Era sua - quanto meno negli anni Cinquanta e Sessanta - la casetta tra i due tunnel della Basse Corniche a Cap d'Ail, ripresa anche in una storica cartolina.
Dai terrazzi della costruzione, sviluppata su più piani, si vede la graziosa piccola baia sottostante, a cui si arriva lato mare da una strada caratterizzata da ville d'epoca, tra cui quella che appartenne ai fratelli Lumières.
L'uomo da un piccolo borgo di Medesano in provincia di Parma già negli anni Venti era emigrato in Costa Azzurra, dove fece diversi lavori.
Ebbe come inquilino un signore toscano - che si scorge appena sullo sfondo di una fotografia di famiglia - un signore il cui fratello abitava in Antella di Firenze. Siccome l'ospite era afflitto da epilessia, una volta il nostro organizzò una rocambolesca spedizione della preziosa abituale medicina, che era stata dimenticata, sino a quei dintorni del capoluogo gigliato: del resto lo scambio di visite tra quei parenti era un fatto abituale.
Il locatore i suoi non molto prossimi parenti di Ventimiglia, oltre che andare a trovarli o invitarli a pranzo da lui, li portava invece insieme alla moglie a visitare una bella magione, di cui erano custodi.
Tornava da ultimo ogni anno nei luoghi natali, dove alla sua morte si trasferì definitivamente la consorte.
Il padre lo aveva chiamato con il nome di una cittadina martoriata durante la Grande guerra nel corso della spedizione punitiva austriaca arrivata sin sull'Altopiano di Asiago.
Toscano, partigiano, era arrivato a Ventimiglia nell'immmediato secondo dopoguerra, dove si era subito inserito nel tessuto sociale della città di confine, tanto da risultare tra i promotori della Croce Verde e del Tennis Club.
Era funzionario del Comune ed in tale veste, come ricorda spesso Gianfranco Raimondo, diede un formidabile contributo organizzativo alla splendida serie di edizioni della Battaglia di Fiori, quella conclusa nel 1969.
Iscritto al Partito Comunista, ne fu sempre un valido ed attivo dirigente locale: trasmise ai compagni più giovani una memoria articolata e diffusa, come quella concernente Libero Alborno, già membro del CLN, capo molto amato del Partito, innovativo e professionale floricoltore, sottolineandone la costante filantropia, ma non tacendone alcune caratteristiche, come la sovraesposta frequentazione a base di aperitivi alcolici - per motivi di relazioni pubbliche alle quali non sapeva sottrarsi - dello storico e rinomato bar situato a fianco del Mercato dei Fiori, e quella attinente Antonio Papalia che, emigrato una seconda volta, divenne da funzionario del Pci Imperiese segretario della Federazione di Padova e poi senatore.
Sempre col sorriso sul volto, aveva un'incredibile capacità di mediazione, che non sempre gli veniva riconosciuta, ma, ancorché in cuor suo dispiaciuto, sapeva incassare i colpi delle inevitabili polemiche interne.
Fu, in buona sostanza, una figura molto stimata e benvoluta in Ventimiglia, di più che nel suo partito.
Calabrese, combattè per la Liberazione con il ricostituito Regio Esercito, precisamente nel C.I.L., il Corpo Italiano di Liberazione, sì da conseguire il diploma Alexander, di cui andava legittimamente orgoglioso.
Emigrato a Ventimiglia, lavoratore dell'edilizia costretto al frontalierato, abitò sempre nel centro storico della Città Vecchia, dove era ben conosciuto.
Comunista molto attivo, era - e rimase sempre - analfabeta, ma la sua mente arguta e sottile e l'esperienza maturata gli fecero progressivamente superare la penalizzazione, per cui si dimostrò in ogni occasione competente ed informato sia nelle più svariate conversazioni interrelazionali che nelle discussioni politiche interne.
Anche lui sapeva benissimo rapportarsi con i più giovani.
Adriano Maini
Dai terrazzi della costruzione, sviluppata su più piani, si vede la graziosa piccola baia sottostante, a cui si arriva lato mare da una strada caratterizzata da ville d'epoca, tra cui quella che appartenne ai fratelli Lumières.
L'uomo da un piccolo borgo di Medesano in provincia di Parma già negli anni Venti era emigrato in Costa Azzurra, dove fece diversi lavori.
Ebbe come inquilino un signore toscano - che si scorge appena sullo sfondo di una fotografia di famiglia - un signore il cui fratello abitava in Antella di Firenze. Siccome l'ospite era afflitto da epilessia, una volta il nostro organizzò una rocambolesca spedizione della preziosa abituale medicina, che era stata dimenticata, sino a quei dintorni del capoluogo gigliato: del resto lo scambio di visite tra quei parenti era un fatto abituale.
Il locatore i suoi non molto prossimi parenti di Ventimiglia, oltre che andare a trovarli o invitarli a pranzo da lui, li portava invece insieme alla moglie a visitare una bella magione, di cui erano custodi.
Tornava da ultimo ogni anno nei luoghi natali, dove alla sua morte si trasferì definitivamente la consorte.
Il padre lo aveva chiamato con il nome di una cittadina martoriata durante la Grande guerra nel corso della spedizione punitiva austriaca arrivata sin sull'Altopiano di Asiago.
Toscano, partigiano, era arrivato a Ventimiglia nell'immmediato secondo dopoguerra, dove si era subito inserito nel tessuto sociale della città di confine, tanto da risultare tra i promotori della Croce Verde e del Tennis Club.
Era funzionario del Comune ed in tale veste, come ricorda spesso Gianfranco Raimondo, diede un formidabile contributo organizzativo alla splendida serie di edizioni della Battaglia di Fiori, quella conclusa nel 1969.
Iscritto al Partito Comunista, ne fu sempre un valido ed attivo dirigente locale: trasmise ai compagni più giovani una memoria articolata e diffusa, come quella concernente Libero Alborno, già membro del CLN, capo molto amato del Partito, innovativo e professionale floricoltore, sottolineandone la costante filantropia, ma non tacendone alcune caratteristiche, come la sovraesposta frequentazione a base di aperitivi alcolici - per motivi di relazioni pubbliche alle quali non sapeva sottrarsi - dello storico e rinomato bar situato a fianco del Mercato dei Fiori, e quella attinente Antonio Papalia che, emigrato una seconda volta, divenne da funzionario del Pci Imperiese segretario della Federazione di Padova e poi senatore.
Sempre col sorriso sul volto, aveva un'incredibile capacità di mediazione, che non sempre gli veniva riconosciuta, ma, ancorché in cuor suo dispiaciuto, sapeva incassare i colpi delle inevitabili polemiche interne.
Fu, in buona sostanza, una figura molto stimata e benvoluta in Ventimiglia, di più che nel suo partito.
Calabrese, combattè per la Liberazione con il ricostituito Regio Esercito, precisamente nel C.I.L., il Corpo Italiano di Liberazione, sì da conseguire il diploma Alexander, di cui andava legittimamente orgoglioso.
Emigrato a Ventimiglia, lavoratore dell'edilizia costretto al frontalierato, abitò sempre nel centro storico della Città Vecchia, dove era ben conosciuto.
Comunista molto attivo, era - e rimase sempre - analfabeta, ma la sua mente arguta e sottile e l'esperienza maturata gli fecero progressivamente superare la penalizzazione, per cui si dimostrò in ogni occasione competente ed informato sia nelle più svariate conversazioni interrelazionali che nelle discussioni politiche interne.
Anche lui sapeva benissimo rapportarsi con i più giovani.
Adriano Maini