunti di Gianfranco si può far derivare é che come nel caso di "A Mar Parà" operavano persone di Nervia, dove era invece presente la "Cheli de Nervia", anche per altre compagnie era molto differenziata la provenienza di costruttori, saldatori, infioratori e carristi, perché la festa era... la festa.

Arturo Viale, in vista della stesura di un suo prossimo libro, ha chiesto informazioni sui carri vincitori della Battaglia di Fiori del 1950, quasi per paradosso su questo blog già menzionata per un pittoresco articolo d'epoca di un giornalista de "l'Unità". Un altro aspetto singolare che salta di conseguenza agli occhi é che quell'anno ai fini delle premiazioni vennero previste cinque categorie di carri (forse il numero massimo mai stabilito: già l'anno dopo solo tre; ma in seguito ci furono altre variazioni): qui si riportano solo, come esempi, "Ode al fiore" di "Cumpagnia d'i Ventemigliusi", vincitore tra i carri grandi, e "La stella di Bagdad" di "E Spine", primo tra i carri medi.

Facendo ricerche, per quel periodo e quello subito successivo si possono notare altre circostanze curiose. A titolo semplicemente indicativo in proposito si può rimarcare che per lungo tempo i carri usufruirono di trazione animale; che nel 1949 operava già una compagnia riconducibile ad iniziative del Partito comunista, come più avanti sarebbe stato per i gruppi "Rinascita" e "Nuova Generazione"; che nello stesso anno apparvero anche le Ferrovie francesi, forse per un carro preparato da ventimigliesi con un minimo di compartecipazione di qualche cheminot; che erano ancora tanti i gruppi riconosciuti con i cognomi di singole persone e diversi quelli di Sanremo.

Per molte delle notizie qui riportate è stata indispensabile la consultazione del libro "Battaglia dei Fiori" di Danilo Gnech, Franco Miseria e Renzo Villa (Dopolavoro Ferroviario di Ventimiglia, Cumpagnia d'i Ventemigliusi, Civica Biblioteca Aprosiana - 1987).

Adriano Maini

giovedì 25 settembre 2025

Giocando a nascondino con alcune vecchie fotografie

Sanremo (IM): la ex casa delle Monache Turchine

Come è ben noto, Italo Calvino frequentò a Sanremo il Liceo Classico "G.D. Cassini", allora ubicato nella vecchia casa delle Monache Turchine, mentre da decenni quella sede ospita alcuni Istituti tecnici, tra cui quello frequentato da Marco Innocenti, che là ebbe come insegnante, che andò a stigmatizzare in seguito in un suo libello, una ex compagna di classe dello scrittore delle "Lezioni americane".
Una fotografia del 1941 riprese Calvino, tutti o quasi (ci sono sempre delle assenze in tali occasioni) i suoi compagni ed alcuni insegnanti. Venne scattata da Gianni Moreschi, padre a sua volta di un altro grande fotografo, Alfredo. Ne venne divulgata una copia - con tanto di didascalia - su di una pregressa pubblicazione locale. Se ne ha in dotazione una versione digitalizzata, che qui per discrezione non viene mostrata, al pari di altre successivamente evocate. 
In effetti, una targa visibile alle spalle delle persone ritratte, la quale sembra indicare la fascistissima Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale, porta a pensare che gli astanti fossero quel giorno in trasferta, ma tant'è.
Nella predetta immagine non poteva mancare Eugenio Scalfari, una presenza ormai conosciuta anche dai sassi. 
Di vari e ribaditi amici di Calvino, preme rimarcare, invece, Francesco Kahnemann, futuro partigiano e fratello di Eugenio, responsabile della missione della Resistenza Imperiese presso gli alleati a Nizza denominata con il loro cognome. E di altri ragazzi dell'epoca il futuro ingegnere Elio Riello, che, da patriota antifascista operante a Ventimiglia, venne arrestato il 21 maggio 1944 per essere deportato, dopo l'immancabile detenzione nel campo di transito di Fossoli, a Peggau, una delle sottosezioni del lager di Mauthausen, da cui riuscì fortunatamente a tornare vivo.
Ed ancora, o assenti in quell'occasione o già usciti dai ranghi per altri motivi, sembra doveroso citare tra i compagni di scuola di Calvino almeno la futura staffetta partigiana Angela Maria Calvi - fidanzata e poi consorte del tenente Alfonso Testaverde, arrestato perché partecipe dei primi tentativi di costituire il CLN a Sanremo, quindi rilasciato, e, prima di riprendere servizio nell'esercito, ancora militante nella Brigata Giustizia e Libertà della città dei fiori - e Pierfranco Gavagnin, il quale sarà capo del personale del comune di Sanremo e poi storico direttore di Porto Sole, ma soprattutto mentore delle ricerche di Paolo Veziano sugli ebrei, soprattutto stranieri, presenti nel ponente ligure, ricerche dalle quali sono derivati alcuni importanti libri.

