giovedì 16 ottobre 2025

Castagne d'India


In questo periodo sulla Riviera ligure affacciata sulla Costa Azzurra si iniziano a vedere dei gran bei tramonti.
E c'è chi realizza - non qui - degli scatti di tutto rilievo. 




I migliori tramonti - giudizio soggettivo - sono, tuttavia, quelli invernali, quindi, ancora da venire.
 



Si va ancora, abbastanza numerosi, al mare.


Anche se, su certe spiagge, occorre fare attenzione agli escavatori utilizzati per lavori probabilmente rinviati nella bella stagione.





Sulla passeggiata - e sulla pista ciclabile - le scene sono sempre quelle, più o meno, di tutti i giorni.



È da un po' che cadono le castagne d'India, ma rappresentano sempre di meno - rispetto ad un tempo - un'attrattiva di gioco per i bambini.


D'altronde, se non vanno ancora a scuola, sussiste pure la formidabile concorrenza del mare.



In Via Vittorio Veneto a Bordighera il mini oleandro che spunta tuttora da un tombino perdeva (?) in pochi giorni ai primi dello scorso mese di agosto il suo unico fiore.


E la luna ha deciso di spostarsi un po' più a nord, sì che, se la si riprende, capita di ammirare anche Grimaldi Superiore, discosta frazione di Ventimiglia.

Adriano Maini

mercoledì 8 ottobre 2025

Cinema, un'altra passione d'antan

Fonte: Milano manifesti

Capitava alla fine degli anni Sessanta che in un tardo pomeriggio festivo in periodo ormai invernale nel cinema teatro di Sanremo, da decenni molto noto per lo svolgimento del Festival della Canzone, decine e decine di persone assistessero in piedi per ore, perché in platea ed in galleria non c'erano più posti a sedere, alla proiezione di "Via col vento", film del 1939, ma uscito in Italia, date le precedenti restrizioni imposte dal regime fascista, solo nel secondo dopoguerra. Probabilmente i ranghi del pubblico erano stati infoltiti da tanti turisti come sempre è in Riviera anche nelle brutte stagioni, ma l'effetto certo non cambiava.
Alla luce di varie cronache del tempo, ma anche posteriori, l'episodio di per sé non sarebbe stato né sarebbe tuttora da considerare singolare, ma solo se si dimenticasse la vetustà della richiamata pellicola, la quale, ad onor del vero, alla data citata era già tornata nelle sale italiane svariate volte rispetto alle prime occasioni. E già era diffusamente successo che nonne, zie e mamme, molto sensibili alle vicende dei vari Rossella O'Hara, Rhett Butler, Ashley Wilkes, Melania Hamilton, comunicassero ai piccoli di famiglia il loro entusiasmo per quella trama ambientata in quel vecchio sud degli Stati Uniti, confederato e razzista, i cui specifici connotati in larga misura non vengono percepiti neppure al giorno d'oggi.
Sì, perché, come da tempo si può constatare, la continua riproposta sugli schermi televisivi di "Via col vento" risulta adesso una costante.
Un po' come accade tuttora per "Quo Vadis" del 1951, fedele compagno di tante serate nel periodo di Pasqua. In proposito si può annotare un'altra circostanza curiosa, sempre di carattere nostrano, anche se meno grandiosa di quella menzionata circa la città delle palme per il film di Victor Fleming: agli inizi degli anni Sessanta una domenica davanti ad un cinema di Oneglia per il primo spettacolo del drammone con Licia, Marco Vinicio, Ursus, Nerone, San Pietro e tanti altri personaggi più o meno storici, si era già formata in attesa di entrare una discreta folla, nella quale erano presenti diversi cittadini della provincia di Imperia.
Erano ancora diffuse in quella fase in grandi capoluoghi, come qui si è già rammentato, sale cinematografiche in cui in pomeriggi feriali al prezzo di un biglietto si vedevano di seguito due distinte pellicole, va da sé non proprio di produzione molto recente, ma in questo novero erano piuttosto rari i titoli marcatamente vecchiotti, di quelli - per intendersi - che solo di recente sono stati doppiati in italiano ad uso di vendita di dischetti o di piattafome in streaming. E, tornando al vissuto di questi luoghi, appaiono ormai remoti i pregressi racconti di nostri spettatori pendolari riferiti a nativi americani come Pentola Nera o a un Gary Cooper più o meno trentenne impegnato in una commedia molto brillante, se non addirittura comica. 

Adriano Maini


lunedì 6 ottobre 2025

Il giovane commissario Montalbano leggeva Pierre Magnan


Pierre Magnan, scrittore francese in primis di polizieschi, è stato un autore con tanta attenzione per la vita sociale, il costume, i poveracci, i notabili, le persone avide, temi sempre di attualità. Nel suo caso per quasi duecento anni di storia francese, poi. Neanche a farlo apposta un notabile di Ventimiglia, di madre transalpina, quando era giovane riferiva con sicurezza che i francesi avessero sempre amato tenersi i risparmi (l'espressione puntuale erano "le monete d'oro") sotto i materassi.
Ad un primo approccio ai lavori di Magnan marcatamente di investigazione si resta magari perplessi sulle trame, ma non si potrebbe fare a meno di ritrovarcisi per intero se si ha una personale idea geo-fisica di Francia, quella dei viali di platani, delle piazzette alberate e di certe locande d'entroterra, per intenderci. 
Questo autore, tuttavia, è stato apprezzato anche da Andrea Camilleri, che in un racconto della serie "gli esordi di Montalbano" fa dire al suo personaggio che forse era il caso, nonostante vari impegni come sempre incombenti, di cercare l'occasione di continuare la lettura di un libro di Magnan.
Sussistono varie testimonianze della pregressa civiltà materiale disseminate nei libri di Pierre Magnan, quali divise di portalettere modellate su quelle dei soldati di Napoleone, divise dei ferrovieri, tele cerate, cappellini antiquati, calendari delle Poste dalla ricca iconografia, tamburi sgargianti, polveri (di insetti) fortemente afrodisiache, attrezzi inconsueti (dei falegnami, dei maniscalchi, dei carbonai, dei tartufai, degli apicoltori), macchinari complicati tutti in legno per i molini ad acqua, tipiche costruzioni agricole provenzali dalle circoscritte destinazioni d'uso, arredamenti maestosi e severi degli studi dei notari, destinati a sfidare le guerre ed i decenni.
Su tutte queste storie, o quasi, incombe la natura con il vento impetuoso che scende dalle montagne, ma di questo si è già scritto qui.
In questa occasione è più opportuno specificare che la maggior parte dei romanzi di Magnan hanno come protagonista il commissario Laviolette, che qualcuno ha voluto definire il Maigret delle Basse Alpi (come più o meno si chiamava una volta quel dipartimento con capoluogo Digne), ma che differisce molto dal commissario parigino, non solo perché é uno scapolo che si concede qualche rara avventura sentimentale, bensì per il suo profondo radicamento nel territorio in cui é nato ed opera (e troviamo lì già suo nonno e suo padre entrambi graduati, il secondo di sicuro brigadiere, della Gendarmeria) e per un accentuato senso di tolleranza per le debolezze umane. Non poteva, forse, essere diversamente, poiché é stato partigiano su quelle montagne come il suo autore. Da un lato, tutto questo aiuta a capire la larga visione del protagonista a fronte di tante (anche se spesso pittoresche) miserie umane, dall'altro contribuisce ad inquadrare l'arco temporale (principalmente gli anni '80) della sua azione, che lo vede ad un certo punto coinvolto in indagini, ancorché ormai pensionato.
Il riferimento alla Resistenza é importante, anche per il contributo sotto veste romanzesca a dissipare luci ed ombre umane di quell'eroico periodo, che non poteva essere esente da micidiali provocazioni del nemico e da tradimenti.
Con l'artificio, poi, di antefatti che risalgono nel tempo o dei racconti del nonno o della narrazione di vicende del padre vissute o viste da bambino, Laviolette porta talora il lettore anche oltre gli inizi del '900, con pagine in cui sembra proprio di respirare la storia, proprio perché, essendo storia minore, emergono personaggi, riferimenti, vicende, fatti, veri o verisimili, largamente misconosciuti, anche in Francia: non per niente Magnan ha conseguito diverse attestazioni ministeriali transalpine per il suo meritorio impegno di divulgazione storica.
Pierre Magnan - che del resto fu amico di Jean Giono - non scrisse solo dei gialli (in proposito per fare solo qualche esempio ci si limita ad indicare "I carbonai della morte", "Il sangue degli Atridi", "La tomba di Hélios", "Il segreto dei vicoli oscuri"), per cui vanno ancora almeno citati i suoi romanzi storici "Il Casino Forcalquier", "La casa assassinata" e "Il periplo del capodoglio", i primi due in ogni caso anche decisamente noir.
Adriano Maini

