Per strani motivi non si era accordati, per cui i genovesi erano arrivati in automobile, l'altro in treno con un lunghissimo viaggio.
In un pomeriggio resosi anticipatamente libero salirono a San Marino, su cui e sulle cui viste panoramiche ci si potrebbe anche dilungare, ma fu nel ritorno, quando si fermarono a cena in un ristorante in una collina di Romagna, che rifulsero le competenze gastronomiche del genovese, il quale una volta di più selezionò specialità locali per tutti, piatti, invero, non molto apprezzati dal ponentino. Quel personaggio, perso di vista da tempo è così, tale da fare spaziare la sua grande cultura dalle vette della storia e della letteratura, passando per aspetti di sociopolitica, alla ricerca di piatti tipici del territorio. Il sanremasco, del resto, avrebbe a lungo usufruito del suo prezioso prestito di ambiti libri di storia.
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Rimini: Castel Sismondo. Foto: Eleonora Maini |
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Rimini: una sala del Museo Fellini. Foto: Eleonora Maini |
Qualche mese prima, dopo il congresso nazionale, solo il ponentino, invece, visse con esponenti della sua associazione provinciale una singolare esperienza a Roma in Trastevere.
Dalle parti di Le Méridien Le Ruhl, passeggiando, risultarono memorabili le battute rivolte dal genovese all'indirizzo di un responsabile di banca, che aveva aperto una forte collaborazione in loco con la compagine del nostro trio, un uomo superiore diretto in quel periodo di Arturo Viale, ma persona molto attenta alle grazie muliebri.
E fu sempre per un'idea di questo genovese che a un dato momento si fece dono al console generale d'Italia, in quell'edificio dove aveva lavorato anche Antonio Aniante e dove altri pasticciavano con i ritrovati cibernetici, si fece dono di alcune bottiglie di vino Rossese di Dolceacqua, letteralmente sottratte, data la scarsa produzione, alla famiglia di una collega: è quasi superfluo aggiungere che quel nettare fu molto apprezzato.
Con altri in una certa occasione i tre banchettarono, per via delle aderenze toscane dell'ospitante, in una casa di Genova a base di lardo di Colonnata e di altri freschi derivati dalla macellazione del maiale.
Anche altri colleghi apparivano tipi curiosi. Tra i non funzionari, il dirigente che a suo dire avrebbe giustificato assenze dal lavoro se dovute ai piaceri di Venere o un altro che in assise in sala pubblica non lontana dal Priamar di Savona si faceva notare, pur indossando abito estivo con cravatta di rigore, per l'assenza dei calzini ai piedi. Tra i funzionari, chi collezionava con passione orologi, chi pedalava dal Savonese al confine con la Francia, ma senza passare a salutare gli omologhi imperiesi, chi, incrociato in Alta Val Tanaro, si manifestava infastidito, quasi fosse stato in vacanza non autorizzata.
Adriano Maini