C'è un esercizio pubblico in Bordighera, i cui locali alla fine degli anni Quaranta avevano come destinazione d'uso una chiesa, che vide ad esempio celebrare - come da documentazione iconografica qui, come già anticipato, volontariamente preclusa - diversi matrimoni. Vale la pena aggiungere che prima di trovare da qualche decennio stabile collocazione il tempio in questione - attualmente Santuario di Sant'Antonio da Padova - ebbe modo di compiere un ulteriore trasloco.

C'era una classe - una sezione della leva del 1950 - delle scuole elementari di Ventimiglia Centro, i cui componenti da adulti almeno una volta - più di trent'anni dopo aver concluso quel ciclo di base - presero la simpatica iniziativa di riunirsi con il loro ex maestro, ormai novantenne, in un amabile incontro conviviale: ne diede notizia anche la stampa locale, che non mancò di riferire la provenienza da lontano - addirittura Cosenza e Nuoro - di alcuni partecipanti. 

Adriano Maini

venerdì 19 settembre 2025

Il giornalino "intrepido", il ciclismo, la colonia estiva

La prima di copertina di un "intrepido" del 1955

Arnaldo Scotto ricorda sia i giornalini a fumetti "intrepido" di fine anni Cinquanta - e questo lo fa in buona compagnia, ancor più per quelli precedenti! -, sia le buste contenenti a sorpresa alcune copie di quel periodico messe successivamente in vendita nelle edicole.

Nell'estate del 1955, sotto il pergolato di uva americana del giardino di una casa dei Gallinai di Bordighera - di vicini ed amici della nonna materna - un bambino che non sapeva ancora leggere sfogliava avidamente - soffermandosi quasi esclusivamente sulle avventure di Buffalo Bill - decine di "intrepido" ed una mezza dozzina di albi di raccolta di numeri più vecchi del medesimo, che i figli di quei signori sapevano, invece, già apprezzare sino in fondo, poiché andavano già a scuola .

Alcuni birbantelli di Via Regina (come ancora oggi in tanti vogliono chiamare come ai vecchi tempi Via Dante) di Ventimiglia - e di quella zona - erano in quel periodo anche loro entusiasti di "intrepido", facendoselo girare l'un l'altro: uno della compagnia da grande sarebbe anche diventato collezionista di fumetti.
Ed alcuni, se non tutti, adesso rammentano come graditissima novità i regali pubblicitari che la carovana commerciale al seguito del Giro d'Italia di ciclismo il 16 maggio 1955 aveva lanciato al passaggio in Corso Genova all'altezza dell'incrocio con la loro strada.



Si dà il caso che venisse scattata una fotografia di Nino Defilippis già in fuga per andare a vincere nella città dei fiori quella tappa, la Cannes-Sanremo, nella discesa davanti al centro storico di Ventimiglia Alta, da parte del padre del bambino che amava tanto "intrepido", ma che non poteva ancora assaporarlo del tutto.


Ed a chiudere il cerchio si può sottolineare che alcuni discoletti dei Gallinai proprio in quell'epoca partecipavano ad una colonia di Triora, loro di Bordighera, una cittadina tuttora sede - con meno fasti del passato - di alcune postazioni ricreative estive per bambini e per ragazzi.

Adriano Maini