martedì 30 settembre 2025

Battaglia di Fiori che passione

Il carro "Barone di Münchhausen" della compagnia "A Mar Parà" nel 1967

Ventimiglia (IM): lo slargo dove veniva costruito il carro della compagnia "A Mar Parà"

Gianfranco Raimondo ha visto gran parte, se non tutte, le Battaglie di Fiori di Ventimiglia del dopoguerra. Valido presentatore amatoriale di diversi tipi di spettacoli, specie musicali, nel 1961, poiché il Comitato Organizzatore aveva esaurito i fondi, da un dirigente venne convinto per spirito di appartenenza a fare gratuitamente lo speaker della manifestazione, tutto sommato cavandosela anche bene.
Sul tema di recente in uno dei suoi tanti articoli si è soffermato piuttosto su di una vecchia compagnia di carristi, quella denominata "A Mar Parà" (Alla mal parata), che conseguì diversi successi nelle edizioni degli anni Sessanta, trovando sempre una degna rivale ne "I Galli del Villaggio" di Bordighera, per i quali fu a lungo progettista - come già qui messo in evidenza in una precedente occasione - un noto e simpatico geometra della città di confine.
Il gruppo in questione allestiva il capannone in un cortile situato in posizione abbastanza intermedia tra la zona Nervia ed il centro urbano, comunque più prossimo a Via Dante, alias Via Regina, un'arteria lungo la quale venivano preparati invero altri carri ancora.
Una nota di costume che dagli appunti di Gianfranco si può far derivare é che come nel caso di "A Mar Parà" operavano persone di Nervia, dove era invece presente la "Cheli de Nervia", anche per altre compagnie era molto differenziata la provenienza di costruttori, saldatori, infioratori e carristi, perché la festa era... la festa.

Arturo Viale, in vista della stesura di un suo prossimo libro, ha chiesto informazioni sui carri vincitori della Battaglia di Fiori del 1950, quasi per paradosso su questo blog già menzionata per un pittoresco articolo d'epoca di un giornalista de "l'Unità". Un altro aspetto singolare che salta di conseguenza agli occhi é che quell'anno ai fini delle premiazioni vennero previste cinque categorie di carri (forse il numero massimo mai stabilito: già l'anno dopo solo tre; ma in seguito ci furono altre variazioni): qui si riportano solo, come esempi, "Ode al fiore" di "Cumpagnia d'i Ventemigliusi", vincitore tra i carri grandi, e "La stella di Bagdad" di "E Spine", primo tra i carri medi.

Facendo ricerche, per quel periodo e quello subito successivo si possono notare altre circostanze curiose. A titolo semplicemente indicativo in proposito si può rimarcare che per lungo tempo i carri usufruirono di trazione animale; che nel 1949 operava già una compagnia riconducibile ad iniziative del Partito comunista, come più avanti sarebbe stato per i gruppi "Rinascita" e "Nuova Generazione"; che nello stesso anno apparvero anche le Ferrovie francesi, forse per un carro preparato da ventimigliesi con un minimo di compartecipazione di qualche cheminot; che erano ancora tanti i gruppi riconosciuti con i cognomi di singole persone e diversi quelli di Sanremo.

Per molte delle notizie qui riportate è stata indispensabile la consultazione del libro "Battaglia dei Fiori" di Danilo Gnech, Franco Miseria e Renzo Villa (Dopolavoro Ferroviario di Ventimiglia, Cumpagnia d'i Ventemigliusi, Civica Biblioteca Aprosiana - 1987).

Adriano Maini

giovedì 25 settembre 2025

Giocando a nascondino con alcune vecchie fotografie

Sanremo (IM): la ex casa delle Monache Turchine

Come è ben noto, Italo Calvino frequentò a Sanremo il Liceo Classico "G.D. Cassini", allora ubicato nella vecchia casa delle Monache Turchine, mentre da decenni quella sede ospita alcuni Istituti tecnici, tra cui quello frequentato da Marco Innocenti, che là ebbe come insegnante, che andò a stigmatizzare in seguito in un suo libello, una ex compagna di classe dello scrittore delle "Lezioni americane".
Una fotografia del 1941 riprese Calvino, tutti o quasi (ci sono sempre delle assenze in tali occasioni) i suoi compagni ed alcuni insegnanti. Venne scattata da Gianni Moreschi, padre a sua volta di un altro grande fotografo, Alfredo. Ne venne divulgata una copia - con tanto di didascalia - su di una pregressa pubblicazione locale. Se ne ha in dotazione una versione digitalizzata, che qui per discrezione non viene mostrata, al pari di altre successivamente evocate. 
In effetti, una targa visibile alle spalle delle persone ritratte, la quale sembra indicare la fascistissima Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale, porta a pensare che gli astanti fossero quel giorno in trasferta, ma tant'è.
Nella predetta immagine non poteva mancare Eugenio Scalfari, una presenza ormai conosciuta anche dai sassi. 
Di vari e ribaditi amici di Calvino, preme rimarcare, invece, Francesco Kahnemann, futuro partigiano e fratello di Eugenio, responsabile della missione della Resistenza Imperiese presso gli alleati a Nizza denominata con il loro cognome. E di altri ragazzi dell'epoca il futuro ingegnere Elio Riello, che, da patriota antifascista operante a Ventimiglia, venne arrestato il 21 maggio 1944 per essere deportato, dopo l'immancabile detenzione nel campo di transito di Fossoli, a Peggau, una delle sottosezioni del lager di Mauthausen, da cui riuscì fortunatamente a tornare vivo.
Ed ancora, o assenti in quell'occasione o già usciti dai ranghi per altri motivi, sembra doveroso citare tra i compagni di scuola di Calvino almeno la futura staffetta partigiana Angela Maria Calvi - fidanzata e poi consorte del tenente Alfonso Testaverde, arrestato perché partecipe dei primi tentativi di costituire il CLN a Sanremo, quindi rilasciato, e, prima di riprendere servizio nell'esercito, ancora militante nella Brigata Giustizia e Libertà della città dei fiori - e Pierfranco Gavagnin, il quale sarà capo del personale del comune di Sanremo e poi storico direttore di Porto Sole, ma soprattutto mentore delle ricerche di Paolo Veziano sugli ebrei, soprattutto stranieri, presenti nel ponente ligure, ricerche dalle quali sono derivati alcuni importanti libri.

C'è un esercizio pubblico in Bordighera, i cui locali alla fine degli anni Quaranta avevano come destinazione d'uso una chiesa, che vide ad esempio celebrare - come da documentazione iconografica qui, come già anticipato, volontariamente preclusa - diversi matrimoni. Vale la pena aggiungere che prima di trovare da qualche decennio stabile collocazione il tempio in questione - attualmente Santuario di Sant'Antonio da Padova - ebbe modo di compiere un ulteriore trasloco.

C'era una classe - una sezione della leva del 1950 - delle scuole elementari di Ventimiglia Centro, i cui componenti da adulti almeno una volta - più di trent'anni dopo aver concluso quel ciclo di base - presero la simpatica iniziativa di riunirsi con il loro ex maestro, ormai novantenne, in un amabile incontro conviviale: ne diede notizia anche la stampa locale, che non mancò di riferire la provenienza da lontano - addirittura Cosenza e Nuoro - di alcuni partecipanti. 

Adriano Maini

venerdì 19 settembre 2025

Il giornalino "intrepido", il ciclismo, la colonia estiva

La prima di copertina di un "intrepido" del 1955

Arnaldo Scotto ricorda sia i giornalini a fumetti "intrepido" di fine anni Cinquanta - e questo lo fa in buona compagnia, ancor più per quelli precedenti! -, sia le buste contenenti a sorpresa alcune copie di quel periodico messe successivamente in vendita nelle edicole.

Nell'estate del 1955, sotto il pergolato di uva americana del giardino di una casa dei Gallinai di Bordighera - di vicini ed amici della nonna materna - un bambino che non sapeva ancora leggere sfogliava avidamente - soffermandosi quasi esclusivamente sulle avventure di Buffalo Bill - decine di "intrepido" ed una mezza dozzina di albi di raccolta di numeri più vecchi del medesimo, che i figli di quei signori sapevano, invece, già apprezzare sino in fondo, poiché andavano già a scuola .

Alcuni birbantelli di Via Regina (come ancora oggi in tanti vogliono chiamare come ai vecchi tempi Via Dante) di Ventimiglia - e di quella zona - erano in quel periodo anche loro entusiasti di "intrepido", facendoselo girare l'un l'altro: uno della compagnia da grande sarebbe anche diventato collezionista di fumetti.
Ed alcuni, se non tutti, adesso rammentano come graditissima novità i regali pubblicitari che la carovana commerciale al seguito del Giro d'Italia di ciclismo il 16 maggio 1955 aveva lanciato al passaggio in Corso Genova all'altezza dell'incrocio con la loro strada.



Si dà il caso che venisse scattata una fotografia di Nino Defilippis già in fuga per andare a vincere nella città dei fiori quella tappa, la Cannes-Sanremo, nella discesa davanti al centro storico di Ventimiglia Alta, da parte del padre del bambino che amava tanto "intrepido", ma che non poteva ancora assaporarlo del tutto.


Ed a chiudere il cerchio si può sottolineare che alcuni discoletti dei Gallinai proprio in quell'epoca partecipavano ad una colonia di Triora, loro di Bordighera, una cittadina tuttora sede - con meno fasti del passato - di alcune postazioni ricreative estive per bambini e per ragazzi.

Adriano Maini

martedì 16 settembre 2025

Pipistrelli, ragni ed altro ancora del ponente imperiese

La zona di Triora (IM). Foto: Alessandro Spataro

Proposte per la conservazione degli habitat di caccia dei pipistrelli di Baiardo, Badalucco, Molini di Triora, Bruzzi-Creppo di Triora, nonché nelle vicine località delle Alpi Marittime in Piemonte di Andonno, Bagnasco e Perdioni: non suona esattamente così il titolo del documento - sono più scientifici i termini spesi e ne ricorre un altro qui non riferito - ma sembra proprio una ricerca singolare.

Si dà il caso che, rinvenendo sul web tesi di laurea o di dottorato, scorrendone i testi ci si può imbattere in vari aspetti e situazioni della provincia di Imperia, perlomeno della sua parte più occidentale, non proprio tipici di conversazioni quotidiane.

Come ancora nel caso di uno studio del sovrapascolo sulle araneocenosi del Parco Regionale naturale delle Alpi Marittime: in genere, in effetti, le persone comuni non pensano affatto ai ragni in connessione con le radure erbose delle nostre montagne.

Lo stesso si ritiene possa valere per chi si imbattesse nelle pagine di "Biostratigrafia a macroforaminiferi della sezione stratigrafica di Capo Mortola".

Forse anche per il titolo "Contributo alla ricostruzione delle identità regionali e della differenziazione sociale presso i gruppi di cacciatori-raccoglitori paleo-mesolitici. Studio della ritualità funeraria in Italia e Francia e analisi degli isotopi stabili sul campione umano del versante alpino sud-orientale", che pure conduce ad ampie considerazioni sulle grotte preistoriche e sull'insieme dei Balzi Rossi di Grimaldi di Ventimiglia.

Ci sono, del resto, tesi, sempre pertinenti la Riviera dei Fiori, nelle quali si scovano informazioni più interessanti per il largo pubblico.

Adriano Maini

mercoledì 10 settembre 2025

Marinai francesi favorirono imbarchi clandestini verso la costa ligure

Una vista da Roquebrune Cap Martin sino a Bordighera

Dal luglio all'8 settembre 1943, vennero preparate evasioni e assicurata protezione a soldati italiani da parte di gruppi partigiani francesi di Joseph le Fou (Joseph Manzone) e dalle popolazioni di Nizza, Cannes e Monaco. 
Marinai francesi favorirono imbarchi clandestini verso la costa ligure. 
Dopo l'8 settembre alcune guide alpine francesi presero in consegna gruppi di militari sbandati della disciolta IV Armata italiana, dando loro cibo e vestiario e conducendoli poi nel rifugio Nizza al colle di Tenda. Lì venivano presi in consegna dai resistenti italiani che lavoravano in piena sintonia con i francesi, cercando di convincerli ad aggregarsi a formazioni partigiane alpine o costiere, in previsione di uno sbarco delle truppe alleate. 
Un episodio che favorì le relazioni italo-francesi accadde l'8 settembre 1943 nella stazione di Nizza, importante nodo ferroviario per il transito dei convogli che riportavano in Italia i reparti della IV armata, configurando, altresì, in ordine cronologico - la sera stessa dell'annuncio dell'armistizio - il primo atto ufficiale di lotta armata della Resistenza Italiana, compiuto dal sottotenente siciliano Salvatore Bono, che rimase gravemente ferito, ma che in seguito potè di persona essere insignito della medaglia d’oro al valor militare.

Alipio Amalberti, nato a Soldano l’11 febbraio 1901, zio materno di Pietro Gerolamo Marcenaro e di Sergio Marcenaro, giovanissima staffetta partigiana, già nelle giornate che seguirono l’8 settembre metteva in piedi un’organizzazione per finanziare ed armare i gruppi che si stavano formando in montagna a Baiardo (IM) insieme a Renato Brunati di Bordighera, fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino e Lina Meiffret, proprietaria di una villa poco fuori Baiardo, punto di riferimento e talora rifugio di quella piccola banda, che, catturata insieme al fidanzato Brunati, venne deportata in un campo di concentramento in Germania, da cui tornò fortemente provata, ma salva. 
Arrestato il 24 maggio 1944 a Vallecrosia e tenuto come ostaggio, in quanto segnalato più volte come sovversivo, Alipio Amalberti venne fucilato a Badalucco il 5 giugno 1944 come ritorsione ad un’azione del distaccamento di “Artù”, Arturo Secondo, compiuta il 31 maggio. 

Pietro Gerolamo Marcenaro, in seguito colonna della SAP e del Gruppo Sbarchi (i Partigiani del Mare) di Vallecrosia risultava latitante già nel verbale della Questura (fascista) di Imperia del 15 giugno 1944, riferito alle indagini ed agli arresti effettuati verso la fine di maggio 1944 nella zona di Ventimiglia e di Bordighera a danno del costituendo CLN di Ventimiglia, del già esistente CLN di Bordighera, del gruppo antifascista “Giovane Italia” e di altri patrioti collegati.

Un ex milite della Brigata Nera di Bordighera, imputato davanti alla Corte d'Assise Straordinaria, in un tentativo di autodifesa, asseriva di avere preavvisato a suo tempo il maggiore Raimondo, ricercato dalle SS tedesche, di porsi in salvo. Il Raimondo in questione era Luigi Raimondo, maggiore degli alpini a riposo, che si incontra attivo nella Resistenza sia in occasione della Missione Flap - quando aveva aiutato insieme al figlio Mario Pietro Loi, guida della squadra della Missione che aveva scelto di rientrare tra le fila alleate in Costa Azzurra via mare da Ventimiglia - che della prima Missione Corsaro. 
Raimondo lasciò scritto un appunto in cui asseriva di essere stato incaricato dal capitano Gino Punzi di portare una radio ricetrasmittente a Vallecrosia, ma si può presumere che si trattasse di Bordighera, dove sia Giuseppe Porcheddu in Arziglia sia i Chiappa, padre e figli, sempre in Bordighera, nel loro garage situato quasi in centro città, risultano da diverse fonti essere stati coinvolti nella vicenda testè richiamata. 
Nel memoriale di Paolo Loi, fratello del citato Pietro Loi, nella parte relativa al suo ritorno dalla Francia ad aprile 1945, con uno sbarco a Vallecrosia e prosecuzione dell'incarico - affidato al suo gruppo dagli alleati - di portare materiale ai garibaldini in montagna - si viene a sapere del suo incontro dalle parti della Valle Argentina con il maggiore Raimondo ormai costretto alla fuga. 
Per la registrazione dell’atto di morte (una pratica ingarbugliata) del capitano Punzi presso il comune di Ventimiglia comparvero come testimoni Luigi Raimondo ed il figlio Mario. Mario Raimondo "Mariun" si era a suo tempo speso, oltre che con il padre, anche con Efisio "Mare" Loi, a sua volta genitore dei mentovati Paolo Loi e Pietro Loi - quest'ultimo coinvolto oltre che nella Missione Flap in altre operazioni con gli alleati -, e Albino Machnich, nella raccolta di informazioni militari.

Adriano Maini 

lunedì 1 settembre 2025

Guarda che luna!


Una gentile lettrice invia la fotografia di una luna dal colore molto rosso, apparsa pochi anni fa sopra Bordighera, immagine, a quanto pare, pubblicata in qualche derivazione di questo blog. La signora lo ha fatto in costanza della variabile presenza negli orari - di tragitti e di tinta (bianco, giallo, rame) - nei primi giorni di agosto dell'acclamato satellite, perché la pregressa immagine rappresenta forse un unicum. In ogni caso, è stato uno spettacolo ammirare circa un mese fa - come molte persone hanno fatto, non risparmiando pertinenti scatti - i migliori aspetti della luna in punti differenti e in momenti diversi della sera e della notte. Eppure, sembra irripetibile una certa scena di un anno fa, quando gli arabeschi disegnati da Selene, stelle, luci di barche sul mare (e qualche occasionale segnale di un aereoplano) sembravano invero originali. Senonché, proprio l'altro giorno ed ancora ieri, chi da queste parti avesse alzato gli occhi all'aperto avrebbe potuto scorgere una luna crescente pennellata di oro infuocato, quando per un passaggio più lungo intorno alla 23, quando per un passaggio più breve un po' più tardi, ma sempre sotto l'incombere di nuvole che avranno pure condizionato il fenomeno.

E si metta nel contesto, sia pure "fuori sacco", il grandioso arcobaleno apparso poco fa in direzione Francia a sovrastare l'intera zona intemelia!


Ogni tanto qualcuno saluta ancora per strada Salvatore con il nomignolo "Acapulco", a lui affibbiato non si sa più se per ammirazione o per ironia - comunque, con un richiamo alla nota località del Messico, dove, come visto in alcune pellicole, le altezze per tali prodezze sono senza paragone ben maggiori - quando si esibiva in plastici tuffi dagli scogli di Sant'Ampelio di Bordighera, quelli tanto amati dallo scrittore, poeta ed artista Guido Seborga.


Più facile notare adesso, specie nella brutta stagione, gite romantiche in quel sito molto caro agli abitanti della città delle palme.

Per non ricorrere all'espressione forse in oggi non molto corretta "i vecchi definivano" si userà la perifrasi "molte persone una volta chiamavano gobba del cammello" - quando, invece, il paragone sarebbe stato più giusto con il dromedario - un punto preciso della Costa Azzurra molto visibile dall'estremo ponente ligure, che per molti sedentari è sempre stato l'orlo occidentale della catena dell'Esterel, che da alcuni velisti non è mai stato preso in considerazione e che, in genere, non viene ormai più neanche notato: secondo un diligente fotografo amatoriale ed escursionista nostrano si tratta di una altura nelle vicinanze di sud-est di Frejus.

Adriano Maini

giovedì 28 agosto 2025

Altri seguiti

Ventimiglia (IM): Punta Begliamino vista dalla Frazione Mortola

Arturo Viale sottolinea con amarezza che tante persone sono oggi use definire Baia dei Pescatori quella che si appoggia a Punta Begliamino, al margine di ponente della Frazione Latte di Ventimiglia, così che il continuo ricorso al termine "Beniamin" per una zona quasi di frontiera con la Francia non ingeneri più soverchie confusioni.
In ogni caso, nella citata spiaggia hanno la loro capanna, utile agli scopi, giovani pescatori - non professionisti, ma eccellenti come alcuni loro predecessori - che onorano la tradizione dei vari "Giuà de Canun", "i gemelli" e così via. E, per tanti inerenti racconti sentiti, non ci si può esimere dal fare un cenno alla persistenza di una pregressa, più o meno pubblica, diatriba circa la rispondenza - in ordine alle destinazioni d'uso - a criteri di legittimità amministrativa di tanti ricoveri sparsi in questa località come in quella menzionata del Darsenùn.

Mimmo, dalla Calabria, dove da alcuni anni è tornato dopo una vita passata nell'Imperiese, rimarca che ad una Festa de l'Unità di Arma di Taggia si era esibito, grazie all'impegno di un compagno albergatore del luogo, anche Francesco Guccini, di cui non ci sono tracce di concerti all'aperto in questa provincia, ma piuttosto di reiterate presenze a serate della Rassegna del Club Tenco, con immancabili simpatiche partecipazioni a momenti fuori palcoscenico, ogni tanto rievocate anche con corredo di fotografie da chi ebbe in sorte di prendervi parte.

Gabriella invita da Montecarlo ad approfondire la figura del cugino Pietro Ferrua, fine intellettuale, anarchico, pacifista, obiettore di coscienza, amico di Libereso Guglielmi: un uomo che ebbe anche il merito di illuminare aspetti inediti della attività partigiana di Italo Calvino.

Gianfranco Raimondo tramanda che il patriota antifascista Giacometti era perseguitato dagli sgherri del regime fascista ben prima del periodo Resistenziale, tanto é vero che, accompagnando il padre a caccia sulle alture che si affacciano sul centro urbano di Ventimiglia, assistette alle conseguenze, sotto forma di sedie ed altri mobili lasciati in ordine sparso all'aperto, di una perquisizione compiuta in una casa di Giacometti situata sulla collina delle Maule.

Leggendo su altro blog, collegato a questo, un vecchio articolo dove si parlava dell'esperienza di tre studenti delle superiori di questo ponente ligure, praticata nel 1966 nel campeggio con grandi tende molto confortevoli - a luglio quindici giorni di vacanza premio per meriti scolastici e sportivi (a dire il vero non sempre tali per tutti!) del Ministero della Pubblica Istruzione (vecchia denominazione!) in quel di Cappella, Frazione di Lavarone, in provincia di Trento, tramite una email un signore di Trieste aderisce allo spirito di quello scritto, rammentando brevemente la sua di similare esperienza, ma del 1964. Nell'incrocio della successiva corrispondenza emergono vari dettagli, tra i quali ne spicca uno che porta al suo tardivo riconoscimento, nella figura di un noto politico di Imperia, di un suo compagno di quella lontana avventura: il che, a ben vedere, induce a riflettere sul fatto che nei campionati studenteschi di questa provincia - atletica leggera, corsa campestre, pallavolo - nel tempo si alternarono futuri personaggi di spicco in vari campi della società.

Adriano Maini

venerdì 22 agosto 2025

La piantina dei giovani democristiani


In provincia di Imperia forse le prime esibizioni di cantanti famosi in Feste de l'Unità avvennero a quella di Ventimiglia, che si teneva nei classici Giardini Pubblici: Claudio Villa nel 1973, Gianni Nazzaro nel 1974, con grande successo di pubblico, non pagante, ma gli organizzatori rientrarono in parte dalle spese - se non da tutte - con maggiore affluenza agli stand e con le offerte libere, che venivano scambiate con le tradizionali "coccarde", a quel tempo ormai sostituite da adesivi multicolori, che evitavano tante punture di spilli, come invece d'antan.
Il paradosso è che probabilmente una presenza canora "impegnata" nella città di confine nel corso di una sagra popolare aveva avuto luogo qualche anno prima quando il cantastorie Franco Trincale in una data serata si alternava a complessini del posto. Qualche ventimigliese ricorda ancora di avere notato parecchio tempo dopo Trincale all'opera nel Corso di Milano, più o meno angolo con il Duomo, con ai piedi - ma questo non potrebbe giurarlo - il classico piattino con le offerte, mentre infine alla kermesse comunista ventimigliese sarebbero approdati - come sottolinea in suoi scritti Arturo Viale - gli Inti-Illimani.


Sempre in tema di musica squisitamente popolare i dirigenti comunisti delle Alpi Marittime chiesero al giovane funzionario comunista, che girava per quel dipartimento con il loro accordo tra gli italiani immigrati per la campagna elettorale amministrativa del 1975, di ingaggiare per la loro Festa, che si teneva al Palazzo delle Esposizioni di Nizza, un gruppo italiano squisitamente folcloristico: con grande disappunto - non il primo e neppure l'ultimo! - dei suoi ospiti, che dovettero subire il fatto compiuto, il loro referente procurava, invece, la partecipazione di una classica bandina di ragazzotti della zona di confine, dedita a canzoni da ballo liscio. Per paradosso, in epoca più recente un componente di quella piccola compagine, già assessore - e non solo - nell'ambito del centro-destra, poteva in alcune circostanze scherzare con il suo vecchio committente, imputandogli il fatto di averlo obbligato a suonare in una tana dei "rossi".


Il già citato funzionario comunista si recava a metà anni Ottanta in quel di Latte, Frazione di Ventimiglia, in visita a quella che probabilmente era la prima Festa dell'Amicizia in zona, un'iniziativa del tutto assunta a carico ai giovani di quel partito. Per qualsiasi motivo avesse compiuto quel passo - per curiosità o per mere pubbliche relazioni - quell'ormai più maturo politico di sinistra, dietro le ripetute insistenze di alcuni attivisti, non potè esimersi dallo spendere qualche moneta in giochi vari, dai quali uscì alla fine con la vincita di una bella piantina grassa, che avrebbe voluto lasciare sul posto, ma che dovette, per le insistenze dei suoi anfitrioni, portarsi a casa, dove, crescendo bene, rimase a lungo.



Di Vasco Rossi ad una scalcinata Festa de l'Unità in Roverino, Frazione di Ventimiglia, qui si è già detto. Il maggior numero di spettacoli con alto grado di notorietà, se non di professionalità, tuttavia, in quel torno si ebbero alle Feste de l'Unità di Sanremo, che si svolgevano all'ombra - solo mattutina! - del Forte di Santa Tecla, e di Imperia, queste tipiche della base del molo lungo del porto di Oneglia: su queste ultime si compiace talora di compiere rievocazioni un giornalista pensionato, scrittore di storie e di romanzi sulla Resistenza.

Adriano Maini

sabato 16 agosto 2025

All’improvviso mi sono accorto che alcune antenne di mont Agel e del col de la Madonne non ci sono più

Ventimiglia (IM): un tratto di Via Aurelia visto dalla Località Ville

«La memoria bisogna coltivarla, tenerla viva riparlando delle storie e spesso ci sono i confronti tra chi ricorda particolari aggiuntivi e chi rinfaccia al narratore di turno di averla già raccontata in modo diverso in altre occasioni.»
«"Oh Gigolette", dalla "Danza delle libellule" di Franz Lehar, la cantava Milly e la mormorava mia zia nelle fasce al calar del sole - esattamente al lampescuro - quando lavorare in campagna, anche nella stanchezza, diventa più dolce per lo sfumare del caldo e del solleone e per l’avvicinarsi del rientro a casa, quando i cani abbaiano in lontananza aspettando i padroni.»
«Ho piantato fiori e verdura, ho raccolto secondo le stagioni, ho scelto per me i frutti più aspri secondo il mio gusto, susine bianche e rosse sulla medesima pianta, perseghi sciapenti e mordenti, pomodori tondoliscio, marmanda, costoluto, fiaschette.»
Quelle qui appena trascritte in corsivo sono tre estrapolazioni dall'ultimo libro di Arturo Viale, La chiave dei ricordi, di prossima pubblicazione in edizione limitata, dunque, alquanto riservata, ma la cui bozza è ancora in corso di revisione.
Come negli altri suoi similari lavori, affiora spesso la notevole vena lirica di Arturo Viale, che non fa neppure mancare piccole perle di saggezza, di storia, di cultura.
Si tratta, altresì, di un'impressionante galleria di luoghi - di tutto il mondo, perché Arturo Viale ha avuto la fortuna di poter viaggiare molto -, di fatti, di persone, il tutto impreziosito con particolari che solo una certosina ricerca di documentazione poteva assicurare.
Rimane centrale, come negli altri suoi scritti, un vero e proprio punto di partenza, l'insieme delle esperienze compiute, dalla nascita al compimento più o meno della maggiore età, presso la vecchia casa di famiglia, la "Bataglia", di zona Ville di Ventimiglia.

Si preferisce qui, nel procedere con degli esempi, collegarsi alla menzionata dimensione nostrana.

Arturo Viale, sotto questo aspetto, mette la luce su persone note e meno note, in genere a lui care, tutte indicate, se non già di rilievo pubblico, con il solo nome, ma facilmente riconoscibili, in maniera di certo variabile, dai lettori più attenti.

Rievoca la nevicata del 1956, che non fu tale solo nel ponente ligure, tanto da sottolineare egli stesso la nota canzone che reca quel titolo, ma non quelle, forse specifiche di queste zone, del 1963 e del 1984, avvenute sempre di gennaio.

Con tanto di data e di orario, 19 luglio 1963 alle 6.45, rammenta un terremoto che non mise paura solo a lui, ma a quasi tutti gli abitanti di Ventimiglia: quasi, perché il padre di Arturo, trovandosi nella stalla, non avvertì nulla, neppure colse segnali dall'agitazione della loro mula; un po' come capitò ad altri, ad esempio alla famiglia di un ferroviere di Nervia, i cui membri solo ore dopo vennero svegliati, nel loro appartamento sito al pianterreno e con le finestre - correndo la piena estate - aperte, da un parlottio insistente di persone ferme sul marciapiede antistante.

Dichiara che un suo amico - di queste parti, beninteso - assistette al concerto dei Beatles a Nizza.

Coglie gli atteggiamenti inusuali di alcuni clienti del Bar Irene di ormai nuova gestione.

Riferisce della scritta EMOSCAMBIO apparsa su di un muraglione della Autostrada dei Fiori, chiarendo le intenzioni provocatorie degli anonimi imbrattamuri, che replicarono i loro atti in altre parti del Paese: una notizia, invero, inedita. 

Mette una discreta attenzione su Nizza, città dove ha anche lavorato come bancario, e dintorni, in questo in una sintonia con la maggior parte degli abitanti di questi luoghi che, vista la prossimità di frontiera, non necessita di spiegazioni.

Fornisce un taglio particolare alle sue frequentazioni di Feste de l'Unità.

«All’improvviso mi sono accorto che alcune antenne di mont Agel e del col de la Madonne non ci sono più, chissà da quanto tempo.»
 
E con questa  significativa osservazione di Arturo Viale si conclude questo post.

Adriano Maini

giovedì 7 agosto 2025

Verso sera

E così diede il suo apporto alla costruzione della moschea di Casablanca in Marocco un altro residente della zona Ventimiglia-Bordighera, un marmista che aveva tenuto bottega nell'ex conceria della città di confine, nella zona adiacente a Via Tenda, là dove ora svettano tre ardite (per il Ponente Ligure!) costruzioni civili a forma - più o meno - di torre.
L'asserzione deriva da un ennesimo commento o rilievo critico che dir si voglia.
Il fatto è che il citato artigiano - un omone grande e grosso, molto simpatico, militante, se non si erra, del Partito Socialista di Unità Proletaria - era una delle tante persone che nei primi anni Settanta si recava spesso per coltivare consolidati rapporti sociali - ed anche politici - presso la Camera del Lavoro di Ventimiglia, ubicata all'epoca a fianco di un cinema, molto frequentato, in un'unico stanzone a malapena diviso in modo diseguale da una parete provvisoria in legno e vetro.
Il lettore consenta una digressione verso la plastica introduzione che Enzo Barnabà fece in una data imprecisata - in quanto il libro non la riporta -, ma che dovrebbe risalire alla fine dei Novanta, al romanzo di Carlo Gallinella "L'uomo nuovo" (Edizione "Il gabbiano"), nella quale vengono ben descritti alcuni eccentrici personaggi (il comunista eclettico autoriparatore, l'anarchico, il sardo e così via), che nella realtà non trasfigurata non mancarono di "officiare" presso la Camera del Lavoro, così come l'autore, ma non lo scrittore Barnabà, ancora in altri lidi.
Verso sera, dunque, quando molte attività erano terminate, soprattutto verso sera, quell'angusta sede della C.G.I.L. vedeva affiancarsi - spesso in allegra confusione - a chi cercava risposte a questioni attinenti il proprio lavoro militanti in senso largo del fronte di sinistra, perché quel piccolo ambiente era una sorta di cenacolo sociale e politico. Non per niente là dentro scaturirono o vennero supportate in senso rigorosamente unitario iniziative quali risposte alle provocazioni neofasciste, alcune manifestazioni studentesche, la marcia Ventimiglia-Bordighera per la pace in Vietnam. E tutto questo al netto dell'opera più strettamente istituzionale, che in quegli anni di lotte operaie era molto intensa anche qui in Riviera.
L'ambiente, dunque, era quello qui sommariamente descritto, per cui non appariva singolare che entrassero l'artigiano marmista, il contadino abruzzese - comunista - che vendeva soprattutto uova (ma non in quel luogo!), il piccolo possidente socialista, il pittore socialista, che donava sovente i suoi dipinti con soggetto sociale, ed altri lavoratori autonomi.
Si trovavano anche le occasioni per intervalli scherzosi: poteva essere smascherato alle spalle, a sua insaputa, il panettiere comunista che praticava in un forno di Mentone e che aveva voluto far credere di essere stato in gioventù nella Legione Straniera; le caute prese in giro, fatte da alcuni astanti, di alcuni di quegli uomini in seguito effigiati da Enzo Barnabà; il festoso ingresso, accompagnato da aperti saluti e da allegre parole pronunciati con tono quasi militaresco, dell'avvocato del sindacato.
Quel circolo aveva, tuttavia, ancora delle altre frecce in faretra: proprio di fronte, dall'altra parte della strada, c'era un bar, il Bar Irene, anche questo un piccolo vano, ma con un frenetico giro di clienti, in parte legato alla presenza del richiamato cinema (e, quindi, quando il buio era ormai calato, eccezione fatta per le proiezioni pomeridiane della domenica), ma molto indotto proprio dal viavai della Camera del Lavoro: un simpatico ferroviere veneto, sodale di Gianfranco Raimondo (che scrive talora delle successive vicende del Bar Irene) ed in contiunio contatto con un noto blogger di Venezia, aveva espresso, come altri, l'intenzione di scrivere la storia di quell'esercizio pubblico, ma una volta di più non se ne riuscì a fare nulla.
E se quel bar, prima di essere trasferito in locali molto più grandi poco distanti, era frequentato da futuri scrittori quali Francesco Biamonti, Lorenzo Muratore, il già menzionato Carlo Gallinella, faceva spesso durante la giornata la spola tra sindacato e bar, accompagnato ad associati o amici, un altro futuro scrittore, Elio Lanteri, che era un impiegato della Camera del Lavoro.
Vigilava sornione su tutti questi movimenti Lorenzo Trucchi, allora segretario della Camera del Lavoro, dal 1975 segretario provinciale della C.G.I.L., dal 1985 consigliere regionale del Pci e, poi, del PdS: al tempo riusciva a prendere appunti o a iniziare pratiche - togliendo anche ad Elio Lanteri molte castagne dal fuoco - nel mentre provava a capire qualcosa dei comizi improvvisati davanti a lui.

Adriano Maini

domenica 3 agosto 2025

Sempre i lettori...

Vallecrosia (IM): una vista sulla Val Nervia

Antonio, da Vallecrosia, rimarca che Silvano aveva diretto squadre di operai anche in Iraq e preannuncia dettagli in proposito, il che fa tornare in mente che altri uomini di questo lembo della Riviera erano stati in trasferta professionale da quelle parti, impegnati sempre nel settore delle costruzioni inteso in senso largo: qualcuno forse aveva appena fatto in tempo ad andarsene da uno dei due paesi quando era scoppiata la tragica guerra tra Iraq ed Iran, alquanto sostenuta in funzione di una possibile caduta del regime degli Ayatollah, a quanto dicono oggi gli storici, dall'America di Reagan. 

Mimmo, dalla Calabria (ma pensa di tornare presto in provincia), dice, ancorché aggiunga che si tratta di un'esposizione un po' scarna, di essersi emozionato alla lettura delle vicende di alcune ragazze e di alcune donne della Resistenza, qui riportate.

Vallebona (IM): una vista dalla Frazione Madonna della Neve

Una gentile lettrice di Vallebona scorgeva un mese fa toni romantici nel resoconto di pregresse vicende svoltesi in Val Nervia, la quale neppure si scorge dalle alture di quel ridente borgo.

Imperia: un angolo del centro storico del "Parasio"

Un blogger molto impegnato di Savona ringraziava per i riferimenti (non molto diffusi, in verità, in quel momento) alla città di Imperia, che a lui rammentava la sua infanzia e non solo.

Dalla provincia di Bergamo un altro lettore è uso sottolineare aspetti sociali di alcuni post.

Viene da risalire per breve nel tempo. Si possono rintracciare integrazioni di altri racconti: come nel caso di una famiglia di vicentini, in seguito molto nota a Sanremo, non solo per la gestione di un affermato ristorante in altura, ma anche per le prodezze rallistiche di un componente, famiglia il cui capostipite era arrivato a Bordighera negli anni Trenta a Bordighera per lavorare nel trasporto con... muli di una altra futura importante ditta; come per gli apprezzamenti espressi circa gli inediti relativi agli allenamenti del grande campione del calcio Ferenc Puskàs con i ragazzi della Giovane Bordighera nel campo una volta sito sulla spianata del Capo della città delle Palme; come per la visione di atmosfere alla Maigret di Simenon, avuta da un'altra cortese signora in proposito di ambientazioni su Marsiglia e dintorni.

Si potrebbe, forse, continuare.
Va da sè - nota tecnica - che i rilievi qui riferiti attengono a social media o a messaggi privati.

Adriano Maini 

martedì 29 luglio 2025

I lettori dicono

Una cartolina del 1927 relativa al Marocco

Un lettore, in riferimento a pregresse trasferte lavorative all'estero di operai specializzati del settore costruzioni residenti nella zona Ventimiglia-Bordighera, ricorda che Silvano aveva in tal senso operato anche in Arabia Saudita.
Si può aggiungere che Silvano era stato presente nella citata veste pure in Marocco, per la realizzazione della grande moschea di Casablanca. Qui, del Marocco, si è preferito rivelare un aspetto che è sembrato trasgressivo. Se ci si inoltrasse nella parentesi "Marocco" con i racconti di persone di questa Riviera, si finirebbe non tanto nella trama del noto film con protagonisti Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, ma, dati diversi resoconti di spericolate gite in motocicletta in quelle lande desertiche, piuttosto, al netto delle avventure più estreme, in "Il tè nel deserto" diretto da Bernardo Bertolucci.

Sottoripa di Genova induce una gentile signora a riflettere sulla presunta modernizzazione che inaridisce sapori e luoghi.

Altre signore ripensano con toni romantici a quando venivano lavate nel fiume Roia le lane dei materassi, chi all'altezza del ponte della ferrovia, chi in frazione Varase di Ventimiglia.

Gianfranco Raimondo comunica di non aver mai visto aerei da caccia statunitensi nel vecchio campo di aviazione di Camporosso zona Braie, ma può anche essere che a quella data egli da Seborrino si fosse già trasferito con la famiglia in Via Dante (per i più - lo si ripete! - ancora oggi Via Regina) a Ventimiglia.

Un altro lettore afferma, per via delle reminiscenze della madre, che la "mitica" classe del Liceo Classico "G. D. Cassini" di Sanremo dove furono studenti i famosi Italo Calvino ed Eugenio Scalfari, era frequentata anche da Pier Franco Gavagnin, che gli sembra di riconoscere nella storica fotografia - del 1941 - scattata da Gianni Moreschi, ed aggiunge:"Pier Franco Gavagnin, classe 1923, capo del personale del comune di Sanremo e poi storico direttore di Porto Sole". Sulla figura di Gavagnin sarebbe, invero, da scrivere un libro. Qui si aggiungono solo due aspetti. Fu insignito della Legione d’Onore dal Governo Francese. E raccolse con Paolo Veziano, che in seguito stese diverse opere sull'argomento, quelle che Gavagnin non fece in tempo a leggere, una mole imponente di documentazione sugli ebrei stranieri in fuga verso la Francia. Queste le parole in merito di Pier Franco Gavagnin in un'intervista ad un settimale locale, apparsa il 2 settembre 1998: "Oggetto della nostra ricerca [n.d.r.: quella compiuta con Paolo Veziano] è ciò che avvenne nella zona che da Sanremo si estende alla frontiera a partire dagli ultimi mesi del '38 fino al maggio del '40. In quel periodo si verificò infatti un afflusso molto forte di ebrei che erano stati espulsi o fuggivano da Austria, Germania, Cecoslovacchia e Polonia e cercavano disperatamente di varcare via terra o via mare la frontiera francese... Intere famiglie di ebrei approdarono così in quel periodo a Sanremo, Bordighera e Ventimiglia e poterono contare sull'aiuto delle persone del luogo. Si tratta di un fenomeno storicamente poco conosciuto ma di notevole interesse. L'idea del libro mi è venuta ripensando agli avvenimenti della mia gioventù. A quell'epoca ero un ragazzino e abitavo a Bordighera. Io stesso ho potuto assistere a diversi episodi ma solo oggi ho deciso lasciarne una testimonianza scritta".
 
Sulle spie in provincia di Imperia durante la seconda guerra mondiale vengono notificati appunti quasi incredibili di un estroverso scrittore, che riferisce anche dell'azione di agenti sovietici nel ponente ligure.

Sono svariati i riferimenti di memoria relativi alla Costa Azzurra: si va dalla puntualizzazione di luoghi e situazioni più emozionanti a livello individuale alla segnalazione delle attività resistenziali nel maquis di un prozio, passando per la segnalazione di noti personaggi incontrati o solo visti da lontano.

Adriano Maini 

giovedì 24 luglio 2025

Di quella parte d'Africa serbava lieti ricordi una signora anziana

Ventimiglia (IM): una vista sino a Bordighera

Franco, da sempre abitante in Ventimiglia, di tanto in tanto dice delle sue esperienze lavorative compiute, tra il 1962 ed il 1969 circa, in diversi stati dell’Africa più o meno affacciata sul Golfo di Guinea. Delineando con lucidità la realtà socio-economica di nazioni appena decolonizzate e citando alla perfezione nomi d’epoca ed attuali di tante città, fa emergere aspetti singolari, quali in Camerun il fenomeno di numerosi abitanti che, a cinquant’anni dal forzato abbandono del paese, causa la prima guerra mondiale, da parte della Germania, parlassero ancora il tedesco ed in Ciad la presenza di tanti italiani che, arrivati in qualità di prigionieri di guerra (del secondo conflitto globale!), vi erano rimasti, divenendo quasi tutti imprenditori attivi e dinamici.

Di quella parte d'Africa, ma di quella colonizzata dalla Gran Bretagna, serbava lieti ricordi una signora anziana, cittadina di Bordighera a tutti gli effetti, perché in quelle lontane terre c'era stata da ragazzina al seguito del padre, impegnato nel settore delle costruzioni, raro esempio di momentanea emigrazione fortunata, quasi dorata, al tempo del regime fascista.

È d'uopo ripetere a questo punto che la CIA controllava verso il 1950 Nino Siccardi (Curto), già comandante della I^ Zona Operativa Liguria delle forze partigiane, il quale, ripreso il suo mestiere di ufficiale alla macchine su navi mercantili, distribuiva la rivista "Vie Nuove" nei porti del nord Africa.

Nella Libia di Gheddafi hanno lavorato un discreto numero di persone del ponente ligure: il caso vuole che almeno il compianto Giuseppe "Mac" Fiorucci di Vallecrosia abbia scritto una sorta di diario della della sua presenza in quel deserto.
 
Di Vallecrosia era anche Angelo Oliva che, nella sua vasta attività, soprattutto come vice responsabile della sezione Esteri del Pci, il mondo lo aveva girato sul serio.
 
Per paradosso è stato un immigrato per non più di un anno a Sanremo, dove rivestiva un importante incarico in una Associazione di categoria, a raccontare di pregresse peripezie avvenute al confine tra Libia e Tunisia con tanto di dettagli relativi a ottusità e venalità delle milizie locali e con tanto di non scontato lieto fine, perché oltrepassare una frontiera - ancorché per errore - all'insaputa dei controllori non è sport salubre neppure oggi.

Chi decenni fa da Ventimiglia si recava in Marocco per il commercio di pregiate piante di rose poteva anche vedersi offrire, nelle case ben celate di notabili locali, discrete bevute di eccellenti liquori nord-europei.

Un altro ventimigliese, Pino, da bravo saldatore specializzato, la più parte delle sue trasferte lavorative le fece in Medio Oriente, anche nell'Iran dello Scià, e conserva di diversi cantieri fotografie che di sicuro hanno oggi un certo rilievo storico.

Adriano Maini